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Ognuno merita di vivere con dignità e rispetto

Nel corso di una campagna elettorale per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, succede anche che uno dei candidati si soffermi esplicitamente sulla disabilità e sulle politiche da attuare in questo settore, esprimendo tra l’altro la volontà di procedere – se eletto – ad una rapida ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Lo ha fatto il candidato dei Democratici Barack Obama, in un discorso tenuto nei giorni scorsi in California, che ci è sembrato interessante tradurre e proporre ai nostri lettori. (S.B.)

Il candidato alla Presidenza degli Stati Uniti Barack Obama«Ho imparato cosa voglia dire vivere con una disabilità da mio suocero, Frasier Robinson, al quale venne diagnosticata la sclerosi multipla all’età di trent’anni. Per i successivi venticinque anni, col progressivo aggravarsi della situazione, Frasier si è preso le proprie responsabilità nei confronti della sua famiglia con grande dignità.
È stata mia moglie Michelle a parlarmi delle difficoltà “celate” che la disabilità ha portato nella sua famiglia: un onere di responsabilità in più per sua madre, la difficoltà nel programmare anche l’uscita più semplice per evitare le barriere che avrebbero sicuramente incontrato, l’incertezza del futuro della famiglia stessa.

L’esperienza con Frasier ha rafforzato in me alcune semplici, ma incancellabili lezioni: che dobbiamo cioè costruire un mondo libero da barriere non necessarie, dagli stereotipi e dalla discriminazione. Che le politiche devono essere sviluppate e le culture foggiate in modo tale da far sì che gli edifici e le organizzazioni vengano progettati per assicurare che ciascuno abbia la possibilità di ricevere l’istruzione di cui ha bisogno e vivere in maniera indipendente, godendo dei diritti appartenenti a tutti i cittadini nelle loro comunità. Che tutta la nazione, infine, ha la speciale responsabilità di prendersi cura di coloro i quali non possono vivere per conto proprio. Perché ognuno merita di vivere con dignità e rispetto.

Gli Stati Uniti dovrebbero guidare il mondo verso il raggiungimento di questa visione, ma diciotto anni dopo che il Congresso del nostro Paese ha emanato la Legge American with Disabilities Act (ADA), la leadership americana in questo settore non c’è più e io intendo ristabilirla, a cominciare dalla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
E tuttavia abbiamo anche molto da fare qui, in casa nostra, fornendo innanzitutto alle persone con disabilità degli Stati Uniti l’istruzione scolastica di cui hanno diritto. Per questo sostengo con forza il pieno finanziamento della Legge Individuals with Disabilities Education Act e l’allargamento delle opportunità nei college per gli studenti con disabilità.
Non possiamo però aspettare che i bambini arrivino davanti alle porte dell’edificio scolastico: dobbiamo infatti attuare un monitoraggio su tutti i neonati per avere un quadro completo delle potenziali disabilità e fissare come obiettivo nazionale quello di effettuare un nuovo screening non appena i bimbi abbiano compiuto il secondo anno di età.
Alcune situazioni, infatti, come quelle legate all’autismo, non si manifestano sino ai due anni, per cui il primo screening potrebbe non essere sufficiente. E per andare incontro alle necessità del crescente numero di americani con problemi di autismo, dobbiamo utilizzare un approccio onnicomprensivo che includa non solo il citato monitoraggio, ma anche interventi tempestivi, la ricerca e servizi educativi.

Inoltre, dobbiamo mettere fine alla discriminazione sul posto di lavoro, ciò contro cui ho combattuto da avvocato per i diritti civili.
Io sostengo con forza la Legge ADA Restoration Act, per rovesciare quelle decisioni della Corte Suprema che, sbagliando, hanno sostanzialmente limitato l’applicazione di quel fondamentale testo – l’ADA appunto – approvato nel 1990.
Se poi vogliamo seriamente avvicinare al lavoro il maggior numero possibile di cittadini americani con disabilità, dobbiamo fissare per legge l’universalità delle cure sanitarie, che è quello che intendo realizzare. E con il crescente numero di veterani che tornano dalla guerra con disturbi di vario genere – dallo stress da combattimento a lesioni traumatiche più o meno gravi – dobbiamo assicurare che stiamo fornendo le risorse adeguate per rispondere alle loro esigenze.

Infine, dobbiamo sostenere i percorsi di vita indipendente basati sulla comunità per chiunque faccia questa scelta. Per questo sono orgoglioso di sostenere le leggi denominate Community Choice Act [norma del 2007 che legifera sulle comunità di persone con disabilità, N.d.R.] e CLASS Act [CLASS sta per Community Living Assistance Services and Supports. Si tratta di un provvedimento che si occupa di assistenza, servizi e sostegno per la vita in comunità delle persone con disabilità, N.d.R.] ed è per questo che se sarò eletto presidente, farò in modo di allargare l’accesso alle cosiddette “tecnologie assistive”. Insieme possiamo costruire un mondo giusto e inclusivo per tutti [grassetti nostri, N.d.R.]».

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