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A Venezia, prigionieri in casa

«Ci sono cittadini – scrive il sito Ripensiamovenezia.it – che preferiscono seguire la via della legalità, ma che purtroppo si trovano davanti a Comuni che “non danno retta” e verso i quali sembra proprio necessario rivolgersi alle autorità competenti per ottenere ciò che la legge assegna per diritto».

Statua rovinata dallo smogUna vicenda sintomatica in tal senso coinvolge in queste settimane il Comune di Venezia e vede suo malgrado come protagonista una coppia di anziani, entrambi invalidi civili al 100%, che dal 2002 (data della loro prima richiesta) attendono risposta dal Comune stesso per l’assegnazione di un alloggio popolare.
I coniugi Tommasini vivono in un appartamento al terzo piano, senza ascensore, con sessanta scalini per scendere e sessanta per risalire, che li rendono “prigionieri in casa”, nonostante le loro patologie e le varie certificazioni mediche prevedano la necessità di deambulare, ma senza sforzi.
Per tale situazione la figlia Sonia ha provveduto ad attivarsi presso il Comune, i cui rappresentanti, in un incontro del dicembre 2006, hanno dichiarato di non conoscere il caso, senza però poi attivarsi in seguito per risolvere la situazione.
Dal canto suo, la signora Sonia, stante la sostanziale impossibilità di poter contattare gli uffici preposti (i dipendenti non consentivano di accedere senza appuntamento telefonico all’ufficio, ma telefonicamente quest’ultimo era irraggiungibile), ha dapprima preteso chiarimenti sulla situazione organizzativa degli uffici al sindaco e agli assessori competenti, chiedendo poi all’Amministrazione se ritenesse o meno i genitori come «un caso di emergenza sociale».
Il Difensore Civico, anch’egli interpellato, riscontrava a sua volta l’impossibilità di comunicare con gli uffici, parlando poi alla stampa locale di «una vicenda particolarmente grave, che avrebbe dovuto essere gestita al di fuori delle normali assegnazioni degli alloggi popolari».
Nel frattempo, a nome dell’Amministrazione, l’assessore ai Lavori Pubblici Mara Rumiz si scusava con i signori Tommasini, segnalando che l’impossibilità di contattare gli uffici era “presumibilmente” legata al carico di lavoro degli uffici stessi.

Solo nel mese di giugno, dunque, si è riusciti ad ottenere un nuovo appuntamento con l’ufficio preposto al quale è stata fornita ulteriore documentazione, certificante l’ulteriore peggioramento sanitario e psicologico delle due persone dovuto proprio all’alloggio.
Successivamente, però, la situazione si è tutt’altro che risolta e di fronte alla mancanza di risposte e tanto meno di interventi da parte dell’ufficio, i coniugi Tommasini hanno deciso di dare mandato ad un legale.
Particolarmente duro il commento di quest’ultimo – Antonino Attanasio – in attesa della prima udienza, fissata per il prossimo 11 settembre.
«L’Amministrazione Comunale si sta dimostrando sorda, cieca, muta e irraggiungibile di fornte a questa vicenda. Va ricordato che la Legge 67/2006 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazione”, N.d.R.] vieta la discriminazione sia diretta che indiretta ed è proprio quella indiretta la discriminazione più subdola perché la norma viene applicata solo in apparenza, mentre in realtà “schiaccia” le persone disabili e le mette in condizione di svantaggio ingiusto. A questo si aggiunge poi uno stato fisiopatologico in progressivo peggioramento, che richiede un intervento sollecito dell’Amministrazione Comunale o, in mancanza, del giudice».

Questi dunque i fatti, come li racconta chi li sta vivendo sulla propria pelle. In attesa dei prossimi sviluppi, si auspica di poter ricevere un segnale di concreta disponibilità a risolvere la situazione, da parte di un’Amministrazione Comunale, come quella di Venezia, effettivamente distintasi negli anni più recenti per sensibilità e lucidità nell’affrontare i problemi delle persone con disabilità.
(S.B.)

Si ringrazia per la segnalazione il sito Ripensiamovenezia.it.

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