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E se provassimo con un “Premio per la Vita Indipendente”?

Foto in bianco e nero con mano aperta in primo piano e sullo sfondo volto di personaForse bisogna fare così. Istituire un grande premio nazionale, con una giuria zeppa di nomi famosi, e un budget milionario (in euro) a disposizione. E poi tutti i giornali pronti a scrivere pagine e pagine, e le tivù con le troupe schierate nella giornata della consegna dei riconoscimenti. Un premio a tutti coloro che chiedono in modo serio e responsabile un piccolo finanziamento pubblico per la “vita indipendente”: ossia persone con disabilità che non si rassegnano a vivere inattive, ma vogliono restare nella propria casa e, con l’aiuto di un assistente personale, essere libere di muoversi, lavorare, studiare, svolgere attività normali, come tutti. I soldi per i grandi premi, infatti, spesso ci sono, e le istituzioni non si preoccupano neppure di controllare come vengono spesi, fino a quando non interviene la Magistratura. I soldi per la vita indipendente delle persone con disabilità invece no, non ci sono, non si trovano, nessuno se ne occupa davvero.

È questa l’amara riflessione che porto all’attenzione dei Lettori, dopo essere venuto a conoscenza, su facebook, della lettera aperta di Gabriella Fogli, una persona con disabilità di Asti, provincia piemontese.
Gabriella scrive a Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, partendo dal recente scandalo del Premio Letterario “Grinzane Cavour”. Leggiamo: «Domando cinquemila euro per poter pagare un’assistente che mi aiuti a lavarmi, a vestirmi, a tenere la casa ordinata e che mi permetta di mantenere i contatti con tutte le associazioni di cui sono parte e responsabile, di poter continuare con le mie ricerche storiche sul Monferrato e su cui ho già scritto diversi articoli, â?¬ 5.000 che andrebbero ad aggiungersi a quelli già stanziati dal Comune di Asti, con una parte di fondi regionali, ma che non bastano per poter assumere questa assistente e metterla in regola.
Cara Presidente Bresso, voglio pensare che il suo cuore non sia completamente indurito dal potere che, stando a questo ultimo scandalo, non le rende molto onore, ma è evidente che se Lei è la Responsabile della Regione, certamente non può aver agito e deciso da sola. Che cosa hanno guardato i revisori dei conti? Non si sono domandati come mai queste fatture erano così sproporzionate? Ad ogni modo Le chiedo un atto di umanità… trovi, reperisca questi soldi, non continui a raccontarmi la favola che non si può fare, perché dovrei risponderle, carta alla mano, che si è fatto ben altro».

Gabriella Fogli è indignata e spiega perché: «Perché agli stessi politici-amministratori della Regione sto domandando da tempo â?¬ 5.000,00 a saldo di un progetto Vita Indipendente che inizialmente era di â?¬ 10.000,00, fatto poi decurtare della metà per mancanza di fondi dalle Assistenti Sociali del Comune di Asti, in quanto non bastavano i finanziamenti regionali. Ho domandato in Regione, ed ovviamente mi è stato risposto che l’Assessorato ai Servizi Sociali non ha più fondi, il Comune non ha più fondi, l’Assessorato alla Sanità non è quello competente e quindi la risposta è stata NO su tutti i fronti.
Ebbene, cari signori, sono indignata per ciò che ora leggo: i fondi per finanziare le cene e gli hotel da favola del Sig. Soria li avevate, milioni di euro, ma in regione dicono: scelte politiche, sono le scelte politiche quelle che definiscono quanto stanziare e quanto no. Non solo… sono stata gentilmente invitata a non scrivere più, perchè tanto una mail lascia il tempo che trova.
Cosa volete che sia una disabile di Asti, che non è nessuno… quando leggo quelle cifre mi si stringe lo stomaco, mi assale il senso di impotenza perché il mio parlare è una voce persa nel mare dell’indifferenza da parte di chi ci dovrebbe tutelare ed invece ha tutelato ben altri interessi».

Questa lettera è probabilmente una goccia nel mare delle richieste di welfare ogni giorno inevase nel nostro Paese, non solo in Piemonte, ma ovunque. Ma a me pare che colga un punto nevralgico del nostro momento politico ed economico: quello cioè delle “scelte politiche”.
Come si deve orientare la spesa pubblica in tempi come questi? Come si può orientarla correttamente, a parità di risorse? Occorre una visione d’insieme, che dia la precedenza a chi è più fragile, a chi si muove correttamente in una prospettiva di cittadinanza attiva, positiva, solidale. In altri termini: la riduzione della spesa pubblica deve essere l’occasione per una svolta profonda, convinta, visibile.
Intanto non sarebbe male se ad Asti trovassero i cinquemila euro per la vita indipendente di Gabriella. Chiedo troppo?

*Testo già apparso in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog (con il titolo Il premio “Vita indipendente”) e qui ripreso per gentile concessione.

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