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Caro ministro, la mia vita è cambiata radicalmente

Persona in carrozzina fotografata di spalle con le braccia aperteEgregio signor ministro, innanzitutto la ringrazio per la sua iniziativa di girarsi tutto il Paese in vista della prossima Conferenza Nazionale sulla Disabilità.
Purtroppo non ho potuto partecipare all’incontro che si è svolto a Firenze [si parla della prima tappa del viaggio di conoscenza della disabilità avviato dal ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, di cui abbiamo riferito nel testo disponibile cliccando qui, N.d.R.], ma mi è stato riferito – e alcune agenzie di stampa me lo hanno confermato – di una sua affermazione negativa in merito ai contributi dati direttamente alle persone con disabilità, «in quanto bisogna evitare che il disabile diventi un sostegno alla famiglia e scoraggiare il lavoro in nero».

In linea di principio mi trovo d’accordo con la sua affermazione. La persona con disabilità non può essere vista come una fonte di reddito per tutto il nucleo familiare. Bisogna invece dare al disabile stesso degli strumenti che garantiscano assistenza e autonomia, a lui e ai suoi familiari. Al tempo stesso, però, bisogna garantire uno strumento efficace che sia effettivamente utile.
Durante l’incontro di Firenze avrà sentito parlare della sperimentazione in materia di vita indipendente attuata dalla Regione Toscana. Io sono uno dei pochi che ha avuto la possibilità di aderire a questa sperimentazione e le posso dire che la mia vita è cambiata radicalmente. Grazie infatti al contributo ricevuto, ho assunto (con regolare contratto a tempo indeterminato) una persona che mi garantisce assistenza per sei ore al giorno.
Il rapporto diretto con il mio assistente personale mi permette di gestire l’orario nel modo che mi è più congeniale. Inoltre, questa cosa mi ha permesso di andare a vivere, dopo tanto tempo, con la mia compagna, lasciando la casa dei miei genitori.

Potrei anche dirle della mia attività lavorativa che in questi tre anni è migliorata tantissimo. Sono presidente di una cooperativa sociale e con me lavorano altre quattro persone. È chiaro che la mia disabilità è così grave che richiederebbe un’assistenza continua, anche notturna, per cui ho ancora bisogno dell’aiuto dei miei familiari e della mia compagna, però già un intervento di questo tipo, gestito in maniera autonoma, ha potuto garantire a tutti noi (a me e ai miei familiari) spazi importantissimi di autonomia. Di indipendenza. Si è trattato di un esempio emblematico in cui si è messo, effettivamente, il cittadino al centro dell’attenzione, privilegiando le sue necessità e non quelle del servizio. Con un risparmio per lo Stato.

Persona con disabilità e assistenteA questo punto non ho certo la pretesa di affermare che tale tipo di intervento possa andare bene per tutte le persone con disabilità presenti sul nostro territorio nazionale. Non ho le competenze per farlo. Sono però convinto che per molti di noi questo rappresenta l’unico tipo di intervento veramente efficace e rispettoso della nostra dignità di cittadini.
Tornando poi al discorso iniziale, se il problema è evitare che il contributo diretto diventi un sostegno alla famiglia, allora basterebbe far sì che con la somma ricevuta la persona con disabilità vada ad assumere, con un contratto regolare per scongiurare il lavoro in nero, una persona al di fuori del suo nucleo familiare.
Insomma, in altre parole, se il vero pericolo è quello da lei evidenziato, allora basterebbe mettere delle regole ben precise. Personalmente me le sono autoimposte senza problemi, in quanto considero  mio dovere, ricevendo una somma di denaro pubblico finalizzato ad uno scopo ben preciso, documentare nel modo più dettagliato possibile come questo sia stato utilizzato.
Conservo a tal proposito copie dei contratti, delle ricevute dei contributi versati e delle buste paga del mio assistente personale. Nessuno della Regione Toscana è però mai venuto a chiedermeli…

Nel prossimo mese di marzo scadrà il mio periodo di sperimentazione e ancora non so che cosa succederà. Potrà capire il periodo di ansia che stiamo vivendo, io, la mia compagna, i miei genitori (entrambi ultrasettantenni) e il mio assistente personale che rischia di perdere il lavoro.
Mi piacerebbe contare su un suo riscontro. Nel frattempo le auguro buon lavoro.

*Direttore editoriale di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). 

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