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Ruggero, la sindrome di Down e il peso della fortuna

«Avere la Sindrome di Down è come “vincere la lotteria”»: lo dice il regista Franco Dipietro, piemontese, classe 1978, autore di alcuni cortometraggi e attivo nel mondo pubblicitario. Sua è Due Monete, una piccola casa di produzione torinese con cui ora si sta cimentando nella realizzazione di un cortometraggio il cui protagonista è Ruggero Mancini, un ragazzo con la sindrome di Down.
Ci ha contattato perché vuole promuovere la sua storia e raccogliere i fondi necessari per realizzarla. Allora lo abbiamo intervistato per capire meglio di che cosa si tratta.

Ruggero Mancini, il protagonista del cortometraggioCominciamo con il capire “a che punto è”: il film è verso la fine della fase di preproduzione, quella cioè che comprende l’organizzazione prima di arrivare al set. Comprende ad esempio il casting per scegliere gli attori, le prove per gli stessi, la preparazione dei materiali e delle scenografie, il coordinamento generale, l’arruolamento del cast tecnico, eccetera: «un lavoro di scrittura e pianificazione durato oltre sei mesi», commenta il regista. Che vorrebbe poi girare la sua storia tra poco, a fine agosto, in quattro giorni, per realizzare un prodotto della durata di circa dodici minuti in supporto digitale. «Attualmente è finito il casting principale, stiamo affrontando quello delle comparse», specifica.
Il cortometraggio ruota attorno alla figura di Ruggero, «che fa di tutto per mantenere la sua possibilità di fare l’amore con la ragazza che ama», spiega Dipietro.

Com’è nata l’idea della storia?
«Da un’esigenza personale. di voler raccontare cosa in quel momento sentivo e pensavo dell’amore fisico e affettivo tra due persone. Pensavo che ci vuole una grande fortuna per rimanere vicini alla persona che si ama, per trattenere quell’amore. E pensavo che neanche la fortuna a volte può bastare. L’amore è una faccenda complessa e bisogna sapersi creare intorno la propria fortuna».

In che senso avere la Sindrome di Down è come “vincere la lotteria”?
«Credo che Ruggero sia un “frutto della fortuna”. C’è solo una piccola possibilità di venire concepiti con la sindrome di Down. Tramite la diagnosi precoce, nei casi in cui venga individuata, per la madre è sempre possibile decidere di non portare a termine la gravidanza. Quindi nascere Down è come avere azzeccato per ben due volte di seguito una percentuale piccolissima, un po’ come aver vinto la lotteria due volte di fila. Ruggero per me è il segnale stesso manifesto della fortuna che cammina sulla terra. È speciale e raro, un rappresentante di un genere umano che, se non venisse scremato prima della nascita, potrebbe raggrupparsi in un “piccolo popolo”, ma molto più grande di quello che è adesso».

Cosa c’entrano queste considerazioni con il film?
«Ruggero, quello vero intendo [il nome del personaggio corrisponde a quello dell’interprete, N.d.R.], sta con Anna, una ragazza anche lei con sindrome di Down, e stanno insieme da sette anni. Se trovare l’amore è percentualmente difficile su un campione di sei miliardi di individui, pensate a quanto sia difficile trovarlo in un campione molto più ristretto. E se pensiamo a tutti quegli aiuti della fortuna che servono per trattenere l’amore della propria vita, allora capiamo che lo stare insieme di Ruggero e Anna è un vero evento dalla percentuale ridottissima. Un miracolo. Come tirare un dado e fare “sei” per dieci volte di seguito».

La storia vera di Ruggero ha ispirato quella raccontata nel film?
«No, non è stato Ruggero a ispirare la storia. La storia è nata da sola. Ruggero l’ha incrociata, e l’ha plasmata. Le percentuali e le probabilità mi affascinano. È la fortuna, o meglio ancora quello che si combina con la fortuna il vero tema del corto. Ruggero mi serve per raccontare la storia di quella volta che un ragazzo fortunato ha usato la fortuna per creare altra fortuna intorno a sé».

Il regista Franco DipietroPerché la scelta di un protagonista con disabilità? Che visione della disabilità vuole restituire agli spettatori questo cortometraggio?
«Ruggero non è un film che parla di disabilità. Ruggero non vuole restituire al mondo una visione sulla disabilità. Vuole dire che sui temi che ci stanno più a cuore reagiamo tutti con un forte handicap. La difficoltà di gestire i rapporti rimane uguale a qualunque quoziente intellettivo. Non c’è nessuna corrispondenza direttamente o inversamente proporzionale che collega l’amore all’abilità. Al massimo collega l’amore alla fortuna. E Ruggero di fortuna è “un esperto”, come dicevo».

Ruggero, quello vero, si rende conto di quello che state facendo e di che cosa state raccontando a partire dalla sua storia personale?
«Non è questione se lui sia consapevole o meno di questo, ma è davvero così che è andata. C’era l’idea, c’era la storia, ma mancava la vita. Il concetto di base è stato letteralmente “colato” su di lui. All’inizio non mi ero subito reso conto che per girare quella storia raccontandola per immagini, tramite attori veri, avrei dovuto anche coinvolgere Ruggero nella sua realizzazione pratica. “È un ‘problema’ a cui penseremo in seguito”, abbiamo deciso. E nel frattempo Ruggero è diventato la storia, si può dire. Si è infilato nella trama e l’ha resa sua. Questo è stato possibile grazie alla costante convivenza che si è instaurata tra noi e lui in questi mesi in cui stavamo scrivendo la sceneggiatura. Ogni giorno era buono per cogliere un nuovo episodio, una nuova movenza, un suo nuovo modo di dire o di fare. Di nascosto. Appuntandolo timidamente e poi trasferendolo in sceneggiatura. Si è formata così, la storia, tramite la vicinanza».

La vicinanza? Che occasioni avete di incontrare il ragazzo tanto spesso?
«Fa le consegne nel palazzo dove ha sede la nostra casa di produzione e passa quasi interamente le sue giornate all’interno di queste mura. In qualche modo, anche se il testimone della storia è uno solo, la scrittura è formata dalla partecipazione di molti. Ruggero, innanzitutto, e poi il posto dove l’abbiamo conosciuto. Le due cose non vivono l’una senza l’altra. La storia racconta di entrambi, perchè entrambi l’hanno ospitata, nutrita e cresciuta».

Ruggero è contento di fare l’attore?
«Quando è arrivato il momento di coinvolgerlo nella fase produttiva, lo abbiamo Informato che avrebbe avuto un ruolo fondamentale e lo abbiamo lentamente responsabilizzato. Anche se non credo che sia la responsabilità la leva che l’ha spinto a subire mesi di prove che probabilmente non comprende fino in fondo. È una cosa che avevo immaginato, ma che ho scoperto di recente. A Ruggero non importa nulla di fare l’attore. A lui importa di fare bella figura con Anna. È di qualche giorno fa la sua richiesta di poter dedicare il corto “ad Anna”. Ed ecco qui le sue motivazioni. Ed ecco qui che la storia, così com’è scritta, ancora una volta va a confermare la fonte da cui è stata presa. Anche Ruggero, quello vero, fa come il Ruggero del corto. Mette l’amore sopra ogni altra cosa. Non credo che gli importi di quattro ragazzi che girano un corto (anche loro attenti a crearsi intorno la propria fortuna), ma sicuramente posso pensare che si stia divertendo. Sono giorni, questi, in cui comincia ad interpellarci con le frasi del corto, per riderci su, e sentiamo che la confidenza tra noi e lui è costantemente cresciuta».

Come mai la scelta di raccogliere fondi per la realizzazione del video interpellando anche la rete (e quindi, tra gli altri, anche il nostro sito)?
«La decisione di utilizzare una piattaforma di crowdfunding [processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizzano il proprio denaro in comune per supportare gli sforzi di persone e organizzazioni, N.d.R.] per finanziare parte del progetto nasce dalla volontà di rendere subito partecipi i fruitori della storia, lasciando aperto uno spiraglio per permettere loro di entrare e plasmare a loro volta l’immaginario e la successione di eventi. Se abbiamo detto che la storia è nata da una coralità, anche il film dovrebbe nascere da una coralità. Tutte le persone che partecipano al progetto lo fanno a puro titolo gratuito. Nonostante questo, le spese relative a scenografie, costumi, trasporti, logistica, catering e requisiti tecnici sono ancora da coprire. La mia casa di produzione Due Monete mette di tasca propria una cifra intorno ai 5.000 euro, gli altri speriamo di raccoglierli dalla rete. Intanto la produzione è già partita e non si può più arrestare. Anche se alla fine i soldi raccolti non saranno quanti sperati, continueremo a coprirne le spese».

Quanto avete raccolto finora tramite le donazioni online?
«Ad oggi, fine luglio, sono 1.700 euro».

Siete contenti del riscontro?
«La risposta positiva e il coinvolgimento entusiastico di molte persone che ci aiutano, chi con la propria professionalità, chi con il proprio contributo monetario attraverso la piattaforma, ci conferma che la storia sta viaggiando sul binario giusto. Per lo meno sulla carta. Credo sia prova che la passione investita nella sua realizzazione traspare da chi in questo momento è impegnato a raccontarla. Ora non rimane che fare un bel film».

Per chi volesse saperne di più, si può rimanere costantemente aggiornati grazie alla pagina Facebook Due Monete/Ruggero (ed eventualmente versare contributi all’indirizzo www.indiegogo.com/Ruggero).
Quando l’opera sarà compiuta e pronta a girare (per i festival? Nel web? Nel mercato?) racconteremo l’esito ai nostri Lettori di e ci faremo dire dai partecipanti come sarà andata l’avventura. Intanto, in bocca al lupo a tutti e soprattutto a Ruggero e al suo amore.

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