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Violati i diritti dei disabili: ora lo dice anche la legge!

Persone con disabilità alla Manifestazione Nazionale indetta dalla FISH il 15 novembre 2005Tra i “saldi di fine stagione”, il Senato ha dato il via libera definitivo alla norma sulla discriminazione delle persone con disabilità, cosiddetta “orizzontale” perché riguarda tutti gli ambiti della vita dei cittadini.
Il provvedimento prende vita da un orientamento giuridico e politico che in Italia ha trovato sin qui solo declinazioni generali nella Costituzione (articolo 3) oppure nella sottoscrizione del Trattato dell’Unione Europea all’articolo 13.
Infatti, le prescrizioni sancite dalle Regole Standard dell’ONU nel 1993 sono rimaste lettera morta sia nell’assetto giuridico del Paese che nelle politiche attive.

Con questa nuova norma, fortemente voluta dal movimento italiano ed europeo delle persone con disabilità e delle loro famiglie durante il 2003, Anno Europeo delle Persone Disabili, si pone una pietra miliare per riconoscere che i diritti fondamentali delle persone con disabilità sono costantemente violati.
E tuttavia il tardivo raccolto rischia di passare inosservato se commisurato al taglio al Fondo per le Politiche Sociali o comunque a tutti gli impegni assunti – per altro non mantenuti – dal ministro del Welfare Roberto Maroni nel 2003, diretti a garantire il soddisfacimento dei bisogni vitali delle persone con disabilità e dei loro familiari e pertanto il senso di rispetto della loro dignità.

In ogni caso l’amarezza nei confronti delle politiche del Governo, che ha portato alla Manifestazione Nazionale del 15 novembre 2005, non può offuscare l’importanza del nuovo provvedimento, votato infatti a larghissima maggioranza.
La svolta è di portata straordinaria: le persone con disabilità non sono più solo una categoria sociale per la quale prevedere forme di protezione, bensì persone discriminate dalla società, dall’economia e dalla politica.
In questo senso sarà possibile punire, con relativo risarcimento dei danni, chiunque metta in atto un comportamento discriminatorio nei loro confronti: l’azienda dei trasporti che non consenta a una persona in carrozzina di usufruire liberamente del mezzo pubblico; l’impresa alberghiera che non accolga o addirittura allontani dal proprio esercizio la persona con disabilità più grave perché la sua immagine deturpa l’ambiente; l’istituzione deputata all’assistenza che ricorra solo ad assicurare forme di servizio che la persona non può o non vuole utilizzare per una mera questione organizzativa.
A ciò va aggiunta anche l’inversione dell’onere della prova, che in termini di diritto romano si identifica con la prova presuntiva la quale, seppur priva delle caratteristiche dell’habeas corpus, consente alla magistratura giudicante di risarcire il danno e di procedere alla rimozione delle conseguenze della discriminazione.

Dall’elenco appena accennato si salvano purtroppo le imprese che discriminano il lavoratore con disabilità, per le quali rimangono in vita le disposizioni del Decreto Legislativo 216/2003 il quale consegna alle imprese stesse un potere improprio rispetto alla Direttiva Europea 2000/78/CE della quale quel Decreto dovrebbe essere la ratifica nazionale.
Tra gli altri aspetti, poi, che lasciano perplesso il mondo delle associazioni delle persone con disabilità, vi è la definizione dei soggetti legittimati ad agire ovvero coloro che potranno costituirsi davanti al giudice oltre la singola persona: le associazioni e gli enti, infatti, verranno individuati, secondo la nuova norma, «dal Ministro per le Pari Opportunità e da quello del Lavoro e delle Politiche Sociali sulla base della finalità statutaria e della stabilità dell’organizzazione».
L’ampia discrezionalità è sicuramente pericolosa e senza reale discernimento tra organizzazioni di promozione dei diritti, service provider o quant’altro. 

Durante il percorso dibattimentale, la FISH e il CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) si sono fatti carico di promuovere proposte di emendamenti su questi e su altri temi che non sono state accolte: il testo approvato è quello presentato dal Governo, a denotare una scarsa discussione attorno a questioni di profilo tanto elevato.
Tra gli altri, la FISH e il CND avevano evidenziato come l’effetto del provvedimento in tale forma potesse nascondere altre insidie: una volta diffuso l’utilizzo, infatti, si otterrebbe l’intasamento dei tribunali ordinari, già notoriamente stracarichi di lavoro, per i ricorsi di centinaia di migliaia di cittadini. Istanze, queste, che rischierebbero quindi di perdersi nella rete delle prescrizioni per le lungaggini di cui sarebbero oggetto.
A tal fine, sempre la FISH e il CDN si erano fatti promotori di un emendamento con cui istituire il giurì definito ombudsman, organismo collegiale pubblico atto a risolvere gratuitamente le controversie tra i soggetti abilitati ad agire e l’entità che discrimina la persona con disabilità. In caso di decisione sfavorevole, i soggetti avrebbero così potuto mantenere il diritto di rivolgersi all’autorità giudiziaria.

Oggi l’auspicio è che – naturalmente si parla della prossima Legislatura – le forze politiche che si apprestano alla contesa elettorale possano porre rimedio a queste carenze che potrebbero rendere inefficace la grande innovazione presentata da questa norma, oltre a riproporre gli interventi sui diritti sociali ed economici, a partire dalla rivalutazione delle pensioni, oggi ammontanti alla vergognosa somma di 234 euro mensili.

Gli interessati all’analisi dettagliata del nuovo Disegno di Legge 3674 del 17 gennaio 2006, possono cliccare qui.
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