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Qualcosa si può fare, ognuno la può fare*

Franco BomprezziCarissimi amici disabili, oggi scrivo a voi, cioè anche a me, perché dovremmo festeggiare, visto che è il 3 dicembre, e l’ONU da anni dedica questa giornata ai diritti delle persone con disabilità.
Ho capito, non avete molta voglia di festeggiare, posso capire. La pensione d’invalidità è una miseria, i servizi si pagano sempre di più, il lavoro scarseggia, i trasporti sono spesso inaccessibili – esattamente come venti anni fa, forse peggio – a scuola mancano gli insegnanti di sostegno, al Sud si sta decisamente peggio che al Nord pur essendo tutti cittadini italiani, il futuro è incerto, le famiglie si sentono spesso lasciate da sole, il servizio civile non è più finanziato – almeno una volta c’erano gli obiettori – la social card non fa per voi, a meno che non siate dei clochard, e potrei continuare l’elenco…

Oggi finalmente i giornali si accorgono che esiste la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, solo perché il Vaticano ha confermato che non la firma perché non vi viene esplicitamente negato il diritto ad abortire in presenza di gravi malformazioni.
Fino a ieri nessuno ne aveva parlato, neppure di striscio, eppure riguarda 650 milioni di cittadini nel mondo e almeno 3 milioni di italiani. La Convenzione è importante, invece. Molto importante: è la nostra vera “social card”, perché contiene, punto per punto, i nostri diritti fondamentali. Cerchiamo di leggerla, di conoscerla, di diffonderla, di farla adottare dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni, perché poi possiamo chiedere la coerenza fra le parole e i fatti.
Il Governo finalmente l’ha approvata e il Parlamento la deve solo ratificare. Chissà se e quando, con questi chiari di luna.

Però, cari amici, guai perdersi d’animo. Io lotto da una vita, perché la vita mi ha regalato la disabilità subito, dal primo giorno, e ora ho 56 anni. Penso ai giovani, ai ragazzi e alle ragazze che potrebbero raccogliere il testimone e cercare di cambiare il mondo, con allegria, ironia, entusiasmo, rabbia, insolenza. Qualcosa si può fare, ognuno di noi la può fare.
Ma soprattutto, cari amici disabili, permettetemi di parlare un attimo agli altri, a quelli che non hanno problemi o credono di non averli: guardate che la disabilità vi riguarda, vi tocca da vicino, tutti i giorni, in famiglia, al lavoro, per strada, nella vostra esistenza, perché comunque si invecchia e ci si ammala (non voglio portare sfortuna, credetemi…). Se anche non volete essere buoni, e non ci riuscite, siate almeno tutti un po’ più egoisti e costruite insieme a noi una società più solidale, più accogliente, più giusta, con meno discriminazioni. Insieme si può.

*Per gentile concessione di «Affari Italiani».

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