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La sostenibilità possibile

Perché i singoli tentativi di costruire un futuro di sostenibilità diventino percorso comune occorre che i diversi grandi attori di questo cambiamento continuino a lavorare insieme: movimenti e realtà del Terzo Settore, cittadini singoli, enti locali e imprese, mondo della ricerca. E che lo facciano mettendo in rete le buone pratiche esistenti, come patrimonio comune e diffuso.

Questo il senso principale della terza edizione di Terra Futura, la mostra-convegno intrenazionale delle buone pratiche di sostenibilità, che dal 31 marzo al 2 aprile ha registrato a Firenze ben 78.000 visitatori, con 390 espositori, 190 appuntamenti culturali, 680 relatori intervenuti, animazioni e laboratori per un pubblico variegato e “consapevole”.
In tale àmbito, tutti i soggetti sopracitati si sono ritrovati a dibattere agli stessi tavoli di confronto, a raccontarsi sperimentazioni e progetti, a lanciare insieme iniziative e a presentare i risultati di esperienze funzionanti.

Oltre quindi che contenitore di buone pratiche, Terra Futura è stata in sé una buona pratica “allargata” di dialogo e incontro tra questi mondi: la prova che se il percorso è condiviso si può andare lontano, che si tratta di “utopie concrete”, sperimentabili o già sperimentate. Che si possono produrre e utilizzare energie alternative, promuovere filiere corte per economie più leggere, vivere con stile più sostenibile i consumi quotidiani, gestire in modo partecipato le scelte importanti per le nostre città,  fare pressioni importanti sulle imprese non sostenibili e sui Governi.
Fondamentale in questa direzione il ruolo dei movimenti che in preparazione ai prossimi forum sociali – su iniziativa del Gruppo di Lavoro Italiano per i Forum internazionali – si sono dati appuntamento a Terra Futura per cercare insieme luoghi di elaborazione e iniziativa comuni.
In tal senso, facendosi portavoce di istanze condivise, Raffaella Bolini, responsabile delle attività internazionali per l’Arci, ha lanciato la proposta di «un coordinamento italiano che inizi a lavorare in vista della giornata mondiale di mobilitazione, in calendario per il 2008, e svolga una funzione di stimolo anche per la partecipazione al Forum Sociale Europeo di Atene (maggio 2006) e al Forum Sociale Mondiale (Nairobi 2007)». 

«A Terra Futura – ha dichiarato Ugo Biggeri, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, nel tentare un bilancio della manifestazione – si è riunito chi crede non solo che la sostenibilità sia necessaria, ma anche possibile. E la condivisione dei partner che hanno lavorato insieme all’evento ha fatto sentire tutta la sua forte potenzialità. Occorre ora rafforzare la piattaforma comune di valori e di impegni concreti, per passare da un progetto a un percorso condiviso e per incidere davvero sul sistema socioeconomico che vogliamo diverso».

Sole rossoDal canto suo Susan George, direttore del Transnational Institute, ha affermato: «A Terra Futura abbiamo potuto discutere assieme le possibili soluzioni per riuscire a salvare l’ambiente. Il cambiamento necessario non può avvenire spontaneamente, perché tocca equilibri politici e rapporti di forza: ha bisogno di strategie e soluzioni comuni».
Anche perché, come ha affermato Gunter Pauli, fondatore della ZERI (Zero Emission Research and Initiatives Foundation), «come attivisti non abbiamo sempre chiara la connessione tra i vari fenomeni. Ad esempio, è vero che “pulire i fiumi è distruggere le foreste”, perché quando lo si fa per i fiumi in Europa si utilizza il composto dell’olio di palma tratto dagli alberi delle foreste indonesiane. Ancora: si parla di crisi del caffè, ma non si pensa a cosa ci sta dietro. In una tazzina di caffè c’è solo lo 0,08% della biomassa prodotta, ma se facessimo uso al 100% del prodotto, potenzieremmo la produzione cinquecento volte tanto».
Ma c’è già chi attua buone pratiche di sostenibilità… Infatti, «con gli scarti del caffè – ha spiegato ancora Pauli – sono migliaia gli agricoltori che in Colombia coltivano una specie di funghi, con i funghi  allevano il bestiame, con i rifiuti del bestiame ottengono biogas e concimi per coltivare le palme che poi fanno ombra ad altre piante e così via, fino ad ottenere semi organici per coltivare il limone e la citronella che servono a tenere lontani i parassiti dalle piantagioni, ma anche a produrre le tisane. E il ciclo continua anche oltre».

Un’altra interessante testimonianza dal Sudamerica dimostra poi che il sistema può essere cambiato partendo dal basso. Suor Patricia Wolf è direttore dell’ICCR (Centro interreligioso sulla responsabilità sociale), una coalizione internazionale di 275 investitori cristiani ed ebraici che investono i loro patrimoni per votare ogni anno più di cento risoluzioni di carattere sociale e ambientale nelle assemblee degli azionisti delle maggiori imprese americane.
«Nel 1996 – ha raccontato Wolf, portando un esempio – abbiamo scoperto che una multinazionale americana sfruttava gli operai negli stabilimenti del Sudamerica. Le nostre azioni di pressione per ottenere trasparenza e controllo sulla produzione, nonostante l’azienda affermasse che era tutto secondo le norme, hanno permesso il completo monitoraggio di tutti gli stabilimenti seguito da un rapporto pubblicato sul web».

Per ulteriori informazioni sulla terza edizione di Terra Futura:
Ufficio stampa (Marta Giacometti)
tel. 049 8764542 – 338 6719974 – 338 6983321
giacometti.stampa@terrafutura.it – www.terrafutura.it
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