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Dislessia: la molteplicità della differenza come risorsa

Bimba con problemi di dislessia«Negare problemi come la dislessia o la discalculia – aveva scritto recentemente su queste pagine Laura Ceccon (il testo integrale è disponibile cliccando qui) – altro non significa che disconoscere e abbandonare al loro destino proprio quei bambini che avrebbero invece bisogno di maggiori attenzioni. E tuttavia il cammino intrapreso dalla società civile va verso il riconoscimento e il rispetto delle differenze, come stabilito dalla recente Legge  170/10 sui disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico, fortemente voluta da genitori, insegnanti e tecnici, uniti dalla volontà di tutelare il diritto allo studio, la dignità e il futuro di tanti studenti con grandi potenzialità».
Si tratta di temi quanto mai importanti e delicati, sui quali diamo ben volentieri spazio al contributo ricevuto da Daniela Pretto,
cui segue la replica della stessa Laura Ceccon.

Gentilissima Signora Ceccon, ho letto con interesse il suo articolo e da insegnante desidero esprimerle anche il mio pensiero a riguardo delle diagnosi di dislessia.
Non è infrequente che noi insegnanti chiediamo – a me è capitato – la collaborazione delle famiglie di alcuni alunni perché, sospettando un disturbo specifico di apprendimento [d’ora in poi sempre DSA, N.d.R.], li sottopongano ai controlli specifici. Ebbene: o la famiglia dimostra un’eccessiva ritrosia a contattare il servizio di competenza, o nega oltre ogni ragionevole evidenza il problema, accusando l’Istituzione Scolastica, ovvero gli insegnanti, di «non aver capito nulla dell’alunno/a, nonché figlio/a», fino allo stremo, salvo poi ricorrere al neuropsichiatra infantile, senza darne informazione alcuna, e far pervenire ai docenti, dopo anni dalla segnalazione, una relazione medico-sanitaria, magari con ritardo di mesi dalla redazione della stessa! Poi, sempre per esperienza personale, può capitare che il neuropsichiatra infantile non si pronunci sulla diagnosi nei primi due anni scolastici, della Scuola Primaria, sicché…
Mi permetta di avanzare anche il dubbio, perché esiste in me, che tra gli alunni con attestazioni di DSA, non vi siano solo ragazzi “intelligenti”, ma che il “ventaglio” presenti molte gamme di “intelligenza”, com’è nella natura degli esseri viventi. Non credo possa bastare l’annoverare, a torto o a ragione, dislessici famosi, per poter affermare senza ombra di dubbio che tutte le persone affette da DSA saranno – o sono in pectore – “candidati e vincitori di un Nobel”.
Comprendo, comunque, il desiderio di ogni genitore di condividere con la propria prole i successi che la vita può riservare a tutti, seppur con modalità diverse e auspico un dialogo, il più proficuo possibile, tra famiglie e docenti proprio per evitare che certe sofferenze possano essere, mi perdoni il gioco di parole, meno “sofferte”, sia dagli alunni, sia dalle famiglie, sia dagli insegnanti.
Daniela Pretto.

Risponde Laura Ceccon.

Gentile Insegnante, innanzitutto la ringrazio per il suo contributo, che mi consente di precisare alcuni importanti dettagli riguardo a dislessia e DSA.
Certamente da parte delle famiglie può verificarsi una chiusura di fronte anche alla sola ipotesi di avere un figlio dislessico: si tratta di un atteggiamento condizionato dai pregiudizi, contro i quali personalmente combatto instancabilmente. I figli devono essere “perfetti”, devono corrispondere alle aspettative dei genitori, devono essere al massimo grado nella scala di valori familiari… e invece i figli sono persone, hanno i loro limiti, non corrispondono a un cliché predefinito.
Ma se un genitore lo scopre tutto ad un tratto – come succede per i DSA in corrispondenza dell’ingresso in prima elementare – allora può essere anche molto difficile da capire e da accettare. Un bambino intelligente, curioso e spigliato che improvvisamente non si riconosce più, così inadeguato rispetto ai compagni capaci di fare con naturalezza cose per lui impossibili… è un momento molto difficile per il bambino, che spesso reagisce emotivamente con comportamenti problematici, e lo è altrettanto per la famiglia, che non conosce, non sa, non capisce. Spesso ne conseguono anche attriti tra i genitori, che si accusano l’un l’altro di non saper gestire correttamente un bambino improvvisamente “impazzito”.
Disegno di bimbo con dislessia alla lavagnaSi tratta insomma di una famiglia in crisi, in profonda crisi. Di questo dovrebbero tenere conto gli insegnanti, ponendo la massima attenzione nel rapporto con i genitori, in particolare riguardo alle modalità di comunicazione che dovrebbero essere empatiche e partecipative, cosa, ahimè, molto rara nell’ambiente scolastico.
La scuola che comunica a un genitore che il figlio potrebbe essere dislessico deve rendersi conto che sta parlando con un soggetto già messo a dura prova e pertanto dovrebbe adottare tutte le tecniche atte a rendere la comunicazione particolarmente dolce, accettabile, comprensiva, completa e convincente. Non basta dire «il problema di suo figlio poterebbe essere la dislessia», ma bisogna capire lo stato d’animo del genitore, mettersi in sintonia, attivare una relazione empatica, spiegare bene cos’è la dislessia (quante insegnanti lo sanno?).
Certamente anche questo potrebbe non essere sufficiente, soprattutto se di fronte a un genitore incapace di accettare la diversità. Si tratta di “cultura”, che non riguarda il titolo di studio e la posizione professionale, ma semplicemente quella flessibilità mentale che consente di concepire la molteplicità della differenza come risorsa. Si tratta di pregiudizi, di pensieri standardizzati e rigidi, contro i quali la lotta è dura ed estremamente faticosa. Ma la scuola ha il dovere professionale e morale di fare la sua parte fino in fondo, anche di fronte alle famiglie più resistenti. Alla fine decideranno i genitori, ma val la pena tentarle tutte per salvare un bambino dall’incomprensione.
Anche la diagnosi alla fine della seconda elementare – come da protocolli stabiliti dalla Consensus Conference [Roma, 6-7 dicembre 2010, a cura dell’AID – Associazione Italiana Dislessia, N.d.R.] – non aiuta, come lei giustamente sostiene. Ma è anche vero che già in prima elementare può essere effettuata una valutazione diagnostica di “sospetto” DSA, con conseguente richiesta di applicazione delle misure didattiche necessarie nonché di riabilitazione specifica.
Se affrontata precocemente, già in prima elementare, la dislessia può anche risolversi o comunque ridursi, consentendo al bambino di arrivare alla diagnosi alla fine della seconda con “tutti i compiti ben eseguiti”. Se poi la diagnosi viene confermata, almeno c’è il conforto di avere fatto tutto ciò che si doveva fare e di averlo fatto nel momento migliore.
Per diagnosticare la dislessia c’è comunque un requisito di partenza, sempre definito dalla Consensus Conference, che è l’intelligenza. Un bambino dislessico può non essere un genio, può non avere un’intelligenza superiore alla media, ma il suo Quoziente d’Intelligenza deve assolutamente essere all’interno della media, come conditio sine qua non per la diagnosi. Quindi i DSA sono sicuramente bambini e ragazzi intelligenti – spesso dalla mia esperienza molto intelligenti – anche se non necessariamente geni. Generalmente posso dire che sono ragazzi molto sensibili, profondi, creativi e sicuramente speciali.
Concordo pienamente con lei sull’importanza del dialogo tra scuola e famiglia, indispensabile alleanza strategica a beneficio del bambino. Per concludere, però, mi permetto di chiederle, come piacere personale, di evitare termini che possano ricondurre la dislessia a una malattia, quale essa non è. Questa è una questione di parole, ma conseguentemente anche di contenuti. Si è affetti da un virus, ma non da DSA; si è colpiti da un infarto, ma non da DSA; si cura l’influenza ma non i DSA…
Insomma, la dislessia è una caratteristica, un modo di essere, una particolarità individuale, certamente scomoda in alcune situazioni, ma da gestire e rispettare, non da combattere. Mi scusi, ma anche questo rientra nella mia battaglia a favore dei bambini e ragazzi dislessici. Forse infinita ma… chissà!
Laura Ceccon

La dislessia e gli altri DSA (disturbi specifici di apprendimento)
Si parla di dislessia in caso di difficoltà significativa nell’apprendimento della lettura in presenza di un livello cognitivo e di un’istruzione adeguati e in assenza di problemi neurologici e sensoriali.
I bambini con dislessia sono intelligenti, non hanno problemi visivi o uditivi, ma non apprendono a leggere in modo sufficientemente corretto e fluido: infatti le loro prestazioni nella lettura risultano nel complesso molto al di sotto del livello che ci si aspetterebbe in base all’età, alla classe frequentata e al livello intellettivo generale. Queste difficoltà solitamente condizionano anche in modo pesante le prestazioni scolastiche.
Spesso alla dislessia sono associati ulteriori disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), quali la disortografia, la disgrafia e, a volte, lievi difficoltà nel linguaggio orale (fatica a recuperare termini appropriati o a memorizzare parole nuove) e nel calcolo (soprattutto mentale, oppure nella memorizzazione delle tabelline).
Il problema della dislessia risulta evidente in seconda-terza elementare (alcuni segni si possono per altro già osservare nella scuola materna, come la presenza di significative difficoltà nel manipolare i suoni nelle rime, nelle filastrocche…).
Non sempre gli approfondimenti diagnostici vengono svolti tempestivamente (ancora tanti bambini accedono infatti ai servizi alla fine della scuola elementare o alla scuola media), a causa di una sbagliata interpretazione o sottovalutazione del problema. Si parla ad esempio ancora di pigrizia, demotivazione o disagio psicologico, problemi che senz’altro a volte possono essere associati al disturbo, ma che rappresentano dei correlati o delle conseguenze della dislessia, non la causa. Per ridurre l’interferenza di tali disturbi, è possibile ricorrere all’ausilio di strumenti compensativi e dispensativi, appositamente previsti dalla normativa italiana, ma attualmente poco usati.
Ad occuparsi di questo, nel nostro Paese, vi sono organizzazioni come l’AID (Associazione Italiana Dislessia) o forum come Dislessia On Line. Si legga anche, nel nostro sito, la specifica scheda raggiungibile cliccando qui.

Tra i testi pubblicati dal nostro sito sul problema della dislessia, segnaliamo in particolare i seguenti:
– Quando le lettere diventano dispettose (cliccare qui).
– Dislessia, autonomia e informatica (cliccare qui).
– Disgrafia: quei disagi di confine (Diomira Pizzamiglio) (cliccare qui).
– E la scuola che voleva don Milani? (cliccare qui).
– La dislessia infantile (cliccare qui).
– Gli audiolibri e la dislessia (cliccare qui).
– La dislessia (Maria Luisa Lorusso, Antonio Salandi, Cecilia Marino e Massimo Molteni) (cliccare qui).
– Dislessia: il libro parlato funziona (cliccare qui).
– Una petizione a tutela dei ragazzi dislessici (cliccare qui).
– Dislessia in Friuli Venezia Giulia: a che punto siamo? (cliccare qui).
– Lo Sportello Dislessia Ferrara (cliccare qui).
– Vorremmo solo poter studiare come gli altri… (cliccare qui).
– La bocciatura di quel ragazzo con problemi di dislessia (cliccare qui).
– Si va finalmente verso l’approvazione della legge sulla dislessia? (cliccare qui).
– L’emozione di rivederlo con un libro in mano (cliccare qui).
– Quante affinità, tra quelle storie di dislessia! (Massimo Rondi) (cliccare qui).
– Dislessia: una questione di civiltà (AID) (cliccare qui).
– E se Percy Jackson diventasse compagno d’avventura di tanti ragazzi dislessici? (cliccare qui).
– Dislessia: è la scuola che deve riconoscere le specificità individuali (cliccare qui).
– Venga subito approvata quella legge sulla dislessia (cliccare qui).
– Bocciatura annullata per un ragazzo con problemi di dislessia (cliccare qui).
– Approvata la legge sulla dislessia, dopo un’attesa di anni (cliccare qui).
– Si festeggia a Firenze la legge sulla dislessia (cliccare qui).
– La nuova legge sulla dislessia: vediamola punto per punto (a cura di Salvatore Nocera) (cliccare qui).
– Dislessia: dopo la legge, bisogna cambiare la cultura (di Laura Ceccon) (cliccare qui)
– I disturbi specifici di apprendimento vanno compresi e affrontati (di Laura Ceccon, cliccare qui)
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