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La dignità integrale della persona

Oriella Orazi, «Libertà costretta»Il diritto a una vita dignitosa: quante volte abbiamo dovuto usare queste parole nel nostro sito, denunciando casi di discriminazione o di mancate tutele nei confronti di persone con disabilità o delle loro famiglie?
Merita quindi – se possibile – un’attenzione ancora maggiore l’Articolo 25 della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – quello dedicato appunto alla dignità di vita – che proponiamo oggi, continuando a seguire la bella iniziativa 10 giorni x i diritti umani, lanciata nei giorni scorsi dalla Tavola della Pace, in occasione del 10 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti Umani, per rileggere alcuni tra i più significativi articoli della Dichiarazione Universale, riguardanti di volta in volta le discriminazioni, il diritto di cittadinanza, la scuola, il lavoro, la pace e molto altro ancora.
Il commento è sempre quello di Antonio Papisca, direttore della Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace”, presso il
Centro Interdipartimentale sui Diritti della Persona e dei Popoli dell’Università di Padova.

Articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Il commento di Antonio Papisca
«Questo è un Articolo che riassume e ricapitola tutti gli altri, nel segno della dignità integrale della persona. Il contenuto di questa norma internazionale è come la carezza amorevole che il Diritto Internazionale dei Diritti Umani fa alla persona, egualmente a ciascun membro della famiglia umana, ma con particolare attenzione a chi meno ha e ha più bisogno.
Con l’Articolo 25 è la norma internazionale che si prende cura delle necessità vitali delle persone. Come tale, essa non soltanto è credibile, ma ci obbliga a farla “azione”, nel quadro di una prospettiva vitale che è molto più della mera sopravvivenza di persone e popoli, molto più del superamento millimetrico della soglia di povertà. L’Articolo parla infatti di un tenore di vita che produca e alimenti il benessere integrale della persona e della sua famiglia, cioè dell’essere umano fatto di anima e di corpo, di spirito e di materia.
In questo contesto il concetto di salute è quello definito dalla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non meramente l’assenza di malattia“.
Precisa questa stessa Costituzione che “il godimento del più alto conseguibile livello di salute costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, di religione, di fede politica, di condizione economica o sociale” e che “la salute di tutti i popoli è fondamentale ai fini del conseguimento della pace e della sicurezza ed è dipendente dalla più piena collaborazione degli individui e degli stati”.
In questo contesto di promozione della dignità umana su scala mondiale e in chiave di responsabilità condivise, è appena il caso di sottolineare che il “benessere” dei Diritti Umani non è fatto di lussi, di stravaganze, di consumismi. La lezione che ne discende è di sobrietà nel consumare e nel comportarsi, da mettere in atto all’interno della micro-comunità familiare e nelle più ampie comunità sociali d’appartenenza.
L’Articolo 25, nella sua puntuale didascalità, è il codice genetico dello Stato Sociale e dell’intera Agenda Politica dei Diritti Umani. La traduzione operativa di questa consiste nelle politiche sociali e nelle azioni positive nei settori della sanità, della casa, dell’occupazione, dell’assistenza, della speciale protezione dei bambini e della maternità. Da sottolineare che il secondo comma dell’Articolo dice che i bambini sono tutti eguali, dentro o fuori del matrimonio.
Una breve riflessione sul diritto all’alimentazione. In tante parti del mondo si continua ancora a morire di fame, a causa di carestie, violenze, guerre, ma anche a causa di espropriata autosufficienza alimentare. Periodicamente si lanciano campagne mondiali contro la fame nel mondo. Ricordo che la prima fu lanciata dalla FAO nel 1960, l’ultima nel 2000 con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio [Millennium Development Goals, N.d.R.].
Per sfamare occorrono certamente viveri e danaro, ma in non pochi casi bisogna consentire ai Paesi derubati dall’autosufficienza di recuperarla, nel quadro di una più corretta divisione dei termini di scambio tra Paesi ad economia povera da un lato, e Paesi ad economia sviluppata, dall’altro.

Dentro il tema alimentazione c’è quello dell’acqua e dell’accesso all’acqua potabile.
L’ONU ha adottato varie iniziative sul tema dello sradicamento della povertà estrema. In particolare il Consiglio dei DirittiUumani delle Nazioni Unite ha stilato nel 2007 un documento intitolato I Principi guida sulla povertà estrema e i diritti umani, inteso a dar voce ai poveri. In questo documento c’è un paragrafo dedicato a “il diritto all’acqua” come diritto fondamentale. Da molti anni, organizzazioni non governative e movimenti solidaristici transnazionali si stanno battendo per questa causa, sostenendo, a ragione, che l’acqua è bene comune globale (global common good) e che, pertanto, bisogna sottrarla alle privatizzazioni: per l’acqua non ci sono vie di mezzo tra pubblico e privato. L’acqua è un bene di tutti e come tale dev’essere gestito e protetto dalle Pubbliche Istituzioni, interne e internazionali.
Neppure la sanità può essere oggetto di esclusiva privatizzazione. Il diritto fondamentale alla salute si traduce in: cure mediche e salute per tutti. La sanità è un servizio pubblico elementare e come tale oggetto, in via primaria, di politiche pubbliche. Fa parte dell’imperfezione umana commuoversi (eventualmente) di fronte a chi muore di fame e restare indifferenti di fronte a chi, per mancanza di danaro, è costretto a soffrire e morire prematuramente per mancata assistenza sanitaria.
Pochi mettono in relazione l’Articolo 25 con l’Articolo 1 della Dichiarazione Universale [di quest’ultimo si legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.]. Ma bisogna farlo. Coloro che “nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, coloro cioè che sono la legge fondamentale, hanno diritto a vivere, non a sopravvivere, fortunosamente o a morire di stenti. Morendo prematuramente o stentando a sopravvivere, è lo stesso “diritto umano sussistente” (Antonio Rosmini) che entra in crisi, è lo stesso ordinamento giuridico che perde di sostanza precettiva.
Quanto costa aiutare tutti i membri della famiglia umana a vivere degnamente?
Prima di quantificare la risposta nei vari contesti geografici, andiamo a guardare quanto costano gli armamenti, le guerre “preventive” palesi e camuffate, quanto danaro è bruciato dalla speculazione finanziaria, quanti danni hanno provocato la deregulation, il neoliberismo, le politiche di “aggiustamento strutturale” del Fondo Monetario Internazionale, l’inquinamento dell’ambiente naturale, la non volontà degli Stati più forti di governare l’economia mondiale per i fini di giustizia che sono elencati nell’Articolo 25.

I nostri primi tre articoli, di questa serie di contributi (Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, Vietato discriminare! e Il diritto alla ciitadinanza) sono disponibili cliccando quiqui e qui.

Redazione della Tavola della Pace, tel. 075 5736890, redazione@perlapace.it.
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