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Socrate e la disintegrazione scolastica

SocrateSocrate camminava per le strade di Varese, seguito da un nugolo di discepoli adoranti, quando – più o meno all’altezza del McDonald’s – Fedone gli pose una domanda.
– Maestro, mio cugino Anassimandro ha avuto un figlio con autismo. Nel momento in cui suo figlio è stato iscritto alla scuola dell’infanzia, nonostante l’handicap fosse grave, gli sono state date soltanto dodici ore di sostegno.
– Ma qui a Varese?
– No, mio cugino è a Gallarate. Ma sembra che tutta la Provincia funzioni allo stesso modo: si va al risparmio. E pare che anche nel resto d’Italia non vada meglio: in alcune Regioni ci sono autentiche mobilitazioni delle famiglie. Ma non esistono regole ben precise?
– Esistono regole e anche leggi, ma l’Italia non è come la Grecia: non c’è l’etica che c’era nell’epoca d’oro. Le leggi si fanno, ma si fanno proprio per essere eluse. Non per essere rispettate. Nella Grecia dell’epoca d’oro c’erano poche leggi, erano chiare e dunque non potevano non essere messe in pratica: qui in Italia si fa una legge al minuto proprio perché non è obbligatorio tenerne conto. Così – ad esempio – per legge dovrebbe essere d’obbligo l’integrazione scolastica, ma chi rispetta questa regola? Gli alunni disabili sono malsopportati e affidati completamente all’insegnante di sostegno, avulsi dal resto della classe. E siccome sono poche le ore in cui viene concesso l’insegnante di sostegno, per tutte le ore in cui l’allievo disabile si trova nel gruppo è come spaesato, non si riconosce più, vorrebbe tornare nella sua amata “aula di sostegno”… Eppure – per legge – dovrebbe essere incluso nella classe.
– Maestro, vuol dire che anche un bambino autistico deve stare con i compagni di classe?
– Vuol dire che deve avere le stesse possibilità dei suoi compagni di classe: dev’essere un allievo della classe e non un allievo dell’insegnante di sostegno. In alcuni casi e per alcune ore, quando una disabilità è così grave, è necessario che l’allievo svolga attività individualizzata, ma questa attività individualizzata non dev’essere il pretesto per isolarlo. Lo so che il discorso è complesso, ma un Paese come l’Italia che si è inventato una cosa complessa come l’integrazione scolastica, perché poi dovrebbe pretendere di avere tutto facile?
– Maestro, mio cugino mi ha raccontato anche che, al momento di iscrivere il figlio alla scuola dell’infanzia, gli hanno detto che non potevano accoglierlo perché risiede fuori dal Comune, a Samarate invece che a Gallarate, e che quindi era inutile che facesse la domanda, perché sarebbe solamente finito in una lunghissima lista d’attesa…
– Anche questo lo fanno in tutta la Provincia…
– Ma mio cugino si era documentato e sapeva benissimo che i bambini autistici non vanno in nessuna lista d’attesa e che sono iscritti automaticamente. Ha detto loro che intendeva iscriverlo comunque e che loro avrebbero dovuto agire secondo i criteri stabiliti per legge.
– E scommetto che alla fine il figlio di tuo cugino è risultato il primo della lista d’attesa.
– Come fa a saperlo, Maestro?
– È un “giochetto” che fanno in tutta la Provincia di Varese: quando si presentano genitori di alunni disabili, ma anche quando si presentano semplicemente genitori di alunni non residenti nel Comune, il comportamento degli addetti alla segreteria è quello di consigliare vivamente la non-iscrizione.
– Ma perché lo fanno?
– Perché una scuola è inserita all’interno del territorio, e nel territorio ci sono pressioni verso il personale della segreteria e verso i dirigenti scolastici perché siano ammessi i bambini che abitano nelle vicinanze. Una segreteria non può trovarsi a dover ammettere dei bambini che magari hanno un diritto di precedenza, pur non risiedendo in zona.
– Dunque cosa dovrebbero fare i genitori?
– Dovrebbero fare come ha fatto tuo cugino, né più né meno. Pretendere l’iscrizione alla scuola e agire di conseguenza in caso di non ammissione.
– Di conseguenza come?
Denunciare la cosa alle autorità preposte. Ma di solito è inutile: una scuola cerca di fare i suoi “giochi di potere” nel non-scritto: quello che è scritto non può essere modificato.
– Cosa intende dire, Maestro?
– Intendo dire che possono fare cose come scoraggiare una iscrizione, ma nel momento in cui l’iscrizione viene effettuata, la scuola si attiene scrupolosamente ai criteri d’Istituto e a quelli stabiliti dalla legge (la precedenza dei disabili in situazione di gravità). Per una scuola conta avere le scartoffie a posto.

Volavano le nottole intorno alla Stazione Nord di Varese; Socrate e i discepoli continuavano a camminare, secondo quel rito antico chiamato agorazein.
– Maestro, dunque non c’è speranza che in provincia di Varese cambi qualcosa?
Socrate sospirò profondamente.
– O mio Fedone, la speranza è l’ultima a morire. Però pensa che nella Provincia di cui mi parli i GLH [Gruppi di Lavoro Handicap, N.d.R.] sono in pratica entità sconosciute: semplicemente non si praticano e addirittura molti insegnanti di sostegno non hanno idea di cosa siano, li confondono con le loro riunioni tra insegnanti, i gruppi H. In questo modo i genitori degli alunni disabili non hanno i loro rappresentanti e i poveri bimbi sono lasciati alla mercé di scelte che possono essere giuste come possono essere sbagliate, senza nessun controllo da parte della famiglia.
– E i neuropsichiatri non vigilano?
Socrate alzò le spalle.
– I neuropsichiatri? – chiese – Chi è che fa le diagnosi di autismo nella Provincia di Varese? Dove l’ha fatta il figlio di tuo cugino?
– A Pavia.
– E perché mai uno che abita a Gallarate deve andare a fare una diagnosi a Pavia?

Sul gruppo regnò improvviso il silenzio. Tutti riflettevano. Tutti stavano diventando più saggi. Volavano le nottole intorno alla stazione.

*Testo liberamente ispirato al Fedone, dialogo giovanile di Platone. Gianni Papa ha avviato e coordina il blog Autismo Incazziamoci. Naturalmente ogni riferimento a fatti realmente accaduti o a persone realmente esistite o esistenti è puramente casuale…

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