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Le rivendicazioni della FISH sull’integrazione scolastica*

Disegno di ragazzo disabile con accompagnatore adultoAbbiamo scritto e ripetuto più volte che le mode ci mettono paura! Esse, infatti, di solito esplodono all’improvviso, quasi senza che ce se ne renda conto, e passano, si vanificano con la stessa velocità, provocando, spesso, semplicemente danno.
È per questo che abbiamo letto ed esaminato, con una certa apprensione, una recente proposta «per l’adozione di “Linee Guida” sulla qualità dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità», presentata, con molta convinzione e altrettanta determinazione, dalla Presidenza Nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e, suo tramite, alla Conferenza Unificata Stato-Regioni-Città e Autonomie Locali.

La FISH, che è presieduta da Pietro V. Barbieri, con Salvatore Nocera quale vicepresidente vicario, raggruppa una trentina di associazioni di persone con disabilità e relativi familiari e può contare, ad oggi, sull’impegno costante e incisivo di undici federazioni regionali.
Detta Federazione, da sempre particolarmente attiva a livello istituzionale e territoriale, negli ultimi mesi ha impresso un ulteriore impulso alla sua attività e, soprattutto, al suo ruolo di denuncia e di proposta.
Denunciata ad esempio come fuorviante e inaccettabile (anche perché, a nostro sommesso parere, di nessuna valenza socioculturale e scorretta scientificamente) l’abusata espressione diversamente abile, da sostituirsi con quella ufficiale a livello internazionale persona con disabilità (c’è stato un momento in cui il primo, diffuso modo di dire è stato addirittura riformulato e ridicolizzato con diversamente disabile»!), la FISH, negli ultimi mesi, ha avanzato due interessanti e articolate proposte, sostenute da valide argomentazioni.

La prima di esse contiene le ragioni in forza delle quali è opportuno e doveroso adottare le citate Linee Guida, da elaborare in appositi incontri con la Conferenza Unificata, al fine di «trovare delle soluzioni concordate ai gravi problemi di seguito indicati, la cui soluzione gioverebbe al miglioramento della qualità dell’integrazione scolastica, al buon andamento dell’Amministrazione Scolastica e alla soddisfazione di tutte le famiglie degli alunni con disabilita e dei loro compagni di scuola».

Questi, nel dettaglio, i gravi problemi evidenziati:
1) Necessità dì accordi di programma a livello regionale e subregionale
La situazione dell’integrazione e della sua qualità è assai diversificata in Italia. Occorre un incontro della Conferenza Stato-Regioni-Città che detti delle Linee Guida concordate affinché si realizzino livelli essenziali di qualità degli interventi provenienti dai diversi apparati amministrativi.
Sulla base di tali indicazioni, sarà indispensabile prevedere l’obbligatorietà della stipula degli accordi di programma di cui all’articolo 13, comma 1 della Legge 104/1992 che, a livello subregionale, vanno inclusi nell’ambito dei Piani di Zona di cui all’articolo 19 della Legge 328/2000.

2) ASL
Malgrado l’articolo 12, comma 5 della Legge 104/1992 stabilisca che alla formulazione e alle verifiche periodiche del Piano Educativo Individualizzato per l’integrazione dei singoli alunni con disabilità debbano partecipare anche gli operatori dell’ASL che seguono il singolo caso, in molte realtà viene segnalata l’assenza di tali operatori, specie per le verifiche.
Inoltre, a causa delle nomine precarie di molti di tali operatori, ovunque manca la continuità di presa in carico di tali alunni, con gravissime conseguenze nei confronti soprattutto degli alunni con disabilita intellettiva, che costituiscono la grande maggioranza nelle scuole.
Da segnalare infine l’assai diversificata valutazione delle situazioni di minorazioni nelle diverse ASL, a causa della mancata adozione di criteri scientifici uniformi per la certificazione, sulla base ad esempio degli ICD10 e dell’ICF dell’OMS.

3) Assistenti educativi degli Enti Locali
Benché l’articolo 13, comma 3 della Legge 104/1992 imponga agli Enti Locali di assicurare la presenza nelle scuole di assistenti per l’autonomia e la comunicazione, non è mai stata fatta chiarezza  sulle diverse figure professionali che compongono tale funzione, sulla loro formazione iniziale, sui titoli di accesso, sul titolo finale degli studi, sul mansionario. Conseguentemente, si ha in Italia un mosaico variegato di figure con totale disparità di trattamento degli alunni con disabilità. 

4) Conflitto di competenza fra Comuni e Province
Benché l’articolo 139 del Decreto Legislativo 112/1998 stabilisca la ripartizione di competenze fra Comuni e Province circa la fornitura del «supporto organizzativo all’integrazione scolastica», nelle scuole secondarie di secondo grado sorgono continui conflitti negativi di competenze in molte realtà, in quanto le Province non ritengono di dover assumere queste nuove competenze con riguardo al trasporto gratuito degli alunni a scuola, all’assegnazione di assistenti per l’autonomia e la comunicazione, all’assegnazione di ausili e sussidi specifici e particolari arredi alle scuole.

5) Formazione professionale
Mentre l’articolo 13, comma 3 della Legge 104/1992 prevede l’assegnazione di docenti specializzati a carico dell’Amministrazione Scolastica, nulla si prevede a carico delle Regioni per la frequenza degli alunni con disabilità nei corsi comuni di formazione professionale.
Il problema è divenuto urgente a seguito dell’approvazione del Decreto Delegato 226/2005 che impone agli alunni con disabilità l’obbligo formativo. Inoltre la Legge 53/2003 stabilisce che gli alunni, per accedere ai corsi di formazione professionale, debbano essere in possesso del diploma di licenza media, mentre taluni alunni con grave disabilità intellettiva talora non conseguono tale diploma.
E tuttavia l’articolo 15, comma 4 dell’Ordinanza Ministeriale 90/2001 stabilisce invece che tali alunni abbiano titolo ad iscriversi alle scuole superiori sino al compimento del diciottesimo anno di età, anche se sprovvisti di tale diploma, col semplice attestato di frequenza della scuola media, al fine dell’adempimento dell’obbligo sino al diciottesimo anno di età. Manca una norma analoga per l’accesso ai corsi di formazione professionale.
Il problema è quindi reso urgente data l’introduzione dell’obbligo formativo con la Legge 53/2003.

Disegno sull'integrazione scolastica6) Assistenza di base
Malgrado l’articolo 47, allegato A del CCNL [Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, N.d.R.] per il comparto scuola abbia definitivamente chiarito l’obbligo dei collaboratori scolastici, dipendenti dall’Amministrazione Scolastica, di prestare assistenza di base e igienica agli alunni con disabilità, ancora sono frequenti i casi di rifiuto di questi e l’intervento sussidiario finanziario dei Comuni per evitare l’interruzione di un pubblico servizio, del quale è invece unico responsabile il Ministero dell’Istruzione.

La consultazione per il rinnovo del Parlamento Nazionale ha offerto a questo punto l’opportunità alla FISH per chiedere di inserire nel programma dei raggruppamenti politici in competizione alcune istanze proprie delle persone con disabilità, da cui stralciamo quelle relative al welfare e all’integrazione scolastica

– Nella parte relativa al welfare, occorre non limitarsi a lamentare, giustamente, la mancata attuazione dell’articolo 24 della Legge 328/2000 sulla revisione dei criteri di accertamento delle invalidità civili, cecità e sordità, ma, in positivo, prevedere anche una radicale «normazione della presa in carico del progetto globale di vita delle persone con disabilità, anche alla luce dei nuovi criteri dell’ICF dell’OMS».
Tale azione potrebbe essere condotta tramite Linee Guida, concordate in una riunione della Conferenza Stato-Regioni-Città, che potrebbe prevedere pure i criteri di attuazione, a livello regionale, del principio di unificazione di tutti gli accertamenti medico-legali, di cui all’articolo 6 del recente Decreto Legge 4/2006.

– L’Italia è l’unico membro dell’Unione Europea che pratica con serietà da oltre trentacinque anni (prima norma in materia è l’articolo 28 della Legge 118/1971, ma il fenomeno cominciò a manifestarsi in modo massiccio già dal ’68).
Occorre quindi prevedere «il potenziamento della qualità dell’integrazione scolastica delle persone con disabilità, garantendo tutti i servizi territoriali, il personale, la rimozione di barriere architettoniche, percettive e culturali, fattori necessari a garantire il diritto allo studio di tutti gli studenti, secondo il principio della pedagogia cooperativa, per il quale ciascun alunno è risorsa reciprocamente per ogni altro».
Tale obiettivo può realizzarsi con l’obbligatorietà della stipula di accordi di programma, che individuino «indicatori di qualità di sistema», nell’ambito degli accordi di programma che approvano i Piani di Zona di cui all’articolo 19 della Legge 328/2000.

– Sempre per quanto riguarda la scuola, a proposito degli insegnanti, occorre prevedere «la necessità della formazione iniziale e in servizio di tutti i docenti curricolari nonché degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione sui princìpi pedagogici e sui processi  didattici specifici per un’integrazione di qualità».

– Occorre infine prevedere linee politiche e conseguenti risorse per fronteggiare i disturbi specifici di apprendimento non riconducibili alla disabilità che, nelle classi italiane, raggiungono ormai il 10% degli studenti.
Attualmente non esistono norme e risorse finalizzate a contrastare queste cause di difficoltà di apprendimento, mentre sono state previste solo per le persone con disabilità certificata. Ciò determina da parte delle famiglie una richiesta di certificazioni improprie che è necessario superare con interventi politici specifici.
In questo momento è assai importante esplicitare il principio e le azioni di integrazione scolastica, perché l’Europa ci offre l’esempio accattivante delle sue efficientissime “scuole speciali” e la Regione Lombardia ha normato la creazione di centri psichiatrici per minori con disturbi, che sono mini-istituti e scuole speciali.

Parecchi di tali problemi e molti e diversi altri sono stati affrontati, esaminati e discussi, lo scorso 7 febbraio, in una delle rare (l’ultima della Legislatura uscente) riunioni dell’Osservatorio Ministeriale Permanente sull’Integrazione dei Bambini con Disabilità nella scuola di tutti.
Il palpabile e comprensibile clima di smobilitazione, che ha caratterizzato i lavori, non ha impedito ai responsabili pro-tempore politici e dell’Amministrazione Scolastica presenti di fare un mare di promesse e di assumere una massa di impegni, che richiederebbero anni per essere smaltiti.
In particolare, sono state accolte tutte o quasi le richieste della FISH, fra cui l’elaborazione e la diramazione delle citate Linee Guida, su cui lavoreranno tre gruppi, interni all’Osservatorio stesso, sui seguenti temi di massima:
– handicappati gravi e gravissimi;
 formazione dei docenti e di altre figure professionali (assistenti per l’autonomia e la comunicazione, ad esempio);
– valutazione degli apprendimenti dei bambini con disabilità che frequentano le scuole comuni.

Infine, per tentare di dirimere le controversie che si vanno estendendo a macchia d’olio in tutto il Paese, è stata annunciata l’imminente, definitiva approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, con successiva, conseguente emanazione, del famoso Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che avrebbe dovuto essere pubblicato ben tre anni fa, cioè nel marzo 2003 (meglio tardi che mai!), ai sensi dell’articolo 35, comma 7 della Legge 289/2002 (Legge Finanziaria per il 2003), al fine di definire un Regolamento recante modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap, che torneremo ad esaminare in un prossimo articolo.

*Per gentile concessione della rivista «Scuola Italiana Moderna», nella quale il presente testo è stato pubblicato dal n. 12 del 1° marzo 2006.

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