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«Fare assieme» teatro

Il regista, scenegggiatore e attore trevigiano Mirko Artuso collabora con il progetto in corso a CampobassoVerrà inaugurato il 21 dicembre a Campobasso il Centro Socio-Educativo per Disabili G. Palmieri, progetto sperimentale gestito dalla Cooperativa Sociale Sirio e nato grazie alla fattiva collaborazione tra il Dipartimento di Salute Mentale e il Centro di Riabilitazione per l’Infanzia del capoluogo molisano, insieme all’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Molise e al Comune di Campobasso.
La struttura, situata in Contrada Selva Piana, offre attività a quattordici utenti con disabilità psico-fisiche, allo scopo di promuovere opportunità di socializzazione e miglioramento delle abilità, tramite progetti individualizzati e attività educative di gruppo, in continuità con le iniziative di rieducazione poste in essere dal Centro di Riabilitazione Provinciale di Via Garibaldi.

In questo ambito, la Cooperativa Sirio – con l’intento di rimarcare la centralità della persona, dei suoi sentimenti e il suo rapportarsi nella società – ha avviato un vero e proprio laboratorio di teatro, rivolto a tutti gli utenti che frequentano il Centro Palmieri, ma anche agli operatori e alle famiglie, senza escludere altre collaborazioni e contributi esterni.
Il progetto si avvale della partecipazione del regista, sceneggiatore e attore trevigiano Mirko Artuso ed è finalizzato alla messa in scena di una rappresentazione che vedrà impegnati gli utenti del Centro e non solo. «Alla base di tutto – spiegano i promotori – esiste infatti un’azione più profonda, fondata sull’acquisizione di consapevolezza delle proprie capacità e, soprattutto, sul superamento del distacco tra utente e operatore. Così, l’esperienza teatrale diventa esperienza collettiva, un’ulteriore sperimentazione di condivisione delle emozioni, che nasce dall’interazione tra le figure professionali e i fruitori del servizio. In definitiva, “persone che incontrano persone” a prescindere dalla differenza tra utente, operatore e familiare».
«Il laboratorio – aggiungono gli operatori del Centro, con “voce collettiva” – può definirsi “teatrale” solo perché prevede un tempo e uno spazio in cui si svolgono delle dinamiche. Potendo raccontare i due termini in una dimensione individuale, questa esperienza ci guida a riconoscere i nostri tempi e spazi, liberi dai condizionamenti del dover essere e al di là di qualsiasi scenario: il disabile è e non rappresenta. Da questo si parte alla scoperta di noi. Da operatori, scopriamo che le persone con cui lavoriamo sono “dentro al tempo”, dimostrano istintualità, agilità, verità, fluidità. Chi non vorrebbe perdersi nel tempo? È nella purezza del gioco, nel nostro imparare a stare dentro all’accadere del tempo che possiamo trovare i sentieri della consapevolezza e percorrerli nella quotidianità delle emozioni». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: rsm.campobasso@gmail.com.
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