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E in questa strana Italia si continua a non parlare di disabilità…

Mani sulla testa di una persona calvaChi frequenta abitualmente queste colonne conoscerà già la mia situazione di mamma di una ragazza disabile di 35 anni e di presidente di un’associazione che si occupa di sostegno alle famiglie con figli disabili.
Questa volta scrivo per rimarcare nuovamente quanto la politica si interessi (poco) di un tema sociale tanto importante come la disabilità. Siamo infatti in piena campagna elettorale e ho potuto leggere i programmi delle varie forze in campo, constatando ancora una volta quanto l’accordo tra i vari partiti esista solo per quanto riguarda la disabilità, ovvero non ne parla nessuno, salvo che per un breve quanto poco credibile accenno nel programma del Partito Democratico, riguardante un possibile aumento dell’indennità di accompagnamento.

Ancora una volta, dunque, la disabilità è completamente ignorata da chi dovrebbe in primis occuparsi del benessere dei cittadini.
Le leggi esistenti – e sono numerose (13/89, 104/92, 162/98, 328/00) – non vengono rifinanziate da anni e sono poche le Regioni che nel loro programma destinano fondi a questo scopo.
La pensione d’invalidità civile di 246,73 euro al mese non permette certo – unitamente all’indennità di accompagnamento (465,09 euro) – di condurre una vita dignitosa dal punto di vista economico e le famiglie si devono fare carico di tutte le necessità che esulano da tali cifre.
L’assistenza sanitaria non è pienamente competente per consentire una vera e concreta riabilitazione motoria e cognitiva e i bambini a cui bisognerebbe garantire una precoce quanto efficiente riabilitazione per sfruttare al massimo le capacità residue, vengono trascurati spesso a causa della gravità delle loro condizioni, senza che i genitori abbiano la possibilità di opporsi a ciò, se non inseguendo terapie riabilitative in varie parti del mondo, alcune molto costose e di dubbia efficacia.
Le esigenze dei genitori di avere una rete sociale cui rivolgersi per colmare le lacune o per avere sostegno psicologico e organizzativo, utile a sopperire alle notevoli e complesse necessità quotidiane, non vengono prese in seria considerazione, penalizzando così il nucleo familiare al completo.
Il lavoro ritenuto fondamentale dalla nostra Costituzione è penalizzante per i genitori di figli disabili, molti dei quali, specialmente nel settore privato, per il timore di essere licenziati o di non avere il rinnovo dei contratti a progetto, non dichiarano di avere un figlio disabile, rinunciando così anche ai permessi che spetterebbero per legge.

E parliamo poi della scuola, dove – al di là dell’apprezzabilissima sensibilità e condivisione di molti operatori che però non può certo garantire su tutto il territorio nazionale le medesime opportunità a tutti gli studenti – non vi sono norme con un iter ben definito cui tutti i direttori debbano attenersi e che prevedano sanzioni in caso di non applicazione.
I GLH (Gruppi di lavoro Handicap) in numerose scuole non si sa neppure che cosa siano e il PEI (Piano Educativo Individualizzato), che prevede la partecipazione di tutti gli “attori” coinvolti per una buona riabilitazione ad ampio raggio (ASL, scuola, servizi sociali, genitori e insegnanti), spesso viene visto come un’inutile pratica burocratica.
E ancora, gli ausili tecnologici, per la postura e la mobilità (computer, sedie, sedie a rotelle, tavoli, sollevatori), necessari durante la permanenza a scuola, non si sa ancora con chiarezza chi li debba fornire e ci sono dei veri e propri “rimpalli di responsabilità” che non fanno altro che accrescere le difficoltà delle famiglie che non hanno la possibilità di avanzare richieste ben definite, non sapendo a chi indirizzarle. Vi sono ad esempio genitori cui è stato chiesto di portare a scuola ogni giorno il seggiolone e il girello da casa…

Ombre di persona in carrozzina spinta da una persona non disabileOppure parliamo degli ospedali, dove viene richiesta per le persone con grave e gravissima disabilità – minorenni o maggiorenni che siano – l’assistenza di un familiare per tutto il periodo del ricovero, giorno e notte, in quanto le strutture ospedaliere non hanno personale sufficiente per assistere queste persone in tutte le loro necessità. E oltretutto questo non è nemmeno previsto dalla legge, cosicché non è rivendicabile dai familiari (nella maggioranza dei casi padri e madri). Né sono previsti benefici assistenziali primari, quali la fornitura gratuita dei pasti, la possibilità di lavarsi e cambiarsi o di lavarsi gli indumenti, né di poter contare su un minimo di sostegno psicologico ed emotivo.
In sostanza, quando si ricovera il proprio figlio, “ci si ricovera in due”, ma il genitore viene considerato come necessario per alleviare la struttura dall’assistenza, una persona, però, che viene totalmente ignorata e che spesso, lasciando altri figli a casa, si porta appresso anche la preoccupazione di questa lontananza che potrebbe avere non indifferenti ripercussione future.

Usciamo dagli ospedali e pensiamo alle case: Niente affitto per le persone con disabilità, ha recentemente titolato proprio questo sito [si legga l’omonimo articolo cliccando qui, N.d.R.] e nemmeno per chi ha figli con disabilità, aggiungo, ciò che ormai è prassi comune in molte regioni italiane. Quindi succede che spesso, chi ha figli disabili, deve acquistare l’alloggio, con le gravi penalizzazioni a livello economico che questo comporta. Non a caso sono frequenti le famiglie in cui almeno un genitore ha dovuto lasciare il lavoro, diventando nuclei monoreddito.
Quasi inesistente, poi, l’assistenza domiciliare alle persone con disabilità, su buona parte del territorio italiano, e dove c’è, i vincoli burocratici e/o di reddito rendono sempre più esiguo il numero dei possibili beneficiari.
Il reddito di inserimento o di mantenimento per chi ha perso il lavoro e ha un figlio con disabilità a carico prevede – dove sia stato attivato – un iter assai complesso e spesso prima dell’erogazione passano dei mesi, senza che nessuno si chieda come queste persone riescano a vivere.
Gli ausili necessari per una vita più agevole negli spostamenti (carrozzine elettroniche con varie funzioni), per una più facile mobilità nelle abitazioni, specie per chi, totalmente non autosufficiente, dev’essere aiutato nelle funzioni anche minime (sollevatori elettrici, sollevatori a soffitto) o per evitare piaghe da decubito (materassi, letti ortopedici), spesso vengono riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale solo in parte e le famiglie devono partecipare in modo anche importante alla spesa. Ma come fare con quei 700 euro al mese di cui sopra, che assommano pensione e indennità?
Infine, le stesse pratiche di riconoscimento di invalidità in molte Regioni – tra cui ad esempio la Calabria e la Sicilia – hanno tempi lunghissimi, con le famiglie che aspettano anche due anni prima di ottenere il decreto con la percentuale riconosciuta.

 Realizzazione grafica di persona in carrozzina cacciata a calciSiamo decisamente un Paese strano. La nostra politica si comporta infatti come se fossimo “ricchi e forti” e così i nostri governanti, dal 2001 ad oggi, non hanno più legiferato a favore di questi cittadini le cui condizioni stanno precipitando nell’indigenza totale.
Non vengono prese in considerazioni le varie richieste di aumento della pensione d’invalidità, per potersi almeno permettere di mangiare tutti i giorni o quelle di prepensionamento per i familiari che assistono persone con grave o gravissima disabilità. Si lavora solo e sempre stanziando cifre anche elevate per costruire nuove RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), senza tenere conto del diritto di ogni cittadino – anche di quello disabile – di poter rimanere nella propria casa, se lo desidera, con un’assistenza efficiente e con gli ausili necessari. Si preferisce quindi – in contrasto con tutti i preamboli delle varie leggi e normative locali, che dichiarano di voler tutelare e appoggiare il più possibile la volontà di rimanere nel proprio ambiente – spendere il denaro per ricoverare queste persone in strutture sociosanitarie, quando costerebbe molto meno anche economicamente mantenerle nella propria abitazione.

Ma quando la politica, quella vera, pulita, onesta e responsabile, tornerà davvero dalla parte dei cittadini, non considerando più queste persone soltanto come dei “pesi sociali” da ignorare, ma come persone a cui la società tutta dovrebbe inchinarsi per la dimostrazione di forza, determinazione e coraggio che ogni giorno dimostrano insieme alle loro famiglie nell’affrontare la nuova giornata?
Attendiamo dunque segnali che ci permettano di cambiare questa visione negativa sull’attenzione riservata alle problematiche nel campo della disabilità.

*Presidente Associazione x disabili gravissimi “Claudia Bottigelli”.

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