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Calabria: non sguazzavamo nell’oro, ma ora rischia di andare molto peggio

Nunzia Coppedè, presidente della FISH CalabriaNon è che negli anni passati le politiche sociali della Calabria abbiano sguazzato nell’oro, ma pur giocando il ruolo di “cenerentola”, qualche boccata di ossigeno con i fondi della non autosufficienza o con il fondo indistinto l’avevamo avuta.
Il 2011, invece, si presenta in tutta la sua drammaticità. Dalla Legge di Stabilità del Governo sono stati decurtati i fondi per la non autosufficienza e ridotti drasticamente i fondi del sociale per le Regioni.
Se dunque la Regione Calabria non farà una scelta politica seria e rigorosa, investendo sulle politiche sociali con fondi propri, assisteremo inermi alla cancellazione definitiva dei pochi diritti, servizi, progetti e conquiste, ottenuti con fatica e determinazione nel corso degli anni.

Esprimiamo perciò tutta la nostra preoccupazione, dopo aver preso visione del Bilancio Preventivo licenziato dalla Giunta Regionale, che sarà discusso il 15 dicembre dalla Seconda Commissione Consiliare.
Da qui il nostro appello al presidente della Regione e a tutta la Seconda Commissione, ma anche al presidente del Consiglio e a tutto il Consiglio della Calabria, sia alla maggioranza che alla minoranza.
Non chiediamo favori, ma il ripristino dei diritti. Solo un finanziamento equo destinato ai servizi alla persona può risollevare lo stato in cui vivono molte persone con gravi disabilità di tutte le età. Non possiamo accettare passivamente che la maggior parte dei pochi fondi destinati alla disabilità siano utilizzati per pagare le rette delle Residenze Sanitarie Assistenziali e solo un terzo per i sevizi territoriali. Per rendere meglio l’idea, in un terzo rientrano: Case Famiglia, Dopo di Noi, Centri Socio Culturali, servizi di sollievo, assistenza domiciliare, assistenza alla persona, abitare in autonomia e vita indipendente. Per la maggior parte, dunque, si tratterà di ricoveri, ricoveri e ancora ricoveri.

La FISH Calabria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) chiede alla II Commissione Consiliare un’audizione urgente, per poter  contestare ed esporre le proprie proposte ad alcuni  capitoli relativi alla Proposta di Legge n. 107/9^ di iniziativa della Giunta Regionale, recante Bilancio di previsione della Regione Calabria per l’anno finanziario 2011 e bilancio pluriennale per il triennio 2011-2013, inserita nell’ordine del giorno del 15 dicembre.
Al Consiglio Regionale della Calabria “tutto”, chiediamo poi il coraggio di fare una scelta politica a favore dell’inclusione sociale delle persone con disabilità.

*Presidente della FISH Calabria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), fishc@fishcalabria.org.

Rita, Franco e Mimmo: vogliamo vivere!
Rita Barbuto, Domenico Rocca e Franco Rocca sono tre persone adulte con disabilità grave, che usufruiscono dei servizi previsti dal Progetto Abitare in autonomia, gestito dalla Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme (Catanzaro).
In questi giorni hanno indirizzato la seguente lettera aperta al presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, agli assessori della Giunta Regionale e a tutti i Consiglieri Regionali.

Signor Presidente Scopelliti,
siamo Rita, Franco e Mimmo, persone adulte con disabilità grave e usufruiamo dei servizi previsti dal progetto Abitare in autonomia, gestito  dalla Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme.
Il suddetto progetto, sostenuto e finanziato da tutti i Governi Regionali che si sono susseguiti negli ultimi dieci anni e che hanno riconosciuto  il significato in termini di rispetto dei diritti umani e di inclusione che esso riveste per le persone con disabilità, da 8 anni ci consente di condurre con un minimo di dignità la nostra “disagiata” esistenza.
A tutti noi ha dato la possibilità di espletare gli atti quotidiani della vita (essere alzati e messi a letto, di soddisfare le necessità fisiologiche, di mangiare ecc.), di avere relazioni sociali e personali, di lavorare, di impegnarci a capofitto nel mondo della disabilità, soprattutto nella tutela dei diritti e nella lotta alla discriminazione, di fare volontariato addirittura nella Protezione Civile, di frequentare centri di  fisioterapia e servizi sanitari necessari per la nostra condizione di disabilità, se non addirittura per mantenerci in vita. Perché noi, Signor Presidente, VOGLIAMO VIVERE!

Il Progetto, però, finisce il 31 dicembre 2010.
Consideri che alcuni di noi non hanno più famiglia e vivono da soli nonostante la gravità della disabilità, come i fratelli Franco e Mimmo di Tiriolo, affetti da amiotrofia spinale, mentre altri, come Rita, che vive a Lamezia, affetta da distrofia muscolare, hanno genitori anziani che non hanno più la forza fisica, emotiva e psicologica per assisterla e che quindi si consumano nella disperazione per il suo destino.
Solo partendo da questa premessa si può comprendere quale ristoro ha rappresentato questo progetto innovativo, derivante dalla Legge 162/98, che è  riuscito a coniugare l’efficienza, l’economicità e soprattutto il rispetto dei diritti umani con la creazione di una condizione di vita nella quale, per le persone con disabilità coinvolte e per quelle coinvolgibili, il rispetto della dignità e della liberta sono divenute prassi anche nella Regione Calabria.
 
Il progetto, rimaneggiato e ridotto all’estremo necessario, ci offre appena 36 ore di assistenza alla settimana (tutti avremmo bisogno di assistenza continua perché siamo affetti da malattie neuromuscolari gravi, che non ci permettono di compiere i più semplici atti quotidiani della vita). Nonostante ciò, si è riusciti a organizzarlo in modo tale che anche la domenica e le feste possiamo soddisfare le esigenze fisiologiche!
Ciò grazie anche allo spirito di collaborazione delle/degli assistenti, tutti calabresi, che stanno svolgendo una di quelle attività nuove, precarie, ma foriere di notevoli sviluppi. Questo nostro progetto, infatti, occupa sei/otto operatori e serve un vasto territorio perché abitiamo a Lamezia Terme e a Tiriolo (fino a poco tempo fa era attivo anche su Catanzaro, dove viveva un altro utente che ci ha lasciati prematuramente).

Sottoponiamo alla Sua sensibile attenzione anche un’altra considerazione importante: se noi fossimo relegati in una qualsivoglia struttura assistenziale i costi annuali del ricovero sarebbero di gran lunga superiori (più del doppio) di quelli sostenuti dalla Regione per questo progetto, non ci sarebbe ulteriore occupazione e gli effetti sulla nostra esistenza sarebbero violenti e devastanti.
In estrema sintesi e con franchezza, si tratterebbe di imprigionarci senza colpa, facendo scempio dei nostri diritti costituzionali nonché delle Convenzioni e Risoluzioni dell’ONU, dove la disabilità è vista come una questione di Diritti Umani, come riconosciuto nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge 18/09.
Si “brucerebbe”, inoltre, la risorsa di civiltà cresciuta anche in Calabria con questo progetto, che bisognerebbe estendere, in quanto il paradigma della disabilità basato sulla cultura dei Diritti Umani ha avviato anche qui un processo di costruzione di una nuova, e più giusta, visione culturale che introduce nelle strategie d’intervento sociale e politico una nuova idea: lo svantaggio attribuito alla disabilità è una costruzione sociale e non più l’esito di una menomazione fisica o psichica o sensoriale.

Quindi, Onorevole Presidente, oggi la Calabria, grazie ai contenuti del Progetto Abitare in autonomia, registra un’esperienza innovativa, umanizzante, d’avanguardia, che può confrontarsi, senza sfigurare, anche con quelle delle altre Regioni italiane e/o con quelle più avanzate del Nord Europa.
Però, adesso, sentendo delle gravi difficoltà finanziarie della Regione Calabria, pur fidandoci della sensibilità e della disponibilità dell’assessore Stillitani [l’assessore regionale alle Politiche Sociali Francescantonio Stillitani, N.d.R.], attraversiamo un periodo di profonda preoccupazione perché temiamo per la continuazione del Servizio offerto dal progetto e per gli effetti inumani che provocherebbe la sua interruzione o soppressione.
Ciò considerato, ci rivolgiamo a Lei perché ci tolga dall’angoscia di dover sempre lottare per mantenere in piedi questo progetto e con esso la nostra assistenza e l’occupazione dei lavoratori e delle lavoratrici che ci curano.
Le chiediamo di intervenire per stabilizzare questa iniziativa, che dopo otto anni non può più essere considerata sperimentale, costruendo con urgenza un Progetto-servizio pluriennale che dia continuità alla nostra esistenza, senza dovere ogni anno vivere l’angoscia di dover preparare azioni estreme di rivendicazione.
Infatti, mentre molti si stanno preparando a trascorrere in pace le feste natalizie, noi per la disperazione stiamo pensando se iniziare uno sciopero della fame o farci portare davanti a Palazzo Alemanni [sede della Presidenza della Regione Calabria, a Catanzaro, N.d.R.] e lì incatenarci, perché siamo terrorizzati per le drammatiche conseguenze che dovremmo subire con la fine del Servizio, ripetiamo, limitato all’estremo, che costa quanto un’auto blu, ma che ci garantisce un livello minimo di assistenza e ci permette di sopravvivere, migliorando, anche se di poco, la qualità della nostra vita o di quanti altri potrebbero usufruirne.
Anche se è umiliante, dobbiamo rammentare che “viviamo” con le provvidenze economiche erogate agli invalidi civili e con quelle manteniamo la casa e sopperiamo a tutte le spese del vivere quotidiano, per cui non possiamo nemmeno pensare di pagarci la nostra assistenza.
È appena il caso di ricordare che la sola interruzione di questo servizio per noi significherebbe la fine. Data l’impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita, chi ci alzerà dal letto la mattina? Chi ci porterà al bagno? Chi ci laverà? E per mangiare, come faremo? E se non potremo più fare fisioterapia, rischieremo il peggioramento irreversibile delle condizioni fisiche residuali, se non addirittura il mantenimento della capacità respiratoria. Avremmo la vanificazione del lavoro finora svolto, la nostra morte civile. E inoltre significherà anche sei/otto disoccupati in più, cosa di non poco conto in una Regione dove la disoccupazione fa strage.

Vorremmo che  il 1º gennaio 2011 ci fosse ancora qualcuno che venisse ad alzarci, vestirci, aiutarci nei bisogni fisiologici ecc., evitando ai Vigili del Fuoco di trovare i nostri corpi nei primi giorni del 2011. Vorremmo che questa estrema ipotesi o nulla di così drammatico succedesse.
Per questo confidiamo che Lei possa intervenire in tempo e aiutarci a trovare una valida soluzione in attesa di tempi migliori e, se vorrà, potrà incontrarci per meglio valutare.

Rita Barbuto
Domenico Rocca
Franco Rocca

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