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L’esostosi multipla ereditaria*

Vi sono malattie che ricorrono con una frequenza talmente bassa da meritare la definizione di rare. Da questa loro rarità deriva l’essere sconosciute alla maggioranza delle persone e talvolta anche ai medici.
Nel loro insieme esse rappresentano circa il 10% delle patologie umane conosciute (il loro numero è stimato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità intorno a 5.000), interessando complessivamente una parte importante della popolazione. La loro rarità porta con sé un forte contenuto emotivo, condiviso dai pazienti e dai loro familiari che vivono un’esperienza dolorosa, sia per la malattia sia per la scarsità di conoscenze scientifiche disponibili.

L’EME colpisce l’apparato osteoarticolare
Quadro radiografico di esostosi multipla ereditariaL’esostosi multipla ereditaria (EME) è una malattia congenita che colpisce l’apparato osteoarticolare e si manifesta con la crescita, su diversi segmenti scheletrici, di protuberanze ossee (chiamate appunto esostosi) che possono variare di dimensioni, localizzazione e quantità.
Le esostosi si localizzano principalmente a carico delle ossa lunghe degli arti inferiori e superiori, con maggiore frequenza in prossimità delle articolazioni (ginocchia, spalle, caviglie, anche e polsi); secondariamente possono comparire anche sulle ossa del tronco, a carico del bacino e delle scapole. Non sono mai coinvolte le ossa del capo o del viso.
Le esostosi insorgono generalmente durante i primi anni di vita e crescono insieme allo sviluppo del bambino. Normalmente la loro crescita s’interrompe definitivamente con il raggiungimento dell’età adulta, quando lo sviluppo dell’individuo è completato.
La diagnosi della malattia è relativamente facile e si basa su un’attenta valutazione clinico-radiografica.

La genetica
L’EME colpisce circa una persona ogni 50.000, uomini e donne con pari possibilità. Si tratta solitamente di una malattia ereditaria, trasmessa al figlio da uno dei genitori (7 malati su 10 ereditano la malattia da uno dei genitori) e se un genitore ne è affetto, ci sono il 50% di possibilità che anche il figlio sviluppi la malattia.
Può poi accadere, anche se più raramente, che la malattia insorga per causa di una mutazione genetica spontanea, in altre parole senza essere ereditata dai genitori.
L’esostosi, infatti, è una malattia genetica causata da un’anomalia nel codice genetico della persona che n’è affetta. Di recente è stato dimostrato che i geni in cui sono localizzate le alterazioni che determinano l’insorgenza dell’EME – chiamati EXT1 ed EXT2 – sono localizzati rispettivamente sui cromosomi (i “pacchetti” portatori dei geni) 8 e 11.
Le mutazioni sono più frequentemente riscontrabili in EXT1 che è localizzato sul cromosoma 8.

Le manifestazioni e i sintomi
L’EME può dare diversi tipi di problemi: i sintomi e il quadro clinico dipendono dal numero, dalle sedi e dalle dimensioni delle esostosi. Finché queste ultime sono piccole, normalmente non ne viene percepita la presenza e non si hanno particolari disagi. Nel caso in cui invece si sviluppino eccessivamente, l’osso coinvolto può crescere in modo anomalo e quindi incurvarsi, diventare asimmetrico o rimanere di dimensione inferiore alla norma. Questa crescita asimmetrica può determinare limitazioni o difficoltà nel compiere alcuni movimenti.
Può accadere poi che le esostosi comprimano altre strutture collegate alle ossa, come i vasi sanguigni, i tendini o i nervi. Da qui possono originarsi tendiniti, borsiti ecc.
Infine, un ulteriore problema è rappresentato dai traumi diretti, evento anche questo abbastanza frequente durante l’infanzia.
La complicazione più grave dell’EME è, fortunatamente, anche la meno comune. Raramente, infatti(con frequenza tra il 2 e il 5%), le esostosi benigne possono diventare un tumore maligno chiamato condrosarcoma periferico. Questo avviene di solito durante l’età adulta, quando la crescita scheletrica è cessata (i pazienti che sviluppano un condrosarcoma hanno in media tra i 30 e i 50 anni d’età). In tal senso, se al termine della crescita scheletrica le esostosi aumentano o diventano più dolorose, è opportuno rivolgersi tempestivamente al proprio medico.
Va in ogni caso ripetuto che la trasformazione di un’esostosi in un condrosarcoma periferico rappresenta una possibilità estremamente rara.

Trattamenti e terapie
Tutti i trattamenti dell’EME sono principalmente mirati ad evitare i danni che la malattia può provocare al corretto sviluppo dell’apparato osteoarticolare.
Le esostosi possono essere rimosse con interventi chirurgici. In alcuni casi, quando esse crescono in prossimità di nervi o tendini e questi ultimi sono compressi, per evitare che gli stessi siano danneggiati, devono essere rimosse al più presto (quindi anche durante il periodo di crescita dei bambini).
Alcune persone con EME non necessitano di trattamenti in quanto le esostosi determinano solo lievi deformità. I pazienti riescono a compensare queste ultime o le eventuali limitazioni del raggio di movimento in maniera tale da poter vivere e agire normalmente. Questo tipo di situazione è più frequente quando le eventuali deformità insorgono lentamente. In altri casi si può rendere opportuno un intervento chirurgico correttivo delle deformità stesse.
Nella misura in cui un’esostosi determina una crescita ossea difettosa, come l’inarcarsi delle estremità, a volte il rimuoverla tempestivamente permetterà all’osso di raddrizzarsi e di rimodellarsi durante la crescita.
Se l’esostosi è dolorosa, oppure comprime una struttura importante o ancora è esteticamente brutta o può facilmente subire traumi diretti, è altresì consigliata la rimozione chirurgica che, solitamente, rappresenta una procedura semplice.
Attualmente sono a disposizione diversi tipi di opzioni che il medico ortopedico di fiducia potrà illustrare più dettagliatamente.
I trattamenti farmacologici sono legati alla cura degli eventuali disturbi provocati al sistema circolatorio, a quello muscolare o a quello nervoso e naturalmente per la cura del dolore che la malattia può provocare.
Qualora un’esostosi subisca un’evoluzione maligna e si trasformi in condrosarcoma, dev’essere assolutamente rimossa nel più breve tempo possibile. In questo caso è consigliato rivolgersi ad un centro specializzato nel trattamento di tumori ossei per effettuare il tipo d’intervento più adeguato.

L’EME è una malattia che dev’essere correttamente diagnosticata, tenuta costantemente sotto controllo nel corso dell’età evolutiva e sempre monitorata durante l’età adulta. Per questo è importante individuare il medico o più precisamente l’équipe medica cui fare riferimento.
Infatti, i diversi aspetti che compongono la malattia (la natura ereditaria, i problemi ossei, le eventuali complicazioni a carico del sistema nervoso o della muscolatura, le implicazioni sul piano emotivo) comportano il coinvolgimento di diversi specialisti. La collaborazione tra l’équipe medica e i pazienti non solo aiuta questi ultimi ad impostare una vita migliore, ma anche a tenere maggiormente monitorata la malattia. L’équipe medica è a disposizione durante i controlli e le visite ambulatoriali per spiegare in maniera sincera, corretta e scientifica la cartella clinica.
Trattandosi infatti di una malattia ereditaria, il medico ha il dovere di rendere noti i rischi che si devono affrontare in materia di trasmissione genetica per le generazioni future. In questo frangente, nei bambini in tenera età che non si pongono problemi generazionali, è consigliabile attendere, prima di informarli, un’età più vicina alla maturità.
Va ricordato infine che uscire da una visita medica con la possibilità di conoscere in maniera chiara le conseguenze presenti e future della malattia, avendo chiarito tutti i dubbi, permetterà al paziente di affrontare la vita con maggiore serenità, dal momento che conoscere e fidarsi sono due elementi che incidono in maniera determinante sulla qualità della vita.

Il testo è tratto dalla guida Esostosi Multipla Ereditaria. Per conoscere, per non sentirsi soli, per non perdersi, realizzata a cura del Modulo di Familiarità Genetica degli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna, responsabile Luca Sangiorgi.
Si ringrazia
ACAR ONLUS (Associazione Conto alla Rovescia) per la gentile concessione alla pubblicazione.

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