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Sostegno: quelle notizie stravaganti (e illegittime) che capita di leggere

Ragazzino in carrozzina a scuola con l'insegnante di sostegnoPremesso che non credo a tutto quello che leggo – e quindi prendendo tutto con il benieicio d’inventario e con la necessità/opportunità di verifiche – stamattina, alla lettura del sito Disablog.it, trovo pubblicato l’articolo Prof di sostegno pagati dalle famiglie (leggibile cliccando qui).
A dire il vero, ciò che mi colpisce non è il titolo – mi ritornano in mente le voci di proposte di legge in questo senso dei mesi scorsi che, personalmente, ho ritenuto illegittime – ma quanto leggo nella prima proposizione dell’articolo e che qui riporto: «Per non fare torto a nessuno e garantire un minimo di assistenza agli alunni disabili iscritti alla sua scuola ha deciso di suddividere le ore di sostegno in modo equo: sette ore a tutti, studenti con disabilità grave e meno grave. Ma la carenza di insegnanti di sostegno è talmente evidente che ha già pronto il piano bis. Ossia una partecipazione economica dei genitori con figli disabili alle spese per garantire loro l’assistenza necessaria durante l’orario scolastico. In poche parole vuol dire che gli insegnanti di sostegno, per lavorare nella scuola pubblica, potrebbero dover essere pagati dai privati cittadini».

Come ho tentato di diffondere anche con contributi scientifici (certo della validità di essi), non è giuridicamente sostenibile e legittimo il comportamento dell’Amministrazione Scolastica che decida di «suddividere le ore di sostegno in modo equo: sette ore a tutti, studenti con disabilità grave e meno grave».
Non mi stancherò mai di dire – a tutela delle dirigenze scolastiche, così come degli alunni con disabilità – che per quanto possa comprendersi la tendenza a porre in essere un approccio da “buon padre di famiglia” e da equo distributore di risorse, non può e non deve dimenticarsi che la docenza specializzata per il sostegno e il numero di ore di essa rappresentano un diritto soggettivo dell’alunno con disabilità e non già un “bene disponibile” della Pubblica Amministrazione.
Appare pertanto evidente che trattare situazioni diverse in modo uguale rappresenta non solo una violazione del principio di uguaglianza, ma anche un’assai dubbia azione amministrativa, che si crede essere poco rispettosa (meglio: illegittima) del principio costituzionale del buon andamento e dell’imparzialità dell’Amministrazione (articolo 97 della Costituzione).

Vero è che il Legislatore, da ultimo, all’interno dell’articolo 19, comma 11 della Legge 111/11 [conversione del Decreto Legge 98/11, N.d.R.], ha previsto che «L’organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole allo scopo costituite, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili», ma si ritiene anche che questa norma sia lesiva del regolare iter del procedimento amministrativo di certificazione, valutazione e assegnazione del docente specializzato per il sostegno (procedimento tutto imperniato sull’individualizzazione e personalizzazione dei bisogni del singolo alunno e che, irragionevolmente, si concluderebbe con un’attribuzione all’istituzione scolastica anziché all’alunno titolare e per il quale ne è sorto il procedimento amministrativo), sia di quel diritto soggettivo dell’alunno con disabilità previsto dalla normativa nazionale e internazionale vigente, oltre che, come ben evidenziato, dalla Sentenza della Corte Costituzionale 80/10.

Altra questione. Come si può immaginare una sorta di «compartecipazione economica» della famiglia al fine di garantire l’erogazione della docenza specializzata per il sostegno? Forse si dimentica che la docenza specializzata per il sostegno non è qualcosa di “altro” e “al di fuori” dall’organizzazione ordinaria dell’Amministrazione Scolastica italiana e della normativa scolastica.
E ancora, non si comprende come simili proposte – che spero davvero si fermino prima che possano mai giungere all’analisi di una corte di giustizia – possano apparire (ed essere) legittime rispetto a princìpi di uguaglianza e non discriminazione posti da atti normativi internazionali e nazionali a tutela delle persone con disabilità.
Insomma, si comprende che al momento si è in uno stato di recessione economico-finanziaria, ma ciò non più giustificare una recessione di diritti fondamentali e di uguaglianza delle persone. Né si può credere che – come più avanti si legge nell’articolo giornalistico in commento – la soluzione possa essere: «una redistribuzione generale delle ore di sostegno tra i ragazzi – dice Valente [Gianna Valente, dirigente del Circolo Benci di Livorno, N.d.R.] -, per non lasciare scoperto nessuno ho tolto qualche ora ad ogni ragazzo, parcellizzando il più possibile le cattedre degli insegnanti nelle tre scuole elementari del circolo».
Vero è, forse, che «non si lascia scoperto nessuno», ma è anche vero che così operando si ledono i diritti soggettivi di ognuno degli alunni, legittimandoli così potenzialmente tutti ad adire l’autorità giudiziaria!

Le proposte, quindi, non sembrano essere né giuridicamente sostenibili né economicamente vantaggiose. Il loro costo sociale, infatti, è certamente ben più alto di quanto, invece, non sarebbe un corretto adempimento amministrativo da parte delle Amministrazioni Scolastiche degli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali, evitando così “imbarazzi” e atti verosimilmente illegittimi delle Direzioni Scolastiche.
Ed evitando, soprattutto, violazioni di diritti fondamentali degli alunni con disabilità.

*Avvocato (fmarcellino@videobank.it).

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