«Guardando alla storia del Novecento nel nostro Paese – scrive Alfonso Amoroso, avvocato, consulente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – si scopre che molto spesso le grandi battaglie sono state affidate alla Magistratura. Lotta al terrorismo, alla mafia e anche passaggio tra Prima e Seconda Repubblica. O per legge o per incapacità, le grandi battaglie vengono trasferite ai Palazzi di Giustizia e pertanto Giudici e Avvocati diventano troppo spesso emblemi dei cambiamenti».
Sullo specifico della disabilità, poi, «in modo sorprendente – aggiunge Amoroso – ci si può anche accorgere che nell’ultimo decennio i Tribunali hanno ad esempio trovato una risposta concreta all’integrazione scolastica delle persone con disabilità psichica e che oggi la maggior parte delle famiglie di questi ragazzi si rivolgono proprio a un Tribunale per poter mettere in grado i loro figli di studiare e che anzi questo iter sia diventato una regola e non una eccezione».
«Un nuovo recente provvedimento – conclude – prodotto dal Tribunale Ordinario di Roma, fa scoprire poi come una donna colpita da SLA (sclerosi laterale amiotrofica), solo grazie al Tribunale abbia avuto la possibilità di usufruire di un’assistenza giornaliera garantita».
Il riferimento è appunto a un’Ordinanza della Sezione Lavoro III, prodotta il 28 marzo scorso dal Tribunale Ordinario di Roma, nei confronti del Comune della Capitale, dell’ASL Roma B e della Regione Lazio e riguardante una donna affetta da SLA, la cui Procuratrice Speciale aveva lamentato, nel ricorso, «il pericolo di danno grave irreparabile causato dalla insufficienza delle ore di assistenza domiciliare, […] motivata dall’amministrazione sino ad oggi con ragioni di bilancio, stante i gravi problemi», chiedendo «di accertare e dichiarare lo stato di bisogno, l’insufficienza delle 12 ore di assistenza domiciliare ed infermieristica e il diritto a usufruire dell’assistenza domiciliare infermieristica ed indiretta per 24 ore giornaliere corrispondenti alla totale integrazione tra l’assistenza domiciliare sanitaria e sociale [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni dall’Ordinanza, N.d.R.]».
Ebbene, dopo avere esaminato la necessaria documentazione, tra cui la Relazione dell’Unità Valutativa Multidisciplinare, il Giudice conclude – fatto assai importante – che «l’insufficienza delle disponibilità finanziarie dell’amministrazione, non può […] arrecare pregiudizio ad un bene primario e fondamentale qual è quello della salute del disabile e che dalla documentazione esibita a richiesta dell’Ufficio è emerso che l’Azienda sanitaria resistente ha autorizzato l’assistenza domiciliare 24 ore su 24 in favore di due cittadini (afflitti dalla stessa sindrome SLA) in presenza di identiche condizioni sanitarie rispetto a quelle invocate nel caso in esame, espressamente derogando alle previsioni del Capitolo Cure Domiciliari che secondo quanto sostenuto dalla ASL “in via ordinaria prevede soltanto il turno diurno di assistenza infermieristica di 12 ore”».
«Pertanto – è la conclusione del Giudice – va dichiarato il diritto […] all’estensione della copertura assistenziale domiciliare infermieristica 24 ore su 24» e vengono condannati «gli enti resistenti a rifondere la ricorrente le spese di lite».
«Riflettere sui problemi dei singoli individui – commenta Alfonso Amoroso – dovrebbe essere la principale attività di un Governo e di un Parlamento che invece continuano a lasciare al Cittadino l’unico strumento ancora esperibile (ma con le riforme in atto ancora per poco), ovvero rivolgersi alla Magistratura, per poter dare un senso a ciò che troppo spesso un senso non ha. Si confida perciò che altre Ordinanze simili a questa, alla fine possano migliorare la situazione e rendere effettiva la partecipazione del singolo alla cosa pubblica». (S.B.)