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Un manifesto per il coraggio di vivere

Per il coraggio di vivere e di far vivere
Manifesto per la garanzia di una presa in carico globale:
di trattamento, cura e sostegno e
contro l’abbandono, l’accanimento e l’eutanasia nel nostro Paese

In un contesto in cui l’autonomia della persona malata o con disabilità viene univocamente interpretata prima di tutto come il diritto di dire di no e di rifiutare qualcosa, favorendo una linea rinunciataria che sembra minare l’alleanza terapeutica tra medico e paziente, e tenta di far rientrare l’eutanasia tra i compiti della professione medica, i promotori di questo documento ritengono importante ribadire quanto segue:

Paul Klee, «Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte», 1918, Berna, Kunstmuseum1. Il riconoscimento della dignità dell’esistenza di ogni essere umano deve essere il punto di partenza e di riferimento di una società che difende il valore dell’uguaglianza e si impegna affinché la malattia e la disabilità non siano criteri di discriminazione sociale e di emarginazione.
Questo riconoscimento richiede anche concreti investimenti sul piano economico e su quello culturale, per favorire un’idea di cittadinanza allargata che comprenda tutti, come da Dettato Costituzionale, e per riaffermare il valore unico ed irripetibile di ogni essere umano, anche di chi è talora considerato “inutile” poiché, superficialmente, giudicato incapace di dare un contributo diretto alla vita sociale.

2. Il dolore e la sofferenza (non solo fisica), in quanto tali, non sono né buoni né desiderabili, ma non sono senza significato: l’impegno della medicina e della scienza per eliminare o alleviare il dolore delle persone malate o con disabilità, e per migliorare la loro qualità di vita, evitando ogni forma di accanimento terapeutico, è un compito prezioso che conferma il senso della professione medica, non esaurito dall’eliminazione del danno biologico.
La medicina, i servizi sociosanitari e, più in generale, la società, forniscono quotidianamente delle risposte ai differenti problemi posti dal dolore e dalla sofferenza: risposte che vanno potenziate e che sono l’esplicita negazione dell’eutanasia, del suicidio assistito e di ogni forma di abbandono terapeutico.

3. Non si possono creare le condizioni per l’abbandono di tanti malati e delle loro famiglie. È inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute rendano indegna la vita e trasformino il malato o la persona con disabilità in un peso sociale. Si tratta di un’offesa per tutti, ma in particolar modo per chi vive una condizione di malattia; questa idea, infatti, aumenta la solitudine dei malati e delle loro famiglie, introduce nelle persone più fragili il dubbio di poter essere vittima di un programmato disinteresse da parte della società, e favorisce decisioni rinunciatarie. 

4. Occorre rinsaldare nel Paese la certezza che ognuno riceverà trattamenti, cure e sostegni adeguati. Prima di pensare alla sospensione dei trattamenti, infatti, si deve garantire al malato, alla persona con disabilità e alla sua famiglia ogni possibile, proporzionata e adeguata forma di trattamento, cura e sostegno.
La Costituzione Italiana, tutte le leggi vigenti in Italia, oltre alla Convenzione sui Diritti dell’Uomo e alla recente Convenzione ONU sui Diritti e la Dignità delle Persone con Disabilità, affermano la dignità di tutti ad avere il diritto all’accesso alle cure.

5. I promotori e i firmatari di questo documento si impegnano, nell’ambito delle loro professioni e secondo le loro competenze, a sostenere e difendere sempre il principio dell’accesso ad ogni tipo di intervento socio-sanitario per tutti e il chiaro NO ad ogni forma di induzione volontaria della morte o di pratica eutanasica e di implicita o esplicita istigazione al suicidio assistito.

6. La morte è un fatto e non un diritto: per questa ragione non può essere oggetto di una scelta sostenuta dalla società civile. Ciò non significa negare il valore dell’autonomia e della libertà della persona, ma riconoscere che il valore di ogni scelta dipende dal suo contenuto. In ogni caso, l’equiparazione della scelta di chi vuole vivere e di chi vuole morire è scorretta per la semplice ragione che solo la vita, e non la morte, è il fondamento dei diritti umani e della loro tutela. 

7. Lo sviluppo della medicina, così come oggi la conosciamo e la pratichiamo, è stato ed è reso possibile solo da una concezione “positiva” dell’esistenza umana, capace di accettare la sfida dell’assistenza e della cura, anche di fronte alla patologia più severa e al declino fisico e psichico della vecchiaia.

I promotori e coloro che aderiscono a questo manifesto ritengono che sia importante garantire una società che non abbia paura del dolore poiché usa la scienza, le leggi e le competenze per combatterlo.
Ciò che era considerato incurabile e inguaribile cento anni fa oggi è spesso curabile e guaribile, e l’oscurantismo e la paura non appartengono a chi ha fiducia nell’uomo, nella sua capacità e nel suo coraggio.

I promotori del Manifesto

– Felice Achilli, medico, presidente dell’Associazione Medicina e Persona, direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia dell’Ospedale Manzoni di Lecco.
– Marco Brayda-Bruno, medico, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Vertebrale III dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.
– Dario Caldiroli, medico, direttore dell’Unità Operativa di Neuroanestesia e Rianimazione della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Besta di Milano.
– Bruno Dallapiccola, medico, presidente dell’Associazione Scienza & Vita Nazionale, ordinario di Genetica Medica, Università La Sapienza, Roma.
– Maria Luisa Di Pietro, medico, presidente dell’Associazione Scienza & Vita Nazionale, associato di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
– Giovanni Battista Guizzetti, medico, direttore dell’Unità Operativa di Stati Vegetativi presso il Centro Don Orione di Bergamo.
– Vladimir Kosic, delegato OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per l’Italia – Functioning and Disability Reference Group, presidente della Consulta dei Disabili del Friuli Venezia Giulia, Trieste.
– Matilde Leonardi, medico, delegato OMS per l’Italia – Functioning and Disability Reference Group, vicepresidente nazionale della FIAN (Federazione Italiana Associazioni Neurologiche), Milano.
– Mario Melazzini, medico, direttore dell’Unità Operativa Day Hospital Oncologico IRCCS Maugeri di Pavia, presidente nazionale dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica).
– Adriano Pessina, filosofo, bioeticista, direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano-Roma.
– Valeria Zacchi, medico, direttore Sanitario dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia.

Sul sito del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è stato predisposto un modulo online per l’eventuale adesione cui è possibile accedere attraverso una duplice modalità:
– tramite l’home page www.centrodibioetica.it
– direttamente tramite l’indirizzo www.unicatt.it/bioetica/manifesto.

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