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Può una scuola inclusiva essere anche meritocratica?

Negli anni Sessanta, don Milani criticò duramente la scuola elitaria di allora, con la sua «Lettera ad una professoressa»La contestazione studentesca del Sessantotto ci fece passare da una scuola di tipo elitario – radicalmente criticata da don Milani nella sua Lettera ad una professoressa – ad una scuola inclusiva, in grado cioè di accogliere quanti venivano dai ceti proletari, dalle campagne, dall’emigrazione del Sud o da ambienti emarginanti, come gli alunni con disabilità.
Oggi, invece, l’attuale movimento studentesco tende – a mio avviso – ad una scuola meritocratica, in cui cioè le capacità di chiunque possano essere valorizzate e riconosciute, anche se non si appartiene ai ceti più ricchi.

A questo punto, essendo uno di quelli che a partire dal Sessantotto si sono battuti per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, mi chiedo se sia possibile per una scuola inclusiva – come sino ad oggi è stata la nostra – essere anche una scuola meritocratica, senza perdere il carattere dell’inclusione.
Il problema non è di poco conto, anche perché il dibattito su questo versante è stato quasi assente, essendosi solo discusso dei tagli o meno al numero degli insegnanti per il sostegno, che non sono l’unica e neppure la più importante condizione per garantire il perdurare dell’inclusione.
Perché la scuola sia inclusiva, infatti, oltre ad insegnanti seriamente preparati per il sostegno, occorrono anche docenti curricolari formati fin dall’inizio e poi aggiornati continuamente in servizio per la presa in carico del progetto di integrazione degli alunni con disabilità con i compagni non disabili. E per far questo – vale la pena ribadirlo una volta ancora – occorrono classi non troppo numerose, mentre l’orientamento governativo è di segno diverso.
Occorrono inoltre collaboratori e collaboratrici scolastiche per l’assistenza igienica degli alunni con disabilità, come stabilisce il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, mentre il Governo sta riducendo il numero di questo personale, con gravi rischi per lo svolgimento di tale servizio e il doveroso rispetto per il genere degli e delle alunne.
E ancora, per una corretta inclusione occorrono trasporti gratuiti, ausili e sussidi specifici e assistenti per l’autonomia e la comunicazione, come espressamente previsto dalla normativa vigente, mentre il Governo sta tagliando fondi agli Enti Locali che debbono fornire questi servizi.
Per un’inclusione di qualità, infine, servono accordi fra Enti Locali, ASL e scuole, in modo da ridurre i costi e gli sprechi e meglio coordinare e rendere efficienti ed efficaci i diversi servizi, mentre il Governo non ha ancora neppure preso in considerazione l’Intesa Stato-Regioni sottoscritta il 20 marzo 2008 da tutte le Regioni – comprese quelle rette dal Centrodestra – sulla qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, che ormai in Italia hanno raggiunto quasi le 200.000 unità, senza parlare di tutti quegli altri alunni con difficoltà di apprendimento, non certificabili come disabili, che sono almeno il triplo e per i quali mai sono state approntate risorse stabili sufficienti, ad eccezione di quanto fatto dalla Provincia Autonoma di Trento con la Legge Provinciale 5/06, mentre il Governo è deciso a tagliare sulla scuola pubblica.

Ragazza con disabilità insieme a compagne di scuolaSe dunque la scuola vuole continuare ad essere inclusiva – diventando pure meritocratica – deve garantire la qualità dell’integrazione scolastica, anche tramite l’individuazione di “indicatori” che elevino la qualità di tutto il sistema di cui l’inclusione è ormai parte inscindibilmente integrante.
E tuttavia né il precedente ministro dell’Istruzione né quello attuale si sono peritati di utilizzare i risultati di un’importante indagine svolta dall’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione), per conto dello stesso Ministero, i cui dati, riguardanti il 64% delle scuole italiane, sono stati resi noti alla fine del 2006 [a tale ricerca il nostro sito ha dedicato a suo tempo un’ampia analisi, disponibile cliccando qui, N.d.R.].
In tale indagine sono stati individuati tre gruppi di “indicatori di qualità” dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità: indicatori strutturali, cioè fatti che debbono essere realizzati prima ancora che gli alunni inizino la frequenza di quel determinato anno scolastico, come ad esempio la composizione delle classi, l’eliminazione delle barriere architettoniche e sensopercettive, la nomina degli insegnanti per il sostegno ecc.; indicatori di processo, cioè l’accoglienza in classe dell’alunno, la formulazione definitiva del Piano Educativo Personalizzato ad opera di tutti gli operatori scolastici, extrascolastici e della famiglia, l’aggiornamento in servizio di tutti i docenti curricolari ecc.; indicatori di risultato, cioè quali strumenti valutativi vengono utilizzati (prove equipollenti) e quali sono gli obiettivi raggiunti (apprendimenti, comunicazione intersoggettiva, socializzazione e scambi relazionali).

Nella logica di concorrenza fra scuole che sembra profilarsi, sarà indispensabile inserire questi indicatori fra quelli necessari a misurare la qualità di tutto il sistema dell’istruzione. Ciò farà sì che una scuola venga valutata mediamente anche per il livello di qualità raggiunto nell’inclusione, potendosi così vedere innalzata o abbassata la media del punteggio complessivo raggiunto.
In mancanza di ciò, invece, si verificherà una concorrenza “ad escludere” gli alunni con disabilità, poiché è indubbio che la loro presenza – oltre ad essere certamente una risorsa educativa e civica per tutti i compagni – costituisca un aggravio di costi economici, organizzativi e di tempo per la singola scuola.
Se pertanto gli sforzi per rendere sempre migliore la qualità dell’inclusione non verranno visti nel complesso della valutazione di tutta la scuola, le scuole che realizzano una buona qualità verranno penalizzate.
Dobbiamo quindi insistere per far sì che il Ministero dell’Istruzione riprenda in mano quella ricerca dell’INVALSI e porti a soluzione questo problema, pena una dequalificazione dell’inclusione che anche se continuata a parole, nei fatti verrà abbandonata e ripudiata.

*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Sempre di Salvatore Nocera, in questo stesso sito e su questioni vicine e complementari a quelle trattate nel presente testo, suggeriamo la lettura di
L’attuale «onda» studentesca e il Sessantotto, disponibile cliccando qui.

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