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Non si va a Tivoli per andare in bagno!

Una cascatella della meravigliosa - ma non accessibile - Villa Gregoriana di TivoliQualche domenica fa, vincendo quell’afa tremenda che stordisce e rende evanescenti i contorni delle cose, ho scelto di trascorrere una giornata di “faticoso svago” nel parco di Villa Gregoriana a Tivoli (Roma), preferendo alla fila interminabile di macchine votate all’assalto di spiagge affollate, un percorso meno caotico e più fresco per ritemprare corpo e spirito (o almeno così pensavo…). Pregustando dunque una passeggiata serena, mi abbandonavo già all’idea di una “scorpacciata” di angoli suggestivi immersi in una Natura che sa raccontare la Storia e lo sa fare bene, consegnandoci un patrimonio da difendere, da amare e da condividere.
Con il FAI [Fondo per l’Ambiente Italiano, N.d.R.] come garante per il rispetto della natura, della cultura, dell’arte, dell’uomo in generale e dei suoi valori, sono partita quindi con slancio e leggerezza, convinta di non dover ribadire concetti elementari di uguaglianza, dignità e diritti sacrosanti anche lì. Non si può vivere continuamente con lo “spauracchio” delle discriminazioni ed è per questo che non mi ero informata prima (come di solito faccio) sull’accessibilità della struttura, concedendomi il “lusso” e la speranza di dare per certo ciò che purtroppo ancora certo non è: la parità di ogni persona in ogni contesto…
Con grande rammarico, ho dovuto invece constatare che il parco di Villa Gregoriana non solo non è attrezzato per una carrozzina, ma che al suo interno non è previsto praticamente nulla: nessun cartello, nessun simbolo, nessuna freccia, nessuna parola che informi o che giustifichi tanta mancanza… Lì dentro la persona disabile è un’entità praticamente sconosciuta!

La facilità con la quale si contina ad ignorare la presenza delle persone con disabilità e a fare confusione è disarmante. E così, soli – io e il mio compagno – sotto il sole del pomeriggio che non risparmiava nessuno, increduli e disperati abbiamo cercato, abbiamo provato, ci siamo imbattuti in un ingresso con un gradino alto e tanta ghiaia, ma nient’altro. «Forse c’è un ingresso migliore», abbiamo pensato ingenuamente. Intanto si stava lì a due passi dal parco, con il sole spietato come le sbarre di un cancello che restava chiuso perché di proprietà del ristorante attiguo e che avrebbe facilitato un pò la nostra entrata.
A quel punto, con la complicità di due ragazzi – uno addetto al parco e l’altro al ristorante – e grazie alla loro disponibilità nel cercare per noi la chiave giusta del “cancello proibito”, siamo riusciti finalmente a entrare, convinti che il problema fosse tutto lì. In realtà più che un paio di metri di ghiaia calpestabile per raggiungere la balconata dalla quale conquistarsi una mezza panoramica, non ci era concesso. L’atmosfera surreale del posto, in ogni caso, ci ha per un attimo incantato e ci siamo lasciati avvolgere dalla sua magia, confidando in un’accoglienza migliore e in un altro ingresso che di sicuro ci sarebbe stato, abbiamo pensato! Abbiamo quindi fatto il giro delle mura esterne per cercare un indizio, un suggerimento, una preghiera… E finalmente, in una rientranza, abbiamo visto un cartello con il simbolo della carrozzina, rincuorandoci per l’attenzione: finalmente “si esisteva” come persone e come visitatori del parco…
E invece ci sbagliavamo ancora una volta, perché il cartello indicava semplicemenre “un bagno per disabili”. Non ho voluto verificare quanto questo bagno fosse reale, accessibile e facile da usare, cioè che non fosse il “solito” sgabuzzino pieno di scope, secchi e ragnatele oppure chiuso e con “la-chiave-in-fondo-al-pozzo”. In realtà non ho voluto verificare altro, anche perché cominciavo ad essere proprio esasperata. Perché c’è un bagno accessibile – mi sono chiesta – in una struttura che non è accessibile per niente? C’è una legge che obbliga, che sancisce e poi si perde nei meandri, ignorando l’essenziale… Oppure il parco non c’entra niente e il bagno relegato in un angolo pieno di erbacce è solo il simbolo evidente della disattenzione e della non conoscenza (non curanza?) sulla categoria?

Non si viene a Tivoli per andare in bagno, si viene per poter visitare i suoi parchi, girare nelle sue piazze, perdersi nelle sue strade e il bisogno di un bagno – pur essendo necessario per qualcuno – rimane assolutamente una “meta secondaria”. E d’altra parte, mi mortifica molto di più non poter accedere al parco di Villa Gregoriana e avvertire che non esistono sforzi o progetti che stiano cercando di modificare le cose, che non avere nei dintorni un bagno accessibile. In fondo, non credo che possiamo essere definiti solo come “un problema di vescica”. In realtà siamo una fascia di utenza in questo caso non riconosciuta, non prevista… Forse non amata?

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