Quando l’inclusione è possibile

Sia per quantità che per qualità di partecipazione, è stato crescente, di anno in anno, il successo delle “Chiavi di Scuola”, concorso promosso dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), per dare visibilità alle buone prassi riguardanti l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, che ha vissuto all’inizio di quest’anno la sua quarta edizione. Ne parliamo con Francesca Palmas, responsabile del Settore Scuola per l’ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi) e dal 2009 coordinatrice del Comitato Tecnico-Scientifico delle “Chiavi di Scuola”, oltreché valutatrice dei progetti presentati

Il progetto di istruzione domiciliare di Silvia, giovane con grave disabilità di Iglesias, ha ottenuto un riconoscimento speciale, nell'ambito delle «Chiavi di Scuola 2011»Abbiamo riferito ampiamente, nei mesi scorsi, della quarta edizione delle Chiavi di Scuola, l’ormai tradizionale concorso nazionale promosso dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), dedicato alle buone prassi per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, che ha vissuto il suo momento conclusivo nel mese di marzo scorso a Cagliari (se ne legga in particolare cliccando qui).
Ne parliamo ora con Francesca Palmas, responsabile del Settore Scuola per l’
ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi) e dal 2009 coordinatrice del Comitato Tecnico-Scientifico delle Chiavi di Scuola e valutatrice dei progetti presentati. (Barbara Pianca)

Cosa apprezza di più di questa iniziativa?
«La possibilità di selezionare buone prassi nelle scuole di ogni ordine e grado in tutto il Paese e successivamente la messa in rete e la diffusione delle stesse, per la prima volta in Italia: non esiste, infatti, nessun’altra raccolta sistematica.
Ad oggi sono stati selezionati oltre mille progetti. Inoltre, è interessante e utilissimo il confronto con i professionisti e gli operatori del settore da parte dei membri del Comitato, composto sì da esperti e docenti, ma anche dai rappresentanti delle associazioni che aderiscono alla FISH. È questo l’aspetto che ci caratterizza: di norma professionisti ed enti di formazione studiano e pubblicano ricerche e statistiche; con il nostro concorso, invece, è proprio la FISH – dunque la rappresentanza dei diretti interessati – che valuta la qualità dell’inclusione, stabilendo una serie di indicatori attraverso il bando di concorso».

Com’è andata la premiazione?
«L’abbiamo organizzata noi dell’ABC Sardegna, coordinandoci con la Segreteria Nazionale FISH, in concomitanza con il Congresso Elettivo della Federazione [di quest’ultimo si legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.]. È stato un importante momento per la nostra Regione, che ha ospitato oltre centotrenta leader associativi, esperti internazionali e rappresentanti delle scuole vincitrici. In totale quattrocento persone, per un evento che ha avuto grande eco nei mass media. La Regione Sardegna ha stanziato 40.000 euro, ciò che non era mai successo finora in altre Regioni. Hanno contribuito anche il Comune, la Provincia e l’Ufficio Scolastico Provinciale di Cagliari e il Centro Servizi per il Volontariato Sardegna Solidale. La premiazione è stata affidata a esponenti del mondo istituzionale, cosicché il messaggio “l’inclusione nella scuola pubblica è possibile!” è passato fra le Istituzioni, le scuole, le famiglie e l’opinione pubblica.
La particolarità di questa edizione è che la FISH ha assegnato due riconoscimenti speciali: uno alla Classe 3F dell’Istituto Comprensivo di Catanzaro, scuola media di cui tanto si è parlato perché la Dirigente Scolastica avrebbe – secondo la stampa nazionale – negato a un alunno con sindrome di Down la partecipazione alle gite scolastiche, invitando compagni e docenti a nascondergli le date. L’invito, però, sarebbe stato declinato dai compagni, che avrebbero dichiarato di preferire la rinuncia alle gite piuttosto che veder discriminato il ragazzo [di tale episodio si legga anche nel nostro sito, cliccando qui, N.d.R.].
L’altro riconoscimento è andato a una scuola superiore sarda, l’Istituto Minerario di Iglesias, per il progetto di istruzione domiciliare riguardante Silvia, un’alunna con grave disabilità che non può frequentare la scuola: gli insegnanti a turno seguono le lezioni in videoconferenza e con il lavoro a casa. La stessa ragazza era già stata tra le vincitrici del concorso nel 2007 con la scuola media, a dimostrazione del fatto che le esperienze premiate dalle Chiavi di scuola hanno ricadute benefiche nel tempo».

Come si è evoluta in questi anni la manifestazione?
«Credo che sia cresciuta la nostra esigenza e capacità di estendere il messaggio all’opinione pubblica, curando in modo particolare il convegno finale delle premiazioni. È stato realizzato un sito internet (cliccare qui) e in questi ultimi due anni abbiamo affinato i criteri del bando di partecipazione e il modulo di iscrizione. Considerata la maggiore selezione, il numero delle domande presentate è cresciuto – circa trecento quest’anno – ed è superiore anche la qualità dei progetti. Sono inoltre state trasmesse esperienze valide e buono è stato anche il linguaggio utilizzato, con frasi come “gli alunni disabili sono una risorsa per la scuola”, “coinvolgimento e partecipazione delle famiglie”, “crescita negli apprendimenti”, “valorizzazione delle diversità”, “coinvolgimento, cooperazione e tutoring tra i compagni”, “coinvolgimento di tutti i docenti”».

Esiste un “effetto contagio” in termini di imitazione delle buone prassi?
«Sì, pensiamo ad esempio al secondo riconoscimento speciale di cui si è detto: anche grazie alle Chiavi di Scuola il percorso di Silvia procede nella scuola superiore. Ecco perché parlare e diffondere queste buone prassi è un nostro dovere e un obiettivo della FISH.
Stiamo attivando la risorsa della rete associativa nel territorio, ma vogliamo anche rinforzare la piattaforma informatica e realizzare più iniziative anche locali per trasmettere queste esperienze».

Guardando in particolare alla disabilità motoria, quali sono state le soluzioni più innovative in tale ambito?
«Tante, legate soprattutto al supporto tecnologico, ma anche all’abbattimento delle barriere architettoniche. Il progetto che maggiormente mi ha colpito è quello di cui ho già parlato prima. La ragazza è una mia conterranea, affetta da una disabilità tale da non permetterle di poter frequentare la scuola. Il supporto tecnologico – oltre che umano e professionale – realizzato con questo progetto di istruzione domiciliare, avviato ormai da più di quattro anni, è impressionante.
“Mi sento uguale agli altri – ha detto Silvia con il sorriso sulle labbra – solo un pochino diversa, con qualche difficoltà in più, ma in informatica non mi batte nessuno, o quasi”. Quest’anno, con uno sforzo immenso (respira attraverso una macchina), e grazie alla sua famiglia sempre presente e attiva, ha ritirato lei stessa il premio, di cui va orgogliosa. Il suo entusiasmo, la sua allegria, la sua voglia di vivere hanno contagiato i presenti. Premiarla ha significato premiare tutti i ragazzi con disabilità grave e gravissima. Credo che non lo dimenticherò mai!».

*Intervista pubblicata dal n. 174 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il titolo L’inclusione è possibile, qui ripresa per gentile concessione, con lievi riadattamenti.

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