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L’impoverimento delle persone con disabilità

Emilia Napolitano, presidente di DPI ItaliaIl Millennium Development Goals (MDGs), ovvero gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, è un’iniziativa globale dell’ONU che vuole ridurre la povertà nel mondo. Che rapporto ha la disabilità con la povertà in Italia?
Vivere una condizione di disabilità è in genere una situazione molto problematica per le persone che ne sono portatrici e per le loro famiglie, a causa di una serie di motivi quali quelli culturali, sociali, logistici, economici, politici e altri ancora.
In Italia, specie nelle regioni meridionali, il binomio disabilità-povertà è molto presente e il legame tra i due aspetti è forte.
E in ogni caso l’elemento fondamentale che contraddistingue la situazione del nostro Paese è la mancanza di servizi. Le normative, infatti, sono molto buone (non a caso nascono anche grazie al movimento associativo!). Penso ad esempio a quelle sull’istruzione (l’Italia è in Europa il Paese pioniere dell’educazione inclusiva), sul trasporto, sull’abbattimento delle barriere architettoniche, alla nuova legge sul lavoro (che si basa sul collocamento mirato della persona con disabilità in relazione alle sue reali capacità e competenze), alla Legge quadro, alla Legge per la vita indipendente ecc. E tuttavia queste norme sono in gran parte disattese, cioè non finanziate dal governo, cosicché i servizi che esse propongono non vengono attivati.
Uno dei motivi per la mancanza di servizi è quello culturale, nella misura in cui le persone con disabilità sono considerate “persone che non producono” e in quanto tali scarto della società già troppo impegnata a garantire il medio tenore di vita delle persone “normali”. Inoltre, tale motivo culturale va a confluire in quello politico. L’attuale nostro governo non ha lavorato per niente per le politiche sociali, anzi là dove c’erano fondi da tagliare non ha esitato a farlo nel nostro settore, per il motivo di cui sopra, ma anche perché i nostri governanti sembrano interessati solo a riempire sempre di più le proprie tasche.
Attualmente il riconoscimento economico datoci dallo Stato è davvero irrisorio e tra l’altro non si capisce perché in questi anni il potere d’acquisto delle persone con disabilità non sia cresciuto come quello delle persone “normodotate”.
Sembra evidente, quindi, che la condizione di povertà sia un’aggravante per le persone con disabilità che sono escluse dai processi produttivi e non possono avvalersi neanche dei servizi pubblici perché inesistenti.    

Ma quali sono le persone con disabilità (e loro famiglie) più colpite dalla condizione di impoverimento sociale e individuale?
Penso a quelle che non hanno strumenti culturali adeguati, le quali faticano più delle altre ad impossessarsi di spazi in cui essere riconosciuti nella loro dignità di esseri umani.
Penso alle persone con disabilità cognitiva e alle loro famiglie. Queste ultime sono lasciate quasi sempre da sole nell’angoscia di dover fare i conti con la propria quotidianità e con l’incognita del “dopo di noi”, preferendo talvolta soluzioni istituzionali per mancanza di energie fisiche e psichiche, atte a supportare il sostegno che richiede l’accudire quotidiano del proprio figlio o figlia.
Penso alle persone con una disabilità fisica grave che, a causa della mancanza di servizi di assistenza personale, hanno difficoltà a coronare il loro sogno di vivere una vita indipendente, autonoma e autodeterminata, individuando soluzioni alternative come quella del ricovero in centri di riabilitazione.

Quali costi sociali sono legati alla condizione di impoverimento?
Il costo sociale altissimo è quello di vivere in una società profondamente ingiusta, dove tutto è monetizzato e commercializzato e dove esistono estreme condizioni di squilibrio tra le diverse fasce di popolazione.
Nella nostra società ci sono persone molto ricche che possono accedere ai servizi privati e vivere una vita di qualità, altre molto povere che non riescono nemmeno ad arrivare a fine mese con la sola pensione.
La situazione attuale è davvero disarmante, come lo è l’atteggiamento dell’italiano medio che non sa reagire in maniera drastica a tali soprusi economici, rimanendo così una vittima consenziente.

E i costi individuali conseguenti alla discriminazione e alla mancanza di pari opportunità?
Il costo individuale di una persona con disabilità è evidentemente l’essere vittima di processi di esclusione. Infatti, essere discriminati o vivere in situazioni di mancanza di pari opportunità vuol dire sentirsi umiliati e violati nel proprio diritto umano ad essere riconosciuti come “persone in relazione ad altre persone”.
Tutto ciò provoca un impoverimento dell’individuo che non è valorizzato nella sua essenza, ma solo per la sua forma, caratterizzata dalla disabilità.
_nuove_/Arezzo - Gasparini.jpgPer le persone con disabilità lo sconcerto è sempre più paralizzante quando, ad esempio, i servizi primari (assistenza, trasporto e così via) sono negati da logiche che non tutelano le persone interessate, bensì i gestori di tali servizi nei loro apparati organizzativi.

Quali politiche e azioni si dovrebbero allora mettere in campo per ridurre la povertà delle persone con disabilità nel nostro Paese?
La risposta può sembrare ovvia e scontata, magari “da Robin Hood” che toglie ai ricchi per dare ai poveri! Ma questa è la realtà del nostro Paese dove ci sarebbe bisogno effettivamente di una bonifica per un risanamento economico generale.
Come già dicevo, le leggi in materia di disabilità non sono finanziate e tutti i servizi in esse riconosciuti dipendono da questo. Per non parlare poi di una cosa abbastanza elementare: equiparare cioè l’assegno pensionistico ad uno stipendio medio. Ma dove prendere i soldi per farlo? Sarebbe ovvio pensare ad un livellamento economico tra i diversi ceti della nostra compagine sociale.

Attraverso quali strumenti DPI (Disabled Peoples’ International) Italia può aiutare le organizzazioni di persone con disabilità a combattere la povertà? DPI Italia lavora per la tutela dei diritti umani e civili delle persone con disabilità. La strategia della tutela dei diritti umani si caratterizza per la sua immediatezza e concretezza e si differenzia dalla strategia di tutela dei diritti di cittadinanza e politici perché questi di solito si rivelano solo formali. I diritti umani sono invece sostanziali e riguardano le persone nei loro  bisogni più elementari a garanzia di un livello accettabile di qualità della vita.
Il pensiero ispiratore dei diritti umani è quello secondo il quale ogni uomo e ogni donna hanno dei diritti fondamentali e tutti i governi e l’ordine internazionale dovrebbero adottare ogni strategia a loro disposizione per proteggerli, perché solo così è possibile la realizzazione del benessere, della felicità e della qualità della vita di tutti.
I diritti umani sono insomma dei valori essenziali, attraverso i quali noi affermiamo di essere un’unica comunità umana.
Pertanto una delle attività promosse da DPI Italia è l’empowerment delle persone con disabilità, attraverso il quale esse acquisiscono potere, inteso non come dominio sull’altro, ma come rafforzamento di sé, come acquisizione della possibilità di fare e di essere, come possibilità di scelta partendo dai propri limiti e dalle proprie potenzialità, come utilizzo ottimale delle proprie risorse “interne” e di quelle “esterne” – ovvero che provengono dal proprio ambiente di vita o dagli altri – come possibilità e libertà di interagire con il mondo.
Le persone con disabilità, essendo state per secoli escluse da ogni contesto sociale, hanno subito processi di empoorment, cioè di impoverimento rispetto al loro potenziale umano e alle loro reali abilità. D’altro canto, le società hanno agito e agiscono nei loro confronti secondo stereotipi negativi che le identifica come dei “soggetti mancati”.
Una delle attività di empowerment è la metodologia della consulenza alla pari(peer counselling), ovvero una relazione di aiuto tra due o più persone che condividono l’esperienza della disabilità. Tale metodo consente, a chi voglia intraprendere o rafforzare un percorso di emancipazione dallo svantaggio, di affrontare paure e limiti personali nonché problemi oggettivi, individuando le soluzioni e gli atteggiamenti  più consoni al fine di realizzare i personali progetti di vita.
Il fatto che ci sia uguaglianza nella relazione di aiuto permette al consultante di rispecchiarsi nel consulente, in cui vede proiettate le proprie possibilità e risorse. L’acquisizione immediata è: «Se è stato possibile per lui, allora lo sarà anche per me!».
In sostanza DPI Italia propone alle altre organizzazioni di persone con disabilità di lavorare insieme, utilizzando questa metodologia, in quanto più ci si rafforza nel proprio senso di autostima, più si diventa capaci di alzare la voce e di rivendicare il proprio diritto ad un reale inserimento sociale, economico, politico.

1Quale potrebbe essere il ruolo della FISH, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap?
La FISH potrebbe innanzitutto aprire un dibattito al proprio interno ed elaborare una strategia di approccio.
Negli ultimi anni abbiamo verificato che i tagli alla spesa sociale da parte del governo e di alcune regioni si basano su un’idea di risparmio della spesa. Sarebbe più opportuno far emergere il peggioramento della qualità della vita, la riduzione all’accesso ai servizi, i nuovi e onerosi costi sopportati dalle persone con disabilità, le violazioni di diritti umani.
Il ruolo della FISH, insomma, dev’essere quello di aprire una breccia nel dibattito sulla riduzione della spesa sociale, rappresentando tutti i tipi di disabilità.

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