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Che fare per combattere il pregiudizio, l’ignoranza e il malcostume?

L’Italia, com’è ben noto, ha ratificato nel 2009 – con la Legge 18/09 – la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità ed è un Paese che ha emanato numerose leggi volte a tutelare i diritti dei più deboli, come la 162/98 e la 104/92 – per garantire, tra le altre cose, una Vita Indipendente al disabile grave in grado di autodeterminarsi – la 328/00, per «interventi e servizi sociali» e la 68/99, che dovrebbe garantire parità di lavoro alle persone con disabilità. Senza naturalmente contare la nostra Costituzione, dove ogni essere umano ha  parità di diritti.
Nicolino Di DomenicaEbbene, tutte queste norme, in Italia, vengono diversamente interpretate, a seconda di dove si vive, a seconda dell’intelligenza di chi le interpreta e a seconda delle persone che si vogliono favorire alla fruizione di tali diritti.
Perché questo sfogo? Perché dove ho la sfortuna di vivere, le persone con una disabilita motoria grave, come me, che nonostante tutto hanno avuto la fortuna di trovare un dignitoso lavoro, dopo un aggravamento della malattia si sentono sostanzialmente dire: «Arrangiati!».

Tempo fa, dunque, secondo le leggi sopra menzionate, ho richiesto al mio Comune di attivare un progetto di Vita Indipendente che mi avrebbe permesso un’assistenza mirata e gestita da me; tale progetto mi è stato negato o meglio è stato rimandato al prossimo anno, probabilmente in vista delle elezioni che serviranno a eleggere il nuovo sindaco, cogliendo così l’occasione per una fruttuosa campagna elettorale…
Allora ho chiesto che mi fosse concesso almeno l’Assegno di Cura – come da Delibera della Giunta Regionale dell’Abruzzo dell’8 marzo scorso (n. 149/10) – per un sostegno alla mia famiglia, che mi consentisse di vivere in casa anziché in un istituto, dove costerei oltre 300 euro al giorno. Ma anche questo mi è stato negato.
Infine ho fatto la richiesta, sempre secondo legge, di usufruire dei servizi di trasporto al lavoro dei Servizi Sociali, negata anche questa, perché il Piano Sociale dell’Ambito 22 abruzzese, che comprende il mio Comune, non prevede questo servizio, ma solo il trasporto scolastico e presso i centri di cura riabilitativa.
Ora mi chiedo: a cosa serve fare studiare e curare una persona con disabilità, se poi nel momento in cui dovrebbe mettere a frutto la sua intelligenza e le sue capacità in un lavoro produttivo, smettendo quindi di essere un “peso” per la società, egli viene abbandonato a se stesso?
Mi piacerebbe incontrare i grandi esperti che hanno redatto il nostro Piano Sociale, i Piani di Zona e le varie altre progettazioni del settore, escludendo, tra tutto il resto, anche il diritto al lavoro. Che criteri hanno usato? Che dati? Con quali competenze ed esperienza?
Qualche mese fa, durante un colloquio con un assessore nel quale rivendicavo questi diritti, un’assistente sociale mi disse testualmente: «Beh! Vede signor Di Domenica, lei ha la fortuna di avere un lavoro, così può pagarsi un assistente». Le risposi in modo lapidario: «Vede signora, io non so cosa faccia lei col suo stipendio, io con il mio ci devo sopravvivere!» (che anche lei abbia partecipato alla redazione dei Piani sopraelencati?).

Che fare, dunque, per combattere contro il pregiudizio, l’ignoranza, la prepotenza e il malcostume di chi ci governa? Naturalmente, stanco di tutto questo, ho dato mandato al mio avvocato di diffidare il Comune, per questi soprusi che ritengo di subire ingiustamente, minacciando una successiva denuncia, in caso di risposte ancora negative. Ora si vedrà se i diritti valgono anche per chi vive a Lanciano, in provincia di Chieti.

*Responsabile Movimento per la Vita Indipendente dell’Abruzzo. Componente del Consiglio dell’AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici) di Lanciano (Chieti), nicolino.didomenica@tiscali.it.           

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