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XXI secolo: gli stranieri con la sindrome di Down

Con la globalizzazione e l’immigrazione crescente nel nostro Paese, le problematiche sociali – e quindi anche quelle interne al mondo della disabilità – sono in continua evoluzione e presentano aspetti del tutto inediti.
Lo conferma anche un’indagine condotta dalla Sezione di Milano dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), secondo la quale il 14% dei bambini che si rivolgono all’associazione provengono da famiglie straniere. Solo dieci anni fa questa percentuale era del tutto irrilevante.Bimbo com sindrome di Down

La nuova situazione, ovviamente, presenta delle caratteristiche peculiari e le modalità sperimentate di risposta socio-sanitaria – pubblica e privata – talvolta non sono quelle più appropriate. Per questo, la stessa ANFFAS afferma di dover «ripensare il servizio offerto» ed è a partire da tale considerazione che ha avviato un’indagine ad hoc. Al fine di rimodulare il servizio offerto ha perciò analizzato un campione di dieci famiglie, concentrandosi in particolare sulle madri.
In particolare è stato rilevato che la difficoltà linguistica, il diverso approccio culturale nei confronti della disabilità e il disorientamento di fronte a un sistema sociale con cui non si ha dimestichezza rendono più difficile l’incontro tra le strutture italiane e queste donne.

In un processo di integrazione degli stranieri che in Italia è ancora agli albori, emerge dunque un dato di disagio: le madri immigrate tendenzialmente rinunciano alla richiesta d’aiuto, sobbarcandosi da sole l’onere dell’accudimento.
Il senso di isolamento e talvolta di inadeguatezza che ne deriva acuisce poi il loro complesso vissuto di sradicamento dalla terra natia – che vive ogni emigrato – esponendole altamente al rischio di episodi depressivi.
Un tale stato emotivo rende infine maggiormente problematico lo scambio affettivo tra la donna e il proprio figlio, mentre, nei casi di sindrome di Down, il dialogo attivo ha un ruolo di stimolo fondamentale.

Due sono le prime strategie di intervento individuate dall’ANFFAS, che sta ancora continuando la propria indagine.
Innanzitutto, sarà fondamentale per i medici riuscire ad istituire un rapporto di fiducia con le famiglie immigrate. Inoltre, secondo l’associazione, si dovrà proporre un intervento coordinato tra i vari specialisti italiani, dal pediatra all’assistente sociale al tecnico della riabilitazione e, allo stesso modo, sarà opportuno avviare uno scambio di informazioni con le strutture di sostegno alle persone con disabilità presenti nelle terre di provenienza degli stranieri emigrati.
(Barbara Pianca)

Per ulteriori informazioni:
ANFFAS Milano
tel. 02 84470120,
anffas@anffasmilano.it.
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