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La terza nazione del mondo

La copertina del libro di Matteo Schianchi, «La terza nazione del mondo»Non è certo un “libro d’occasione”, scritto sulla scia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, La terza nazione del mondo, di Matteo Schianchi, laureato in storia contemporanea e già ricercatore presso la Scuola di Alti Studi in Scienze Sociali a Parigi, oltre che componente della Nazionale Italiana di Sport Disabili che ha partecipato agli Europei e ai Mondiali di nuoto. Si tratta invece di una sentita e utile ricognizione sulla disabilità – condizione che l’Autore vive in prima persona – con lo sguardo rivolto sia al passato che al presente.

Partendo da un titolo “provocatorio” al punto giusto – che è per altro la fotografia oggettiva della realtà esistente –  l’opera prende le mosse da uno dei personaggi disabili che più hanno fatto parlare in questi tempi, come l’atleta sudafricano Oscar Pistorius, per risalire poi nel tempo e ampliare lo sguardo alla situazione di quei 650 milioni di persone che oggi costituirebbero appunto la “nazione più popolata del mondo”, dopo la Cina e l’India.
«Sono oltre il 10 per cento della popolazione globale – scrive Schianchi – e in Italia sono circa 6 milioni, la seconda “regione” dopo la Lombardia. Sono le vittime di malattie congenite o acquisite, di traumi psichici, di incidenti sul lavoro e stradali, di tumori. Ma l’handicap non solo coinvolge molte persone: esso riguarda tutti, poiché le sue cause stanno nei rischi, nelle fatalità, nelle casualità cui sono soggette le nostre esistenze e quindi, proprio perché la temiamo, rifiutiamo la disabilità, la sua vista ci disturba e ci inquieta».

Particolarmente interessante la prospettiva di osservaziona adottata da Schianchi che guarda alla “visione dell’handicap”. «Non esiste handicap senza sguardo sull’handicap – scrive infatti – e questo sguardo è pieno di rifituo, pregiudizi, pietismo provati dai “normali” sui disabili e dai disabili su se stessi: qui si creano e si alimentano il rifiuto e l’emarginazione, uno sguardo stigmatizzante che in realtà ha profonde radici psicologiche e culturali».
Ed è proprio queste “radici” che l’Autore cerca di mettere in luce, senza mai dimenticare che attorno vi è «uno stato sociale ancora insufficiente, nella prevenzione e nelle risposte alle forme di handicap», che «dovrebbe rifarsi alla recente dichiarazione ONU dei diritti dei disabili, non ancora ratificata dall’Italia»: politiche tuttora centrate sull’assistenzialismo, barriere, risorse insufficienti, leggi parzialmente applicate, niente strumenti psicologici per affrontare i vari traumi. «Sono questi i deficit – conclude Schianchi nell’introduzione al suo libro – che contribuiscono a sommergere i disabili nelle difficoltà quotidiane, nelle solitudini, nelle forme di povertà, in vite completamente sacrificate all’handicap».

Temi, dunque, non certo nuovi per chi frequenta abitualmente le nostre colonne o per chi vi scrive, ma che riuniti in un saggio diventano assai utili per “fare il punto” della situazione e fornire ulteriori elementi di discussione, da affiancare come ideale base di partenza agli approfondimenti sui temi che vi vengono trattati.
Assai lucida, poi, è anche la “proposta finale”, quando si scrive: «È meglio rendersi conto che ancora oggi l’integrazione è molto lontana perché i dispositivi adottati sono insufficienti e non fanno sistema. Non basta far consumare di più i disabili, né parlare di più di handicap per modificare automaticamente la realtà e il senso comune. Si può invece pensare che alcuni aspetti dell’integrazione delle persone disabili siano già possibili. Passano per radicali forme di prevenzione tese  diminuire le fonti dell’handicap. Passano per il passaggio da politiche assistenzialiste a politiche che mettono al centro i soggetti e le loro relazioni, come proposto dalla Convenzione ONU. Passano per la messa a disposizione di ausili tecnologici adeguati, per la fornitura di servizi pertinenti. Passano per la gestione psicosociale del trauma dell’handicap. Passano per l’eliminazione delle barriere architettoniche nei luoghi e nei mezzi di trasporto, nell’inclusione reale nelle dimensioni del lavoro e nella scuola. Passano per la costruzione di saperi scientifici e per la formulazione di competenze e linguaggi capaci di costruire una cultura dell’handicap. È il “programma minimo”. Ma solo da qui si possono cominciare a gettare le basi per l’integrazione dell’handicap e dei suoi portatori, così diversi ma non inferiori e così profondamente parte integrante della condizione umana e della vita nella nostra società».

Un libro, dunque, da consigliare a tutti, impreziosito tra l’altro da una sitografia finale, che segnala i principali spazi web italiani dedicati alla disabilità e da alcuni passaggi letterari o cinematografici particolarmente azzeccati, proposti come epigrafi all’inizio di ogni capitolo. Per tutti la citazione dal Padiglione d’Oro, capolavoro del celebre scrittore giapponese Yukio Mishima: «I minorati fisici hanno la stessa bellezza delle donne avvenenti. Gli uni e le altre sono stanchi d’essere guardati, sono sopraffatti e nauseati da un’esistenza trascorsa nella continua curiosità altrui, e reagiscono chiudendosi in se stessi».

Da segnalare, in conclusione, che dopo la presentazione di Milano del 10 febbraio, La terza nazione del mondo sarà al centro anche di un inconro a Roma (giovedì 19 febbraio, Libreria Feltrinelli, Via Vittorio Emanuele Orlando, 78/81), alla presenza di Pietro Barbieri, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Matteo Schianchi, La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà, Milano, Feltrinelli, 2009 (Serie Bianca), 176 pagine, 14 euro (in libreria dal 15 gennaio 2009).

Indice: Introduzione – 1. Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare – 2. La fatica di essere disabili – 3. Dis-integrati – 4. Tira fuori il mostro che c’è in te – 5. La mostra delle atrocità – 6. Prigionieri della civiltà. Una storia per sommi capi della disabilità – 7. Effetto collaterale e risposte insufficienti – 8. La barriera culturale – 9. Umano, troppo umano – Sitografia – Note.

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