- Superando.it - https://www.superando.it -

Le donne europee si uniscono*

Rita Barbuto, qui con l'amica Laura Gigliotti, è tra coloro che stanno lavorando per costruire la nuova rete europea di donne con disabilitàPer molto tempo il movimento delle persone con disabilità non ha riconosciuto la discriminazione multipla dovuta alla combinazione di genere e disabilità – sperimentata dalle donne con disabilità – determinando una mancanza di interesse a progettare politiche e azioni volte a soddisfare le necessità di queste ultime. Oggi la situazione sta cambiando e la consapevolezza della condizione delle donne con disabilità è in continua crescita in tutto il mondo.

Il contesto generale
In Africa e in Sudamerica si sta lavorando per dare vita a delle associazioni di donne con disabilità che rappresentino i rispettivi continenti e si sta cercando di promuovere per il 2008 dei convegni sull’argomento.
In Asia e nei Paesi del Pacifico, invece, molte donne con disabilità si stanno affermando come leader di grandi movimenti.
E anche in Europa, sulla scia di un tale impegno a livello internazionale, si sta sviluppando il progetto di un Network Europeo di Donne con Disabilità, di cui sono state gettate le basi nel corso di una conferenza svoltasi in maggio a Berlino e che entro il 2007 vedrà definiti nome, statuto e organizzazione interna.
«L’evento di Berlino – ci spiega Ursula von der Leyen, ministro tedesco per la Famiglia, gli Anziani, le Donne e i Giovani – è stato organizzato dall’Associazione Weibernetz e.V. che rappresenta gli interessi delle donne con disabilità nel nostro Paese, dando attuazione ad un’idea nata a New York durante i negoziati per la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. L’obiettivo era quello di proporre ad un gruppo di donne – circa centoventi provenienti da tutta Europa – la costituzione di una nuova realtà. Il mio Ministero ha ritenuto quindi opportuno sostenere l’iniziativa, che penso rappresenti un passo importante verso un’adeguata visibilità delle condizioni di vita delle donne con disabilità».
Ursula von der Leyen, ministro tedesco per la Famiglia, gli Anziani, le Donne e i GiovaniD’altro canto, la Germania ha sostenuto questa fase del progetto perché nei primi mesi del 2007 questo Paese era alla Presidenza dell’Unione Europea. Per il futuro, dunque, il Network nascente dovrà finanziarsi con i fondi messi a disposizione nell’ambito dei programmi europei.

Il progetto
«L’iniziativa – sottolinea Rita Barbuto, direttore di DPI Europe (Disabled Peoples’ International) e rappresentante a Berlino di DPI, della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e di tutte le donne italiane con disabilità, insieme a Emilia Napolitano – si inserisce tra quelle realizzate per l’Anno Europeo delle Pari Opportunità, essendo tra le donne con disabilità largamente diffusa la consapevolezza che a livello continentale è molto importante una politica inclusiva dei loro bisogni e interessi».
«In quell’occasione – continua Barbuto – abbiamo fatto delle analisi approfondite, avanzato proposte per i futuri passi da compiere e preso delle decisioni. La nuova struttura su cui stiamo lavorando sarà sul modello dell’European Disability Forum (EDF) e dovrà coinvolgere in un’unica grande rete i gruppi e i coordinamenti di donne con disabilità non solo dei Paesi dell’Unione, ma dell’intera Europa. Inoltre, è stato lasciato aperto uno spazio di collaborazione anche alle altre donne che giocano un ruolo significativo nella vita di quelle con disabilità.
Per quanto riguarda l’Italia, all’interno della FISH già un anno fa era stato creato un comitato di donne che opera su tali temi: sarà questo ad entrare nel nuovo Network e a rappresentare il nostro Paese».

Dubbi sul nome, non sugli scopi
A Berlino Rita Barbuto ha ricevuto l’incarico ufficiale – con altre quattro colleghe – di dare vita alla nuova organizzazione. «All’inizio le cose sembravano più facili, adesso comunque stiamo risolvendo diversi problemi e abbiamo già raccolto le prime adesioni, almeno quindici».
Olandese, Lydia la Rivière-Zijdel è la leader riconosciuta del movimento delle donne con disabilità nel mondoSe vi è poi qualche dubbio sul nome della nuova entità, non ve ne sono invece sulle finalità. «Sul nome stiamo lavorando, si tratta infatti di una cosa molto delicata che verrà definita presto, quando verrà depositato lo statuto in Belgio: una scelta strategica, questa, per essere più vicini a Bruxelles e quindi alle istituzioni europee. Relativamente agli obiettivi, quello primario sarà di tutelare i diritti umani e quindi l’organizzazione dovrà lavorare soprattutto per l’educazione inclusiva, il diritto al lavoro, le questioni di bioetica così importanti per le donne con disabilità – essendo quelle maggiormente a rischio di subire sterilizzazione e aborti selettivi – la vita indipendente, le pari opportunità, le politiche e le azioni inclusive che si possono attuare per le donne a livello europeo, da trasferire poi in ambito nazionale. Inoltre, il Network dovrà combattere le violenze cui le donne con disabilità sono esposte, non solo sessuali, ma anche psicologiche ed emotive, mancando loro più che ad altri gli strumenti per difendersi».
Risulta chiaro quindi, dalle parole del direttore di DPI Europe, che l’intento è quello di costruire una realtà solida e ben strutturata che darà vita ad attività formative, seminari, conferenze e dibattiti sulle varie tematiche legate al genere e alla disabilità.
Il coinvolgimento di un grande numero di Paesi, poi, darà la possibilità al nuovo Network di appoggiarsi e sfruttare le iniziative locali organizzate nelle varie nazioni, dando vita ad una vera e propria rete europea.

L’Italia e le sue donne con disabilità
Ma come donna con disabilità, Rita Barbuto non ha l’impressione che nel nostro Paese l’Anno Europeo delle Pari Opportunità sia stato un po’ dimenticato? «Non come donna con disabilità, ma semplicemente come donna, posso dire che fino ad oggi ritengo non sia stato fatto molto rispetto a questo. Per quanto riguarda poi la realtà delle persone con disabilità, non ho assolutamente alcuna notizia di iniziative organizzate a livello istituzionale».
Il Gruppo Donne della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) è uno degli organismi più vitali di questa associazioneUn atteggiamento, questo, che potrebbe anche mettere il nostro Paese in una posizione di imbarazzo, dal momento che pure l’Italia entrerà a far parte della nuova organizzazione. L’impressione personale di Rita è che «vi sia una mancanza di assunzione di responsabilità, non solo per quanto riguarda la disabilità, ma relativamente a una serie di questioni importanti. D’altro canto, operando nell’ambito della disabilità e confrontandomi quotidianamente con organizzazioni di altri Paesi, posso affermare con certezza che godiamo di una grande credibilità, perché il lavoro che è stato svolto in Italia in questi ultimi decenni è molto significativo. Non dimentichiamoci che siamo l’unico Paese in cui si parla di educazione inclusiva. Quindi non siamo in posizione di retroguardia, come potrebbe sembrare, e anzi spesso mi rendo conto di parlare da persona che vive in uno Stato per molti versi “privilegiato”. Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che in Italia ci sono dei princìpi, per il rispetto delle persone e dei loro diritti umani, che non vengono mai messi in discussione. Che poi spesso questi non vengano messi in pratica concretamente, è un’altra cosa. Ricordiamoci però che noi, in Europa, siamo guardati da molti come un esempio e un modello. In tanti Paesi, infatti, non si parla ancora di educazione inclusiva o della chiusura totale degli istituti per persone con disabilità, mentre da noi è vero che questi ultimi ci sono, ma è un dato di fatto che nessuno ne approvi l’esistenza».
Forse, quindi, dovremmo essere più soddisfatti rispetto alla situazione che regna nel nostro Paese, abbandonando quel pessimismo così diffuso. «Soddisfatti direi di no! Infatti difficoltà pratiche ne incontriamo tante e tutti i giorni, e ci sono senza dubbio realtà più avanzate della nostra, come i Paesi nordici, in cui si parla e si fa già tanto per la Vita Indipendente, ma ce ne sono anche altre in cui tutto ciò è terribilmente nebuloso».

Un futuro aperto
Un passato e un presente, quindi, che permetteranno al gruppo italiano di donne con disabilità di dare un grande contributo all’interno di questo ampio contesto europeo.
«In questi anni – conclude Rita Barbuto – come donne e come movimento di persone con disabilità in Italia abbiamo fatto moltissima esperienza. Come DPI Italia abbiamo visto finanziati cinque Progetti Daphne, per i quali abbiamo svolto ricerche in molti settori, mettendo a fuoco numerose questioni. Abbiamo quindi molto da dire, non da ultimo sull’empowerment, il rafforzamento di quel potere che permette di determinare e gestire la propria vita, utilizzare le risorse che la comunità e il contesto in cui si vive mettono a disposizione. Per noi si tratta di un concetto fondamentale, poiché solo una persona consapevole di chi è, dei propri limiti, ma anche delle proprie potenzialità, avrà tutti gli strumenti per vivere in modo dignitoso e consapevole dei propri diritti.
Da questo punto di vista ritengo che l’elemento che ha permesso alla questione di fare un salto di qualità fondamentale sia l’aver messo in primo piano la questione dei diritti umani e avere inquadrato la disabilità all’interno di questo ambito, con un superamento di tutte le concezioni precedenti. E credo che il movimento italiano abbia tanto da dire rispetto a tutto questo. I tempi sono maturi: dare visibilità alle donne con disabilità significa rafforzare l’intero movimento. Negli anni scorsi avevamo altre priorità e criticità da affrontare. Oggi invece possiamo dire: siamo diverse e vogliamo che anche questa diversità venga messa in evidenza e valorizzata».

*Testo tratto dal numero 163 (settembre 2007) di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e qui riprodotto, per gentile concessione di tale testata.

Please follow and like us:
Pin Share