- Superando.it - https://www.superando.it -

Chiedergli di abbassarsi per insultarlo mi sembra davvero troppo!

Persona in carrozzina spinta in salita da un assistenteHo apprezzato molto l’articolo riportato qui di seguito e pubblicato dal quotidiano inglese «The Guardian», di cui ho curato la traduzione e l’adattamento in modo il più possibile fedele allo spirito originale. Per almeno un paio di motivi.
Il primo fattore che ha scatenato la mia attenzione è la constatazione di come uno dei principali quotidiani inglesi ospitasse il racconto in prima persona – così ficcante e allo stesso tempo garbato – di un persona con disabilità che parla di un aspetto molto importante per il suo percorso di vita indipendente. Attendo smentite, ma non mi sembra di aver mai letto nulla del genere ad esempio nella «Repubblica», per citare forse il giornale italiano più vicino per tiratura e orientamento al «Guardian». Ed è questo un tasto che spesso battiamo su queste pagine, assai indicativo dell’attenzione riposta su temi che toccano la quotidianità di migliaia di cittadini italiani e di conseguenza della qualità del giornalismo nostrano. Aprire un dibattito sui motivi di questa condizione e di quanto essa si connetta all’attuale “servaggio” (più correttamente, forse, alcuni lo chiamano “non libertà di stampa”), andando a indagare sui rapporti causa-effetto tra tale servaggio e la pochezza di contenuti che quotidianamente ci vengono rifilati, potrebbe forse esulare dai temi che siamo soliti trattare. Certo un po’ di invidia questa linea editoriale british, dai toni che rifuggono per altro il ricatto della denuncia a tutti i costi e del pietismo, ce la dovrebbe mettere.
Un altro motivo di interesse rispetto a questi quadretti che l’autore ha scelto di abbozzare, è il medesimo che mi ha portato a seguire con la stessa attenzione gli approfondimenti curati dalla redazione di Superando sulle questioni legate all’assistenza personale. Ho infatti vissuto in prima persona molte esperienze legate a quest’ultima, da entrambe (più o meno…) le parti della barricata. Devo dire quindi che mi sono immedesimato in molte delle situazioni tratteggiate dall’autore, che individua alcuni fattori – problematici e non – di questo complesso rapporto: la formazione, la seppur necessaria invadenza nella sfera della privacy, gli sbalzi di umore, le cose che appaiono insignificanti e invece così non sono, i momenti piacevoli e così via. Tutti aspetti reali di questa relazione che trovano qui esemplificazione con ammirevole leggerezza. Ne restano fuori altrettanti, certo, che magari questo stesso articolo potrà dare stimolo a fare emergere.

Vita Indipendente: una persona con disabilità e i suoi assistenti personali
di Stefano Goodman* (dal sito del quotidiano inglese «The Guardian», mercoledì 4 novembre 2009)

La mia disabilità comporta che io abbia la necessità di supporto per quasi tutte le attività fisiche. Così, per consentirmi di vivere una vita autonoma in casa, ho bisogno di un assistente personale a tempo pieno. Non chiamateli “badanti” in nessuna circostanza. Le persone con disabilità potrebbero tirarvi addosso le loro carrozzine o – al massimo – chiederanno di farlo agli stessi assistenti personali…
Personalmente mi avvalgo di una coppia di assistenti personali, che si danno il cambio ogni tre giorni e che solitamente restano con me per circa un anno. Formare e arrivare a conoscere i nuovi ragazzi due volte all’anno è stressante, ma ho sviluppato alcune strategie per rendere più semplici questi periodi.

Vivere con degli estranei
Siamo in cucina. Il mio assistente mi chiede se voglio del vino e annuisco. Prende il bicchiere, lo pone tra le mie labbra e lentamente comincia a inclinarlo. Quando ne ho avuto abbastanza, stringo con prudenza il bicchiere tra i denti e lo spingo lievemente verso il basso: è il “linguaggio internazionale dei segni” per dire «per favore, non affogarmi nel Merlot cileno!». Posso infatti muovere il mouse di un computer abbastanza bene da poter vincere premi internazionali di progettazione, ma impugnare un bicchiere da vino va ben oltre le mie capacità fisiche.
Ho scoperto che la cucina è davvero un buon posto per valutare il mio nuovo partner in questa “strana relazione”. Strana perché si colloca in una sorta di “area grigia“, troppo intima per essere considerata esclusivamente lavorativa (è difficile pensare alla persona che ti aiuta ad asciugarti dopo un bagno come semplicemente a un dipendente) e allo stesso tempo troppo forzata per essere davvero considerata come amicizia.
In cambio del vitto, dell’alloggio e di una piccola indennità, sono giunte a casa mia persone provenienti da tutte le parti del mondo, per innumerevoli ragioni. Dalle foto del loro passaporto posso farmi un’idea dell’aspetto che hanno, ma il primo giorno in cui ci incontriamo di persona sono per me dei perfetti estranei. Estranei che mangiano e dormono a casa mia; estranei che mi aiutano a fare alcune tra le cose più riservate possibili. Immaginate di prendere un nuovo inquilino che nella prima notte in casa vostra vi aiuti a svestirvi e a scegliere la posizione più confortevole a letto. Dal punto di vista psicologico, questo ha richiesto un po’ di tempo per farci l’abitudine, ma ora le mie preoccupazioni sono molto più “terra terra”.

I pericoli dello shopping
La spesa al supermercato con il proprio assistente è sempre un'avventura...L’altro giorno sono andato al supermercato con il mio assistente Raoul e accidentalmente abbiamo rubato due tranci di tonno e due succhi di frutta. Infatti – dopo avere completamente esaurito lo spazio nel cestino – abbiamo utilizzato lo scomparto sotto la mia carrozzina per appoggiare momentaneamente gli ultimi acquisti. Una volta arrivati alla cassa, abbiamo svuotato il cestino, dimenticando però gli articoli risposti sotto il mio sedere. Raoul li aveva davvero rimossi  dalla mente – quando ha del cibo a portata di braccio, si potrebbe colpirlo con un martello e lui non se ne accorgerebbe… – ma io me ne sono ricordato proprio mentre stava pagando il conto.
Per un istante ho pensato che avrei dovuto farvi cenno, ma poi, molto rapidamente, ho rivalutato la situazione: sonnolenta filiale di periferia; si trattava di un incidente autentico e quindi non avevamo agito in modo sospetto; sarebbe poi stato molto semplice giocare la carta del “disabile” (qualora si fossero fatti sotto a Raoul, avrei cominciato a sbavare e a farfugliare – forse su questo dovrei fare pratica per usi futuri?!). E tuttavia nessuno si è accorto di nulla, finché non l’ho detto una volta entrati in macchina. Raoul è rimasto ad occhi spalancati per un minuto, poi abbiamo cominciato tutti e due a ridere.
Un’altra volta ho chiesto a Raoul se poteva fare una rapida scappata al supermercato per comprare il dentifricio. Al suo ritorno ha esordito: «Non avevano quello che usi di solito». Mi sono messo immediatamente in allarme. Ha continuato: «Ma avevano un’offerta speciale, paghi due e prendi tre». Agitandomelo davanti come un consumato showman, mi ha mostrato allora una sostanza che aveva più a che fare con un lavoro di muratura che non con l’igiene orale. Per giunta in tubetto formato famiglia! Beh, che senso avrebbe comprare la cosa sbagliata e non comprarla nella misura più grande che potresti trovare?!
E così, al posto del tubetto di dentifricio che ho usato per metà della mia vita, mi sono ritrovato con “tre salami di intonaco”! Per un attimo ho desiderato trasformarmi nell’istruttore di Full Metal Jacket e come lui avrei voluto urlare una serie di poetiche e sputacchianti invettive a pochi centimetri dalla sua faccia tranquilla. Ma è solo dentifricio e Raul e davvero un caro ragazzo. E poi raggiungo a malapena il suo ombelico: chiedere a qualcuno di abbassarsi per poterlo insultare mi sembra davvero troppo…

La gestione della collera
Ricordo poi il momento in cui ho capito di avere un serio problema con il mio nuovo assistente personale Zvonimir. Verso la fine del suo terzo turno, mi chiese se volessi fare una partita a scacchi. Mi ricordavo di averlo già sentito parlare di scacchi prima e, desumendo che fosse un giocatore piuttosto esperto, mi ero già preparato mentalmente a una sconfitta. Oltretutto mi ero anche autoconvinto che avrei dovuto mettermi seriamente a lavorare e che ogni sconfitta avrebbe causato un calo di concentrazione nel lavoro.
Abbiamo comunque giocato e in pochissimo tempo mi stava battendo. Ogni tanto ho fatto finta di controllare le e-mail di “lavoro”, enfatizzando il fatto che mi stavo dimostrando davvero cortese a giocare. Ho sferrato un serio attacco, ma sapevo di essere condannato. A un certo punto ho fatto una mossa stupida/disperata e il mio avversario ha emesso un profondo sospiro. Tre mosse più tardi ho abbandonato.
Con disinvoltura mi sono congratulato con lui e gli ho detto che dovevo davvero tornare a lavorare, cosa che non ha sortito alcun effetto. Mi ha fissato e mi ha chiesto: «Perché hai fatto quella mossa?». Gli ho spiegato quale fosse il mio piano di attacco. «Lo capisco», ha detto, «sì, lo capisco. Ma sapevi che non avresti avuto abbastanza tempo per sviluppare quell’attacco». Disgusto e rabbia venavano il suo disappunto. Non ha battuto le palpebre per tutto il nostro scambio di opinioni…
Poche settimane dopo Z. ha interrotto la nostra relazione di lavoro. L’agenzia che si occupa di questi inserimenti compie indagini molto accurate rispetto alle esperienze e ai precedenti penali degli operatori, ma non ho certezze su dove Z. avrebbe potuto arrivare con i suoi problemi di gestione della rabbia. Lui, infatti, mi ha sempre trattato con rispetto e andavamo d’accordo, nonostante il suo modo di “prendere di punta” ogni problema e gli occasionali sbalzi di umore, anche se avevo cominciato ad essere un po’ diffidente nei suoi confronti.
La prima tazza di tè preparata da un assistente personale sarà un indicatore dell'anno a venire...La stessa armonia (fragile) non c’era nella casa che condividono i volontari “fuori-turno” e così un comportamento minaccioso nei confronti dei coinquilini, oltre che dello staff della banca locale, ha rappresentato per Z. una veloce strada per lasciare il Paese…

L’ora del tè
Aspetto la prima tazza di tè da parte di un nuovo assistente personale allo stesso modo in cui aspetto la prima partita di una nuova stagione di calcio: può accadere ogni cosa e il risultato sarà un indicatore della stagione a venire. Più di due settimane con Raoul, e ancora non riuscivo a finire una sua tazza di tè. Lui ci ha fatto caso e mi ha chiesto: «Non migliora?». «Ci siamo quasi…», ho risposto, in modo non del tutto convincente. Ci è voluta una settimana intera settimana per ricordare con successo a Raoul di lasciare andare completamente il bollitore prima di utilizzare l’acqua per fare il tè e ancor prima tre o quattro giorni per convincerlo che l’acqua calda del rubinetto non era equivalente…

L’ultima cena
Gustav era davvero un ragazzo simpatico e mi è dispiaciuto vederlo andare via, nonostante l’alito che sapeva di cipolla e la sua passione per la pornografia. Spesso è davvero difficile dire addio a qualcuno che ha condiviso con te un anno di vita. A meno che non si sia trattato di “convivenze” davvero problematicche, sono sinceramente triste quando li vedo andar via per l’ultima volta. Ho avuto un contatto fisico molto intimo con loro per un anno e probabilmente non li vedrò mai più.
Ho lasciato dunque a Gustav la scelta della nostra ultima cena insieme, come da mia abitudine. In segreto ho sperato potesse scegliere qualcosa che solitamente mi vieto e quindi che mi avrebbe consentito di rimpinzarmi senza sensi di colpa. Questo stratagemma generalmente funziona davvero bene, anche perché praticamente ognuno dei miei assistenti personali ha l’appetito di una “scrofa in allattamento”.
Sfortunatamente Gustav era pressato dalla sua nuova ragazza che voleva farlo diventare vegetariano e così ha optato per una cena macrobiotica… Credo di avere nascosto bene la delusione e sono fiero della mia forza mentale che ha fatto sì che quell’incidente non guastasse il ricordo di un ottimo rapporto di lavoro!

*Stefano Goodman è uno pseudonimo, così come tutti gli altri nomi contenuti nel testo.

Please follow and like us:
Pin Share