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Ci affidiamo alla bontà d’animo?

Bimba con disabilità a scuola, insieme a insegnante di sostegnoL’accoglienza del “diverso” deve nascere principalmente da una volontà interiore, non può essere imposta per legge. Non è possibile imporre la cultura dell’handicap per legge; anzi, è quanto mai opportuno, invece, lavorare dall’interno, sensibilizzando studenti, docenti e dirigenti scolastici “normodotati”.
Questo, però, non vuole dire che la legge debba tenersi alla larga, anzi! Se è vero che non si può imporre una cultura, è altrettanto vero che non si può affidare alla bontà d’animo ciò che è un diritto delle persone con disabilità. La “bontà d’animo” è importante, ma quando si tratta dei diritti dello studente, è lo Stato che si deve muovere, non ipotizzando soluzioni future, ma affrontando e risolvendo i problemi esistenti, “sporcandosi le mani” nella realtà, per rendere funzionali ora le risorse informative e didattiche, perché è ora che le persone ne hanno bisogno.

A tutt’oggi le ASL, la Scuola e la Riabilitazione lavorano in piena autonomia, salvo che per un piccolo spazio, per il disbrigo di pratiche formali. Mai, insomma, che nessuna parte “superi il confine altrui”. Forse non sanno comunicare? Oppure sanno “solo” dire che va tutto bene e che ciascuno ha fatto la propria parte, ma quando si tratta di concretizzare, di costruire insieme, è tanto difficile… Ma è così difficile costruire un raccordo tra le parti? A questo punto ci si chiede: «Chi è il garante che dovrebbe regolare tutto ciò?». L’imperativo è: “Dobbiamo andare avanti!”, ma avanti dove? Dobbiamo davvero “correre” a scuola? Siamo sicuri che sia questa la strategia migliore? Dobbiamo per forza assecondare una società che ci impone la fretta a tutti i costi? Che ci impone di “non perdere tempo a parlare”, di “sbrigare ad ogni costo il programma”, ciò che sembra costituire uno dei principali motivi d’ansia dei nostri insegnanti…

A tal proposito ci sarebbe molto da riflettere, ad esempio su come individuare alcuni princìpi-guida per la progettazione intorno a un’idea forte, al raccordo del PEI [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.] con la programmazione di classe, alla ricerca di strategie di facilitazione, alle tecnologie informatiche, al coinvolgimento delle famiglie.
L’opzione “persona disabile” richiama costruttivamente alla valorizzazione e alla costruzione di abilità. L’inserimento dei disabili a scuola – se lo si guarda con interesse professionale – deve portare a seguire l’alunno “da molto vicino”. Dovrebbe trattarsi, in altre parole, di un’azione complementare al gestire una classe, contribuendo a variare la diversità in “normalità”. La prossimità al singolo, infatti, permette di cogliere le modalità di apprendimento e le loro problematiche.
Nella fase iniziale i ragazzi erano inseriti solo là dove gli insegnanti erano disponibili, mentre ora l’inserimento è “normale”. E tuttavia sono ancora in pochi a condividerne la responsabilità, questo, purtroppo, è il dato culturale e sociale di oggi.

*Genitore.

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