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Perché non sarò tedoforo

Paio di occhiali rottiDopo anni di preparazione, discussione e a volte polemiche sul metodo e sulle risorse con i quali organizzare le Paralimpiadi invernali di Torino 2006, mercoledì scorso sono stato invitato al Centro Congressi di Via Nino Costa per la presentazione dei tedofori, ruolo che anch’io avrei dovuto assumere.
Io mi sposto sulla sedia a rotelle e, per tratti molto brevi, con le stampelle. Arrivato all’appuntamento, ho scoperto che non esisteva alcuna possibilità di parcheggio per disabili e – dopo aver lasciato l’auto in modo provvisorio – ho potuto superare la rampa in discesa che conduce alle sale congressi solo grazie al casuale aiuto di un passante che ha trattenuto la mia carrozzina. In caso contrario non sarei mai arrivato in fondo: troppo ripido e troppo pericoloso.
Pochi giorni prima, del resto, avevo avuto un’altra prova tangibile della mancanza di cultura e di sensibilità verso i disabili mentre, con mio figlio, cercavo di visitare i diversi padiglioni di Piazza Solferino, tra i quali non esistono passaggi adeguati per le carrozzine, bensì ghiaia, insuperabile per chi si muove su ruote.
Se questi sono gli episodi concreti (ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo) che hanno reso la vita dei disabili e la loro partecipazione alla gioia olimpica alquanto difficile, il problema principale resta quello della scarsità di risorse con le quali i Giochi Paralimpici sono stati organizzati.
In questi mesi io e altri abbiamo avanzato decine di proposte, dalla presenza del dj Johnson a quella di Stevie Wonder e dei CandoCo, per il loro valore simbolico di artisti disabili e ci siamo sempre sentiti rispondere che non c’erano soldi.
In città arriveranno atleti straordinari, come i giocatori di hockey canadesi, e nulla è stato predisposto per festeggiarli e per consentire loro di divertirsi e scoprire la città dopo le gare.
In questo contesto non riesco ad essere ottimista e a credere che le Paralimpiadi nelle mia città possano davvero costituire quel momento di crescita sportiva e culturale utile ad abbattere le barriere, materiali e immateriali, che ancora rendono difficile, quando non impossibile, a un disabile essere un cittadino a pieno titolo.
Ecco perché non sarò tedoforo, nonostante l’orgoglio e il piacere che questa circostanza avrebbero procurato a me e ai miei cari: il sospetto che si tratti di una “foglia di fico” messa a coprire carenze e lacune gravi è troppo forte, e mi rovinerebbe la festa.

Abbiamo preso visione – fra la sorpresa e il rammarico – della lettera aperta di Andrea Pedrana. Da sempre ci auguriamo che i grandi eventi, sia quelli dedicati al mondo della disabilità che quelli di più ampia portata, siano l’occasione per ripensare le città in cui viviamo, sfruttando lo slancio innovativo, i fondi straordinari disponibili, il riverbero mediatico che questi eventi comportano.
In tal senso le
Paralimpiadi rappresentano un momento di grande visibilità per l’Italia e per Torino e questa visibilità dev’essere lo stimolo per affrontare e risolvere problemi antichi, al di là della necessaria pianificazione di interventi.
Ci auguriamo a questo punto che i rilievi giusti e civili avanzati da Andrea Pedrana possano sortire un esito positivo fatto di azioni concrete e risolutive.
Da parte nostra, come FISH, oltre a mettere a disposizione le pagine di Superando.it, interesseremo tutte le Associazioni del territorio e interverremo presso il Comitato Paralimpico Italiano (
CIP) con tutto il nostro peso politico di Federazione che raggruppa le principali Associazioni italiane.

Pietro V. Barbieri
Presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)

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