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L’eredità di Alfredo Carlo Moro

«La nostra è una società in profonda trasmigrazione culturale: lasciàti – per le complesse trasformazioni economiche e sociali che abbiamo vissuto in una straordinaria accelerazione della storia – i vecchi ancoraggi, non riusciamo ancora a intuire i lidi a cui approderemo. Siamo in una comunità che soffre le difficoltà, le frustrazioni, le incertezze, gli scoramenti, le tentazioni dell’esodo, perché oscura e sfuggente è la realtà in cui siamo chiamati a vivere, imprevedibili gli esiti dei cambiamenti in corso, ambivalenti e contraddittorie le mutazioni a cui assistiamo».

Così inizia uno degli ultimi interventi pubblici di Alfredo Carlo Moro, magistrato recentemente scomparso, fratello dell’onorevole Aldo Moro, ucciso nel 1978 dalle Brigate Rosse.
Erano note anche all'estero le pubblicazioni di Alfredo Carlo Moro sul diritto minorileAlfredo Carlo Moro è noto in particolare per il suo impegno nell’ambito della legislazione per i minori. Già presidente per molti anni del Tribunale per i Minorenni di Roma, ottenne nel 1970 l’istituzione di una commissione per un organico progetto di riforma dei Tribunali dei Minori, collaborando poi alla redazione di un progetto di riforma del diritto di famiglia quasi integralmente recepito dal Parlamento e alla revisione della legge sull’adozione speciale del 1969.
Successivamente venne eletto presidente dell’Associazione Giudici per i Minorenni e fu tra i promotori dell’Associazione Italiana per la Prevenzione dell’Abuso all’Infanzia, fondando e dirigendo per dodici anni la rivista interdisciplinare «Il Bambino incompiuto. Per una nuova cultura dell’infanzia e dell’adolescenza».
Nel 1995 propose al Ministero per gli Affari Sociali la costituzione di un Osservatorio, costituito da esperti e rappresentanti dei vari ministeri e delle associazioni, per coordinare l’azione in materia minorile e del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi sull’Infanzia e l’Adolescenza, che avrebbe presieduto fino al 2001.
È opera sua anche il codice deontologico per tutti gli operatori radiofonici e televisivi predisposto su incarico del direttore generale della RAI e adottato dall’azienda, così come determinante è stata la sua collaborazione nel 1995, assieme a Telefono Azzurro e all’Ordine dei Giornalisti, alla Carta dei Diritti dei Minori nella Stampa (la cosiddetta “Carta di Treviso“), recepita poi nella legge che disciplina l’Ordine.
Nel 1996, infine, il ministro per gli Affari Sociali gli affidò l’incarico di preparare con alcuni colleghi un Disegno di Legge per una riforma della legislazione in materia di adozione internazionale.

Risale al 1976 la quasi trentennale e intensa collaborazione di Alfredo Carlo Moro con il Centro Studi e Formazione Sociale “Fondazione Emanuela Zancan di Padova, in ambito di diritto minorile, ma anche su vari altri temi. E presto la Fondazione ne onorerà la memoria, ripubblicandone in un volume tutti gli interventi prodotti per la stessa.

«Una figura, quella di Moro, di grande prestigio e autorità – come segnala Salvatore Nocera, vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – alla quale si devono molti tra i più concreti avanzamenti del diritto minorile di questi ultimi trent’anni, nel nostro Paese».
E lo scritto Il futuro è nelle nostre mani: appunti su un mondo in trasformazione – del quale abbiamo citato all’inizio un passaggio – elaborato in occasione del seminario Radici culturali, etiche e filosofiche di una socialità in evoluzione: verso quale sistema di welfare (settembre 2005, a cura della Fondazione Zancan), costituisce una sorta di “testamento culturale” di Alfredo Carlo Moro, che per l’ampio respiro dei temi affrontati, oltre che per la profondità della trattazione, dedicata soprattutto alla crisi del diritto e a quella del laicato cattolico nell’Italia di oggi, raccomandiamo vivamente ai lettori di Superando.it (il testo è disponibile nel sito della Fondazione Zancan, cliccando qui).

Ed è proprio con un altro passo particolarmente significativo di quell’intervento che ci piace concludere questa nota: «Mi sembra che si debba rifiutare l’apocalittica visione di una crisi dissolutiva: non solo perché, anche nella confusa realtà di oggi, emergono elementi positivi, ma anche perché non possiamo, evangelicamente, non aver fiducia nell’uomo e nella sua capacità di avvertire i pericoli e di trovare la strada giusta per riappropriarsi della propria vita. Ma questo presuppone la capacità di analizzare, con onesta intellettuale, le tendenze negative che sono presenti nella nostra crisi».

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