Sono tante le integrazioni necessarie

Il problema, infatti, non è più solo quello di integrare gli alunni con disabilità nella scuola, ma anche tutti gli altri soggetti che con essi si rapportano e innanzitutto gli insegnanti e le famiglie. Questo e altro è emerso durante un gruppo di lavoro nell’ambito del sesto Convegno Internazionale «La Qualità dell’integrazione scolastica», svoltosi a Rimini nei giorni scorsi

«Perché alcune scuole riescono ad applicare la qualità dell’integrazione e altre no?». Se lo è chiesto Luigi D’Alonzo, docente di Pedagogia Speciale, nel corso del gruppo di lavoro denominato 1977-2007: 30 anni di integrazione scolastica, coordinato da Andrea Canevaro, uno dei massimi esperti nazionali di integrazione scolastica, nell’ambito del sesto Convegno Internazionale La Qualità dell’integrazione scolastica, svoltosi nei giorni scorsi a Rimini, a cura del Centro Studi Erickson di Trento.

Andrea Canevaro, docente dell'Università di Bologna, è uno dei massimi esperti nazionali di integrazione scolasticaPer l’occasione D’Alonzo ha tentato di stilare un bilancio dell’applicazione della Legge 517/77, norma che ha colmato un vero e proprio buco legislativo non più sopportabile per un Paese civile. Ma a che punto è l’applicazione di essa?
Il quesito iniziale è già di per sé una risposta. In alcuni casi, infatti, la Legge funziona, in altri no. «In sostanza – ha affermato D’Alonzo a Rimini – possiamo dire che la legge risulta efficace per circa un 50%». Un dato, questo, molto disomogeneo, e non solo a livello territoriale, ma anche a seconda delle scuole. «Dobbiamo quindi parlare di qualità per applicarla in tutte le scuole e per fare questo è necessario “piantare” in tutte le scuole cinque colonne portanti di quella norma: il rapporto con la famiglia, le interazioni tra gli insegnanti curricolari e quelli di sostegno, l’accoglienza e l’accompagnamento del ragazzo con disabilità, la soddisfazione dei suoi bisogni e la collaborazione continua tra tutti i soggetti interessati».
Un obiettivo certamente complesso. «Per questo – secondo Canevaro – bisogna ormai parlare di integrazioni e non più solo di integrazione, perché il problema non sono i ragazzi, ma tutti gli altri soggetti che con loro si rapportano».

Per Luciano Serra, ispettore scolastico e collaboratore del Ministero della Pubblica Istruzione, a salvare l’applicazione della Legge 517/77 possono arrivare in soccorso le nuove tecnologie. «Aprire alle nuove tecnologie – ha dichiarato – è una possibilità fondamentale perché dopo le barriere architettoniche rischiano di comparire all’orizzonte le barriere tecnologiche. Invece, con un lavoro continuo di formazione, i disabili possono agilmente superare questa barriera all’orizzonte e sfruttarla per una vita scolastica di accoglienza ed eccellenza».

L’impegno sull’applicazione delle legge deve però avere sempre come base portante una struttura culturale solida che Andrea Canevaro chiama in un modo semplice: solidarietà. «Oggi assistiamo infatti ad una perdita di solidarietà – ha precisato – che porta tutti ad essere concorrenti, ponendo notevoli problemi di attuazione alla legge».
In Italia l’ultimo dato ufficiale stimato riferisce che gli studenti con disabilità “integrati” nella scuola pubblica (anno scolastico 2005-2006) sono 178.000, mentre nel 1998 erano 113.000. Un incremento quantitativo che certifica una curva di qualità in continua lievitazione. Gli insegnanti di sostegno erano 91.000 nel 2006 (contro i 50.000 del 1998): praticamente uno per ogni due alunni con disabilità.
In teoria, dunque, un obiettivo ottimale anche in base alle priorità didattiche che s’era dato il Ministero. «Nella realtà dei fatti, però – ha precisato Dario Ianes, docente universitario che fa parte dell’Osservatorio sull’Integrazione Scolastica del Dicastero diretto da Giuseppe Fioroni – oggi la metà degli insegnanti porta i propri ragazzi fuori dalle aule, in altre stanze. E questa non è integrazione. Spesso non c’è nemmeno dialettica costruttiva con i titolari di cattedra. E non ce n’è a sufficienza nemmeno coi genitori. La formazione e la collaborazione tra gli attori in gioco è quindi lo snodo centrale che può portare alla conquista dell’indice di qualità dell’integrazione scolastica».
(Sara Modena)

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