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Uscire con un respiratore

Oriella Orazi, Vortice di vitaSovente nei portatori di handicap colpiti da una malattia neuromuscolare compare un deficit respiratorio abbastanza grave, ma che per fortuna – soprattutto negli ultimi anni – si può contenere mediante apparecchiature di ventilazione meccanica assistita: ovvero con l’utilizzo di un respiratore automatico.
Certe volte da questi strumenti sì è quasi o del tutto dipendenti, non solo durante il sonno, ma anche quando si è svegli, poiché da soli diventa faticoso respirare e di conseguenza vivere, svolgendo serenamente le comuni azioni giornaliere.
Quando dunque occorre l’uso di una macchina per la propria sopravvivenza, la qualità della vita di un malato è fortemente influenzata da questo supporto tecnologico che può costringere a ridimensionare anche la propria vita sociale: ad esempio è più complesso uscire di casa per andare da qualche parte portandosi dietro l’apparecchio.

Vivere come prima
Personalmente ho sempre cercato di limitare questa condizione fin da quando, nel 1991, mi fu praticata una tracheostomia a causa dell’amiotrofia spinale che colpì seriamente i miei muscoli respiratori. Da allora ho utilizzato sempre di più un ventilatore meccanico che da qualche anno mi accompagna in uscite di vario genere, comprese quello dello “svago totale”.
Ritengo pertanto che non si debba assolutamente limitare la propria autonomia a causa degli strumenti di supporto necessari, ma che questi debbano essere utili al fine di trascorrere i giorni nel modo più simile al periodo in cui non li si utilizzava, altrimenti il valore della cura ha meno importanza e tutto diventa più triste e meno sopportabile.

Un rilevante beneficio
Per poter trascorrere fuori casa delle ore serene, è necessario star bene e sentirsi sicuri e quindi, per chi ha dei problemi respiratori, è importante potersi ventilare perfettamente durante una passeggiata, una cena, una serata al cinema o altro, ciò che è possibile avendo con sé il proprio respiratore, meglio se costantemente collegato e acceso.
Apparentemente questo può sembrare sconveniente o stancante e forse qualcuno potrà farvi credere che è anche tanto pericoloso, ma se si è in uno stato generale buono, si guadagna senza dubbio un rilevante beneficio psicofisico. Io riesco così a passare anche quasi un’intera giornata a spasso, muovendomi su una carrozzina sotto la quale è fissato il ventilatore e con gli amici fidati posso recarmi in ogni luogo.
Riesco in questo modo ad essere davvero più libero, a divertirmi e a socializzare normalmente. Inoltre convinco parecchie persone di come ci si possa distrarre nonostante alcuni problemi e l’uso di ausili che potrebbero sembrare spaventosi, ma in realtà non lo sono affatto.
_nuove_/Ventilazione meccanica 3.jpgTramite questi supporti, infatti, posso assicurare che l’insufficienza respiratoria non mi disturba per niente, perché grazie alla ventilazione assistita non affatico i muscoli e i valori di ossigenazione del sangue restano buoni, mentre il tempo scorre leggero e gioioso. Posso naturalmente svolgere i normali gesti come mangiare e bere, oltre che parlare, e tutto questo con un po’ di adattamento diventa davvero automatico.

Alcuni piccoli imprevisti
Ovviamente, per compiere determinate uscite, è importante organizzarsi a dovere e tener presente alcuni problemi non trascurabili, dato che all’esterno della propria abitazione non vi sono sempre gli strumenti utili per affrontare ogni situazione. Occorre pertanto avere a fianco persone che siano abbastanza addestrate nel risolvere almeno piccoli imprevisti.
Per chi è tracheostomizzato, ad esempio, può capitare di avere delle secrezioni in trachea da aspirare e perciò è utile disporre sempre di un broncoaspiratore portatile e di qualche sondino. Oppure può succedere che si stacchi il tubo collegato alla cannula tracheale a causa di spostamenti o vibrazioni e quindi, appena suona l’allarme, basta ricollegare il raccordo e si continua.
Altro problema, pur poco probabile, è che la macchina si blocchi come per ogni strumento elettronico. È dunque tranquillizzante disporre anche di un pallone ambu, nel caso si sia totalmente dipendenti dal respiratore, ma senza farsi prendere inutilmente dal panico: tutto, infatti, si sistema senza grossi ostacoli [il pallone ambu è un’apparecchiatura che funziona come un piccolo mantice; è composta da un pallone che si schiaccia manualmente e determina la fuoriuscita di aria attraverso un’apposita valvola posta su una mascherina simile a quelle che servono per irrorare l’ossigeno, N.d.R.].

I progressi della tecnologia
Dopo quanto detto, probabilmente si potrà pensare che i rischi siano troppi e che la preparazione infermieristica necessaria ad accompagnare una persona in questa condizione sia altissima. Posso però assicurarvi che basta l’amicizia e poche buone istruzioni semplici per essere all’altezza.
Fortunatamente la tecnologia medica negli ultimi anni ha permesso di disporre di strumenti migliori e più facilmente trasportabili. Già questo, dunque, dovrebbe essere un incentivo ad usufruire di tali apparecchi anche per condurre una vita di maggiore qualità. A differenza infatti dei tempi in cui venivano usati solo respiratori ingombranti, rumorosi e pesanti, che di solito si adoperavano esclusivamente nei reparti di rianimazione, oggi è possibile ottenere – mediante un’attenta prescrizione medica – un ventilatore polmonare dalle dimensioni e dal peso ridotti, adatto ad una semplice trasportabilità e che normalmente si aggancia sulle carrozzine ortopediche aggiungendo un piccolo ripiano.
 0Inoltre, tanti modelli hanno una minima rumorosità e si possono quindi portare anche in luoghi dov’è richiesto il silenzio, senza la preoccupazione di disturbare alcuno.
1Un’altra caratteristica assai importante è l’autonomia dell’alimentazione elettrica, dato che all’esterno non ci si può collegare facilmente ad una presa di corrente e perciò alcuni modelli ben fatti sono muniti di batteria interna e sono predisposti per collegamenti a batterie esterne ricaricabili o addirittura si possono alimentare attraverso la presa accendisigari a 12 volt delle automobili.

Da valutare insieme ai pazienti
Nella mia esperienza adopero da qualche anno un ventilatore polmonare a pressione positiva che si chiama Eole 3 XLS, distribuito dalla Vivisol Italia, che senza voler fare pubblicità, penso sia proprio un buon apparecchio, soprattutto per la sua affidabilità unita ad un’ottima maneggevolezza.
Posso constatare ciò perché l’ho ben collaudato in molti ambienti e situazioni: al freddo con la neve, sotto il sole estivo, in giro per la città, su un motoscafo, nei locali di ogni tipo e così via, e ha funzionato sempre bene. Inoltre, con la sua batteria esterna incorporabile al bisogno, mi garantisce un’autonomia di oltre dieci ore.
Ovviamente ognuno ha necessità e bisogni diversi e senza dubbio di miglioramenti tecnici ce ne saranno sempre da fare, come ad esempio il funzionamento dell’umidificatore incorporato che non è disponibile con la corrente continua, oppure il peso delle batterie che andrebbe contenuto al massimo, ma sono davvero dettagli minimi, considerando l’ottima funzionalità che questo apparecchio offre.
Sarebbe perciò utile che i costruttori tenessero presenti tali caratteristiche, in fase di design, ma ancor più che i medici prescrittori valutassero le migliori possibilità insieme ai pazienti che non possono conoscere i dettagli tecnici dei prodotti disponibili.

Le paure da superare
Un altro aspetto senza dubbio migliorabile è quello legato alla mancanza di personale paramedico qualificato che possa essere impiegato nella mobilità di un paziente. Quest’ultimo, infatti, spesso può apparire “grave” e “allettato” solo perché necessita di una respirazione assistita, ma in realtà potrebbe trascorrere momenti assai migliori con l’aiuto della tecnologia, di persone capaci e cercando anche di trascurare le proprie paure inutili. E tuttavia questo è un argomento complesso su cui certamente riflettere a lungo.
Nel frattempo, quindi, organizziamo pure le nostre belle uscite muniti – purtroppo o per fortuna – di un buon respiratore. Per ogni parere o scambio d’opinione scrivetemi pure (torecam@tin.it).

*Socio della UILDM di Varese (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Testo già apparso nel numero 161 di «DM», periodico nazionale della UILDM, e qui ripreso per gentile concessione.

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