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Per capire l’autismo

Bambino biondo con problemi di autismoPer capire l’autismo bisogna iniziare il viaggio col comprendere se stessi, perché l’amarsi e l’accettarsi hanno a che fare esattamente con questo.
Se riusciamo infatti a toglierci le paure e i dubbi che in una certa misura incontriamo, incominciamo ad avere fiducia in noi stessi e solo allora saremo pronti per andare incontro ai bambini con autismo, in quel loro mondo elementare ma sconosciuto, nel quale forse per paura o per sentirsi più al sicuro, essi si sono rifugiati. Forse per sfuggire al continuo accumularsi di stress dovuto a una cattiva gestione o al continuo “trattare” con un mondo che non vuole capire, ma vuole insegnare a camminare diritto, invece di togliere il peso necessario, per arrivare a un loro recupero.

L’incomprensione è diventata per questi bambini una vera e propria “tortura” e un ottimo metodo per aumentare la frustrazione, che spesso è alla base di quei comportamenti problematici che vengono percepiti come “incomprensibili” e privi di un’apparente causa scatenante.
Questi bambini non percepiscono il mondo attraverso le parole e i gesti, ma si affidano alla loro spiccata ipersensibilità emotiva, con la quale riescono a leggere il nostro stato più profondo, per cui noi – per loro – siamo come dei “libri aperti”. Un’ipersensibilità, però, che non consente di distinguere se un nostro turbamento ha a che fare con loro oppure no, cosicché anche se un nostro modo di fare ci può sembrare chiaro nei loro confronti, la loro interpretazione degli atti può produrre l’effetto contrario e portarli a considerarli come ostili.
Hanno la percezione che c’è qualcosa che non va e il comportamento del nostro corpo lo dimostra. Il corpo rigido, le espressioni facciali tirate, gli ormoni e anche l’odore della pelle inviano segnali negativi, che vengono percepiti come un pericolo, o come un voler “invadere il loro corpo”, l’unico “regno” in cui riescono a trovare un rifugio sicuro.

Ecco perché molte volte è impossibile trattare e comunicare con loro. Un genitore può scuotere o rimproverare il figlio senza che questo ne abbia paura, ma i bambini autistici, che non distinguono queste azioni, possono ritirarsi dalla paura oppure esprimere la loro rabbia.
La rabbia e il disagio di questi bambini non sono la causa del problema, ma il risultato di una cattiva comunicazione. Anche nella strategia per ottenere/rifiutare, un bambino “normale” può colpirsi, pigliandosi a schiaffi e a pugni, ma quando il genitore gli ordina di smettere – visto che l’effetto desiderato non è stato ottenuto – smetterà e adotterà un altro comportamento; il bambino autistico, invece, quando il genitore gli ordina di smettere, non lo può fare, perché non sa di avere un’alternativa e perciò si picchierà sempre più forte finché non verrà trattenuto.

È faticoso per loro trovare canali giusti di comunicazione, ma nessuno prenderebbe nemmeno in considerazione l’idea di farlo né di cercare gli strumenti, se non ci si aspettasse che questi bambini potessero essere in grado di comunicare con noi.
Trovano difficoltà nel contatto perché troppo spesso vi è un contrasto con le parole e con i gesti. Per loro è come ascoltare, contemporaneamente, voci sovrapposte che, pur provenendo dalla stessa persona, molte volte sono “contrastanti”. Risulta loro difficile mostrare la propria identità, non riescono a capirci, sono disorientati dal nostro modo di vivere, dove l’unica vita possibile è quella sopra a un “palcoscenico”, dove non si può essere se stessi.
E questo è inconcepibile per loro che, invece, non sanno cosa sia la falsità o la convenienza e soprattutto non sono disposti a vivere il contatto con il nostro mondo, al costo di perdere la capacità di pensare o agire senza la propria espressività intenzionale.

Sono bambini “speciali” e come tali richiedono un mondo speciale, un mondo che sappia far dimenticar loro l’amore e l’attrazione che hanno per il grembo autistico.

*Genitore.

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