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Carta e Osservatorio per la piena occupazione

Da malati a persone discriminate, per una condizione umana che, nell’arco della vita, può colpire chiunque.
È questo il profondo cambiamento culturale proposto dalla Carta dei diritti su occupazione e pari opportunità per le persone disabili, promossa dalla FISH (Federazione italiana per il Superamento dell’Handicap), in collaborazione con l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e recentemente presentata all’interno della Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla.Realizzazione grafica con persona in carrozzina

«Indirizzata alle istituzioni, nazionali e locali, e a tutte le parti sociali – spiega Pietro V. Barbieri, presidente nazionale della FISH – questa proposta mira alla piena e appropriata occupazione per le persone con disabilità in Italia, nonché all’individuazione delle migliori strategie per promuovere i diritti dei disabili in modo omogeneo sul territorio nazionale. Essa mira inoltre a superare l’anacronistico pregiudizio sulla non produttività del lavoratore disabile, basato su un modello medico della disabilità oramai superato, ma che persiste in una parte consistente del mondo imprenditoriale e politico».

La Carta dei diritti
Il documento propone infatti un vero e proprio piano di legislatura articolato su un percorso di riconoscimenti e impegni che mettono al centro le persone con disabilità e le loro famiglie.
Ciò che in esso si chiede – in primo luogo – è di «promuovere un cambio di paradigma nell’approccio al lavoratore con disabilità, al fine di garantire pari opportunità e non discriminazione all’accesso, al mantenimento e all’avanzamento della carriera».
In particolare, poi, si chiede l’avvio di una campagna d’informazione, a livello locale e nazionale, per favorire la diffusione di un’immagine positiva delle persone con disabilità, ma anche per promuovere un aggiornamento degli operatori impegnati nell’inserimento mirato, che possano per primi veicolare ai datori di lavoro una rappresentazione priva di pregiudizi di improduttività, rendendo invece palesi i vantaggi dell’inclusione sociale.

Resta inteso – chiarisce il documento  – che vanno comunque «sviluppati i livelli essenziali di prestazioni che i servizi del collocamento mirato devono garantire sul territorio». In quale modo? Identificando meglio le prestazioni offerte, i processi attuativi e le figure professionali coinvolte, favorendo anche l’integrazione possibile, e necessaria, tra competenze sanitarie, sociali e lavorative, per arrivare alla costruzione di procedure condivise a livello nazionale, a partire dall’utilizzo dell’ICF (la classificazione della disabilità emanata nel 2003 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità).
Viene considerato inoltre indispensabile «recuperare una funzione di governance [competenza politico-amministrativa, N.d.R.] del sistema d’impiego in Italia, affinché si possano sviluppare strategie ampie d’implementazione della Legge 68/1999», grazie alla promozione di un’unica agenzia nazionale in grado di coordinare le politiche formative e di collocamento mirato su un piano tecnico e tecnologico, ma anche tramite l’elaborazione di dati e statistiche più puntuali e l’adozione di un attento monitoraggio delle tendenze nella gestione delle pari opportunità per i lavoratori, favorendo l’adozione del disability manager

Donne doppiamente discriminate
Va inoltre prestata – puntualizza ancora il documento – «una particolare attenzione alle donne con disabilità e alla doppia discriminazione che esse subiscono», favorendo una tempestiva discussione del Disegno di Legge C4742 (Azioni positive per la realizzazione dell’integrazione delle donne disabili nel mondo del lavoro)  che giace presso l’Undicesima Commissione Lavoro della Camera dall’11 settembre del 2004.
Importante appare anche «sviluppare un piano d’azione per aggredire lo specifico tema del Sud d’Italia», promuovendo strategie premianti per l’assunzione di lavoratori disabili da parte delle piccole imprese (non obbligate alle quote di riserva) e che mirano a incentivare l’autoimprenditoria profit e non profit.

Infine, viene ritenuto indispensabile «favorire l’adozione della Strategia di Lisbona per la piena occupazione anche per i lavoratori con disabilità», inserendo le esigenze di questa categoria all’interno del Piano di Azione Nazionale, degli strumenti regionali di programmazione dell’impiego, delle politiche industriali.
In particolare, nel documento firmato da FISH e AISM, viene fatto riferimento alla necessità di rendere maggiormente accessibili alle persone con disabilità le tecnologie avanzate, implementando al tempo stesso i percorsi formativi e di aggiornamento ai quali tutti – lavoratori disabili compresi – hanno diritto, per migliorare la propria professionalità.
Inoltre, viene chiesto di eliminare gli ostacoli amministrativi, economici, politici e culturali che considerano fragili e improduttive le persone disabili e causano la sottovalutazione dell’inclusione nell’impiego da parte delle Amministrazioni Pubbliche. Questo ricorrendo, se necessario, alla presa di possesso degli strumenti legali della non discriminazione contenuti nella Direttiva Europea 2000/78/CE e superando le forme di baratto tra profit e non profit che generano l’elusione dei principi fondamentali della Legge 68/1999.

AISM e ANFFAS referenti per le diverse disabilità
Sempre con l’obiettivo di favorire l’effettiva esigibilità del diritto al lavoro anche da parte delle persone disabili – monitorando le tendenze e proponendo dei percorsi per favorire piani d’inclusione sociale (non esclusivamente di carattere assistenziale) – nasce poi l’Osservatorio sull’Occupazione delle Persone con Disabilità, anch’esso promosso dalla FISH, all’interno del quale l’AISM sarà il referente per la disabilità motoria, mentre l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie Disabili Intellettivi e Relazionali) si occuperà della tutela delle persone con disabilità intellettiva e relazionale.
Prendono parte al progetto gli esperti del settore che fanno parte della rete nazionale e territoriale delle organizzazioni aderenti alla FISH.Persona in carrozzina scrive al computer

Le politiche dell’occupazione – centrali nel processo inclusivo – sono suddivise tra livelli istituzionali, politiche attive e reti territoriali.
I diversi livelli istituzionali spesso confliggono e conseguentemente il cittadino con disabilità è costretto ad essere il protagonista della ricomposizione dell’unitarietà dell’intervento.
Dal canto loro, le politiche attive spesso emarginano le persone con disabilità in un alveo assistenziale, celando i conflitti istituzionali.
Infine, le reti locali dei servizi raramente dialogano e ancor più difficilmente riconoscono la reciproca legittimità.
Appare chiaro che se l’obiettivo dell’inclusione sociale è il presupposto per un reale processo di emancipazione della marginalità, attraverso l’Osservatorio va posto con estrema forza il tema del confronto tra i soggetti istituzionali, le parti sociali, le politiche attive e le reti territoriali di maggiore prossimità al lavoratore con disabilità, disoccupato o impiegato e allo stesso tempo discriminato.

Istituzioni che faranno parte dell’Osservatorio
Rilevante appare quindi che l’Osservatorio sia integrato con la partecipazione di soggetti istituzionali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, delle Regioni e delle Autonomie Locali, a partire dall’UPI (Unione delle Province Italiane).
Allo stesso modo è necessario il confronto con le parti socialiCGIL, CISL, UIL e UGL – ma anche con l’area rappresentativa delle imprese, come Confindustria, Confapi, Legacoop, Confcooperative e altri soggetti rappresentativi dell’area produttiva del Paese.
Il sostegno di conoscenza e implementazione delle norme e dei servizi detiene un ruolo indispensabile all’azione dell’Osservatorio, a partire dalle agenzie tecniche che hanno svolto una funzione centrale in tal senso: ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori), Italia Lavoro e Tecnostruttura in particolare.
Infine, per le buone prassi espresse, appare necessario il coinvolgimento di realtà non rappresentative istituzionalmente, come il Centro Studi di Genova, il Coordinamento Veneto dei SIL (Sistemi Informativi del Lavoro), la Fondazione Adecco, il Servizio Medialabor dell’Opera Don Calabria di Verona e altri ancora.

Se guardiamo al percorso futuro dell’Osservatorio, la prima necessità risiede nella capacità di un’analisi normativa dell’attuazione della Legge 68/1999, della Direttiva europea 2000/78/CE, dell’impresa sociale e delle norme sulle politiche di occupazione. Inoltre, è necessario costruire un quadro di riferimento delle normative e degli atti deliberativi di Regioni e Province.
Per quanto riguarda le politiche attive, poi, l’analisi va costruita sui NAP (Piani d’Azione Nazionale), sulle strategie del Fondo Sociale Europeo e del Programma Equal [programma di finanziamento dell’Unione Europea, N.d.R.], nonché dei Progetti di accompagnamento SPI (Sviluppo dei Servizi Per l’Impiego) e ICF di Italia Lavoro.
Sempre sul piano della documentazione, è necessaria la valutazione dei dati prodotti annualmente dalla ricerche ISFOL e da ricerche multiscopo dell’Istat.
Tra gli obiettivi organizzativi, per concludere, vi è un piano comunicativo con specifiche produzioni editoriali, nonché l’attivazione di strategie formative verso la rete delle associazioni, degli operatori e delle parti sociali.

Il testo integrale della Carta dei diritti è disponibile cliccando qui.
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