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Vesce, la tua vita è “indisponibile“

Si opporranno la vedova Gabriella Gazzea Vesce e i figli alla richiesta del pubblico ministero Orietta Canova di archiviare l’indagine per accanimento terapeutico nei confronti di Emilio Vesce.

Emilio VesceÈ infatti l’8 novembre del 2000 quando l’intellettuale viene colpito da infarto seguito da un’anossia che compromette e spegne la sua corteccia celebrale, provocandogli una “morte corticale”. Questa, per la sua famiglia, è la data della morte.
Da quel giorno Vesce entra in uno stato vegetativo persistente, caratterizzato dall’assenza di vita cognitiva e dalla presenza di respiro, circolo e termoregolazione. Ricoverato nel Reparto Comi dell’Ospedale Geriatrico padovano, subisce quindi una tracheostomia e una gastrostomia per rendere possibili la respirazione e l’alimentazione. Rimane in questo stato per sei mesi, fino all’11 maggio 2001, data del decesso.
Nel 2003 partono le indagini, a seguito dell’esposto della famiglia del defunto che denuncia l’accanimento terapeutico e le condizioni disumane del reparto Comi, chiuso peraltro nello stesso anno 2003.

In questi giorni il pubblico ministero si è espresso in favore dell’archiviazione, sulla base di un’interpretazione in senso stretto e tradizionale della legge italiana, che definisce la vita come «un diritto indisponibile», rispetto al quale, cioè, il singolo non può disporre.
Senza tenere conto quindi di un’ampia letteratura medica e giuridica più aperta, sostenuta dal legale della famiglia Vesce Anna Maria Alborghetti, Canova ha dichiarato che «lo stato vegetativo per la legge è ancora vita, per cui qualsiasi atto medico destinato a stabilizzarlo non può configurarsi come accanimento terapeutico, ma come atto medico. La tracheostomia e la gastrostomia sono atti di assistenza di base. […] Compito del medico non è solo quello di guarire ma […] anche quello di mantenere in vita il paziente in stato vegetativo persistente».

Da ricordare anche che per la legge non avrebbe valore nemmeno il testamento biologico che Vesce aveva scritto quando ancora in grado di esprimere la propria volontà.
(B.P.)

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