- Superando.it - https://www.superando.it -

La scuola non può essere un parcheggio

Banchi di scuola e sedie colorateCon la Circolare del 21 dicembre 2006 (protocollo n. 11699), il nuovo direttore generale degli Ordinamenti Scolastici Mario Giacomo Dutto, che regge anche la Direzione Generale per lo Studente, ha diramato un Parere del Consiglio di Stato del 25 ottobre 2006 che riguarda tutti gli studenti, ma in particolare quelli con disabilità, che intendano «reiterare» un secondo ciclo di studi superiori, dopo averne concluso uno precedente, negando l’esistenza di un diritto circa tale ipotesi.
Va qui premesso che i Pareri del Consiglio di Stato resi in sede consultiva non sono vincolanti né per lo stesso Ministero richiedente, né per altre autorità amministrative. Esso può pure essere disatteso dallo stesso Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Si tratta comunque di un parere qualificato, espresso in un’alta sede di consulenza tecnico-legale.

La questione riguarda specificamente gli alunni con disabilità, e in particolare quelli del Sud. Infatti, proprio nel Sud, dove la cultura, la prassi e certamente anche i fondi dei servizi alla persona sono scarsi, accade spesso che le famiglie di alunni con disabilità, specie intellettiva, dopo aver fatto frequentare al figlio un regolare ciclo di un quinquennio di scuola superiore, non sapendo cosa fargli fare, lo riscrivano ad un altro ciclo di studi superiori.
Tale situazione riduce la scuola ad una sorta di “parcheggio”, mettendo a serio rischio i princìpi e la prassi della qualità dell’integrazione scolastica.
A seguito del ripetersi di tali anomale situazioni, il Ministero ha inoltrato appunto una richiesta di Parere al Consiglio di Stato, il quale si è pronunciato il 25 ottobre scorso e sempre il Ministero, in dicembre, proprio a ridosso delle iscrizioni, ha diramato tale parere.

Il Parere del Consiglio di Stato sembra corretto, innanzitutto perché non discrimina gli alunni con disabilità rispetto ai compagni, dal momento che esprime un’opinione negativa alla reiterazione di iscrizione per tutti gli  alunni. Inoltre, esso basa le proprie argomentazioni sul Decreto Legislativo 76/2005, decreto delegato sulla riforma della scuola superiore, che non è stato abrogato, anche se ne è stata sospesa dal nuovo Ministro Fioroni l’applicazione. Infine, il Parere si basa su una lettura estensiva dell’articolo 192, comma 4 del Testo Unico della Scuola, approvato con il Decreto Legislativo 297/1994.
Ragazza con disabilità a scuolaA tal proposito va osservato che forse il riferimento al Decreto Legislativo 297/1994 è un po’ troppo “stiracchiato”. Infatti, quella norma riguarda il diritto o meno di uno studente alla ripetenza della stessa classe e quel citato articolo 192, comma 4, si precisa che una seconda frequenza è possibile, ma una terza è del tutto «eccezionale» e deve comunque essere deliberata dagli organi collegiali della scuola, mentre per gli alunni con disabilità, occorre anche il parere degli esperti sociosanitari che li seguono. Ora, applicare una norma dettata per le ripetenze  di una classe, alla reiterazione di un nuovo ciclo di studi, sembra un po’ troppo.
Inoltre sembra anche che il Parere si riferisca solo agli alunni che hanno conseguito un titolo di studio. Càpita invece che gli alunni con disabilità intellettiva grave non conseguano sempre un titolo di studio, ma solo un attestato, che ha valore legale esclusivamente al fine della frequenza di corsi di formazione professionale, sulla base di accordi fra gli Uffici Scolastici Regionali e le Regioni.
Malgrado quindi questo espresso riferimento al possesso di un «titolo di studio», ritengo che il Parere, se vuole avere un senso, debba riferirsi anche a chi abbia ricevuto un «attestato, comprovante i crediti formativi maturati».
Si sarebbe forse più semplicemente potuto argomentare in base ai princìpi contenuti nella Sentenza 215/87 della Corte Costituzionale, recepiti negli articoli dal 12 al 16 della Legge quadro 104/1992 e cioè che una cosa è il diritto all’integrazione scolastica ed altra cosa è «l’abuso di un diritto», consistente nella sua strumentalizzazione per altri scopi diversi da quelli per cui il diritto è stato riconosciuto, anche se tale “abuso” può essere giustificabile con l’assenza di servizi alternativi o integrativi della scuola.
Né si pensi che il Consiglio di Stato avrebbe dovuto invocare, invece dell’articolo 192 del Decreto Legislativo 297/1994, l’articolo 14, comma 1, lettera c) della Legge quadro 104/1992, ove si diceva che è consentita sino «ad una terza ripetenza», cioè una quarta frequenza. Infatti, a mio avviso, tale norma, limitatamente al numero di ripetenze, è stata abrogata implicitamente dall’articolo 192, comma 4 del Testo Unico, citato dal Consiglio di Stato.

A questo punto, però, ritengo che l’Amministrazione Scolastica, che sino ad oggi è stata l’istituzione che più si è impegnata nell’integrazione degli alunni con disabilità – sia pur fra contraddizioni, differenziazioni di prassi locali e troppo spesso con cali di qualità – debba darsi da fare, rilanciando gli accordi di programma per l’integrazione scolastica e sociale, di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a) della Legge quadro 104/1992, coinvolgendo le Province, che hanno precisi doveri istituzionali in materia di formazione professionale e di inserimento lavorativo anche degli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 17 della stessa Legge quadro, oltre che del Decreto Legislativo 112/1998, dell’articolo 7 e seguenti della Legge 328/2000 e dell’articolo 118 e seguenti della Costituzione.
Infatti, non si riesce a comprendere perché, all’atto dell’iscrizione di un alunno con disabilità, specie se in situazione di gravità, la scuola non riesca a programmare un progetto d’integrazione che comprenda anche percorsi misti di istruzione e formazione professionale, che poi potranno avere sviluppi in tirocini e in borse-lavoro e, nei casi di particolare gravità, in percorsi di autonomia sociale.
Per queste esperienze, si confronti ad esempio l’interessante pubblicazione di Giovanna Cantoni e Ugo Panetta, Handicap, Scuola, Lavoro. Percorsi di integrazione scolastica e di inserimento lavorativo (Roma, Risa, 2006).

Ragazzo con disabilità a scuolaProprio l’attivazione di servizi territoriali – aperti anche agli alunni con disabilità e strettamente collegati con la scuola superiore – evita l’uso improprio di quest’ultima con richieste di continue ripetenze o addirittura di “reiterazioni“ di cicli di studi superiori, finalizzati, anche se apparentemente motivati diversamente, solo a fare occupare il tempo di persone con difficoltà di inserimento sociale.
E tuttavia, se le Province, in collegamento con i Comuni, hanno il compito di realizzare il progetto di vita che comprende il periodo successivo alla scuola media, la scuola stessa deve collaborare con docenti curricolari preparati a saper impostare, gestire e valutare tali progetti. E su questo punto – come ormai diciamo tutti sino alla noia, anche da queste colonne – la scuola è paurosamente inadempiente, perché manca un obbligo di formazione iniziale e in servizio di tutti i docenti sulle problematiche didattiche degli alunni con disabilità.
E allora, se l’Amministrazione Scolastica non ha la forza di orientarsi seriamente in tal senso, non si limiti a richiedere al Consiglio di Stato “pareri” per evitare delle distorsioni di cui anch’essa è in parte responsabile.
Un ruolo determinante in tal senso dovrebbero giocarlo anche le associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari, specie se collegate in coordinamenti locali e regionali, negoziando con le Autorità Regionali e Locali la predisposizione di quei servizi la cui carenza spinge le famiglie a richiedere alla scuola ciò che non richiederebbero, se i servizi in rete veramente funzionassero.

Sono certo, in conclusione, che questo Parere del Consiglio di Stato scontenterà molti genitori, facendoli forse gridare allo «scandalo di una scuola che rifiuta i disabili». L’atteggiamento di questi genitori, invece, dovrebbe essere a mio avviso quello di pretendere dalle associazioni di cui fanno parte una maggiore capacità di negoziazione politica, per ottenere, sul proprio territorio, quel coordinamento dei servizi in rete che altre associazioni hanno già ottenuto – talora partendo dal nulla – in varie realtà italiane e non solo del Nord.
Si pensi ad esempio al lavoro di promozione sociopolitica che sta realizzando da tempo la FISH Calabria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) in una delle Regioni più deprivate d’Italia e che invece, anche grazie a ciò, mostra chiari segni di vitalità e di speranza.

*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). 

Please follow and like us:
Pin Share