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Il «Progetto Zero», ovvero per fare le scelte «giuste»

Ingrid HeindorfScienziata politica con un interesse speciale nei confronti dell’applicazione dei diritti umani: così si autodefinisce Ingrid Heindorf. Dal 2010 lavora per la Fondazione World Future Council, con sede ad Amburgo, in Germania. Tale organizzazione ha lo scopo di fornire un orientamento ai governanti, riguardo la scelta di soluzioni che portino a una politica futura “giusta”.
«La Fondazione opera per un mondo sostenibile, pacifico e “giusto” per le generazioni di oggi e domani»: è così che Heindorf presenta l’ente per cui lavora. Come scienziata politica e attivista dei diritti umani, è entrata in contatto con il mondo delle persone con disabilità due anni fa e il suo ruolo attuale nella Fondazione tedesca è di responsabile delle politiche per i diritti umani delle persone con disabilità nel dipartimento Just Societies (“Società Giuste”).
Incominciamo parlando con lei dello Zero Project (“Progetto Zero”), nell’ambito del quale – tra l’altro – è aperta a tutti, fino al 30 aprile, la pubblica consultazione per la segnalazione di buone strategie politiche e prassi utili a realizzare il diritto al lavoro delle persone con disabilità, tema della Conferenza Annuale del 2013 (cliccando qui, nella pagina web di Zero Project si può accedere a tutte le informazioni, in inglese, nella sezione denominata Call for nominations).

Che cos’è esattamente il vostro Progetto Zero?
«Insieme alla Essl Foundation abbiamo fatto partire il Progetto Zero nel mese di marzo dello scorso anno, allo scopo di migliorare le condizioni di vita delle persone con  disabilità, sulla base di quanto dichiarato dalla Convenzione ONU sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità.
Stiamo lavorando su tre aspetti: il primo consiste nella misurazione, attraverso ventidue indicatori sociali, del livello nazionale dell’applicazione dei contenuti della Convenzione. Nel 2011 abbiamo analizzato trentasei Paesi. Inoltre, siamo alla ricerca di esempi di buone prassi in tutto il mondo, intesi come progetti eccellenti di imprese sociali o organizzazioni non governative. Cerchiamo anche esempi di buone politiche, cioè di leggi che applichino i princìpi enunciati dalla Convenzione e che abbiano prodotto dei risultati identificabili. In particolare io al momento sto seguendo una ricerca sulle politiche segnalate dalle organizzazioni di persone con disabilità in tutto il mondo. Abbiamo istituito un Consiglio Scientifico composto da undici esperti di politiche sulla disabilità, chiamati a selezionare le leggi ritenute più significative.
All’inizio di quest’anno, infine, il Consiglio ha scelto otto strategie politiche che sono entrate a far parte del Report Zero e inserite nel nostro sito internet. Durante una conferenza organizzata a Vienna alla fine di gennaio di quest’anno, queste otto strategie sono state presentate e discusse nei dettagli con chi le ha messe a punto, esperti di alto livello e parlamentari».

La sessione plenaria di chiusura della recente Conferenza di ViennaPossiamo avere qualche dettaglio in più sulla Conferenza di Vienna?
«La Conferenza Zero è stata la prima a livello internazionale a concentrarsi sulle buone politiche per le persone con disabilità. Le otto normative selezionate dal Consiglio – provenienti da Austria, Canada, Gran Bretagna, Israele, Italia, Spagna, Stati Uniti e Svezia e inerenti alle aree della non discriminazione, dell’uguaglianza e dell’accessibilità – hanno migliorato in modo concreto la qualità della vita delle persone con disabilità dei Paesi in cui sono state applicate, contenendo buone soluzioni per superare le maggiori sfide che i governanti dovranno affrontare nel prossimo futuro. Esse possono inoltre servire da esempio per altre nazioni. Sono stati esaminati ad esempio il canadese Representation Agreement Act, lo svedese Personal Ombudsman System e l’israeliano Investigation and Testimony Procedures Act. In più, sono state presentate l’esperienza svedese sulla Vita Indipendente e quella italiana sull’educazione inclusiva».

Chi ha partecipato alla Conferenza?
«Dagli Stati Uniti Charles D. Siegal, dall’Inghilterra lord Colin Low, dalla Spagna il professor Antonio Martínez-Pujalte López e dall’Austria il ministro federale Rudolf Hundstorfer. A loro è stato chiesto di presentare la propria normativa sull’uguaglianza e la parità dei diritti. Dal Canada Christine Gordon, che per diversi anni ha guidato la coalizione delle organizzazioni di persone con disabilità per ottenere l’introduzione e l’applicazione del Representaton Agreeemnt Act. Dalla Svezia il dottor Adolf Ratzka ha presentato la politica di assistenza nel suo Paese. Accanto a lui, anche il connazionale Maths Jesperson, fondatore del PO-Skåne, un’organizzazione che nella Scania [regione meridionale della Svezia, N.d.R.] è stata alla base del Personal Ombudsman System [innovativo sistema di assistenza a favore di pazienti pscihiatrici, N.d.R.]. Da Israele Esther Sivan, direttore del Bizchut, il Centro Israeliano per i Diritti Umani delle Persone con Disabilità, grazie al quale in quel Paese è stato introdotto il Testimony Procedures Act».

Per l’Italia chi è stato invitato?
Yannis Vardakastanis, il presidente dell'European Disability Forum (EDF), interviene alla Conferenza di Vienna «Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International) e Amalia Schirru, deputata, componente dell’XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato della Camera e della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, ovvero tre figure fondamentali per lo sviluppo dell’educazione inclusiva in Italia.
La maggioranza dei partecipanti non era a conoscenza della normativa italiana sull’inclusione scolastica. Per loro è stato molto interessante scoprire che già più del 99,6% dei bambini italiani con disabilità frequenta una scuola normale e che ciò è possibile grazie al supporto di 90.000 insegnanti di sostegno. Nonostante gli enormi e identificabili miglioramenti su questo campo registrabili in Germania e Austria, in questi Paesi il sistema delle scuole separate continua a prevalere perché la resistenza nei confronti dell’inclusione totale può svanire solo tramite un lento processo».

Lo scambio di informazioni e di esperienze ha prodotto dei frutti?
«Gli esempi positivi provenienti dagli altri Paesi sono un buon argomento per i parlamentari e gli attivisti dei diritti umani delle persone con disabilità. Ad esempio, subito dopo la Conferenza di Vienna, le organizzazioni austriache di persone con disabilità hanno avanzato al loro Parlamento la richiesta di una riforma della legislazione sulla tutela».

Per capire il tipo di lavoro che World Future Council sta portando avanti, con l’aiuto della Heindorf guardiamo più da vicino gli atti scelti come esempio di soluzione “giusta” da proporre anche in altri Paesi.
Cominciamo con il Representation Agreement Act della Provincia British Columbia, in Canada. Si tratta di una normativa che riconosce il diritto a ricevere un supporto quando si devono prendere delle decisioni, evitando però di privare totalmente una persona con difficoltà psichiche o intellettive della facoltà di scegliere.
Le organizzazioni locali di persone con disabilità hanno giocato un importante ruolo nella definizione di quest’atto del quale uno dei maggiori punti di forza consiste nella definizione flessible del concetto di capability: la fiducia viene cioè riconosciuta come una delle caratteristiche delle relazioni di supporto e l’onere della prova dell’incapacità di autodeterminarsi è posta in capo a terzi e non alla persona.
La legge permette di stilare appunto i Representation Agreements, dichiarazioni in cui il soggetto con disabilità intellettiva o psichica affida ad un soggetto terzo l’incarico di sostenerlo nell’assunzione di decisioni relative alla cura di sé e all’amministrazione economica quotidiana.

Insieme a Giampiero Griffo e ad Amalia Schirru, Salvatore Nocera ha presentato a Vienna il modello italiano di educazione inclusivaPer quanto poi riguarda lo svedese Personal Ombudsman System del 2000, esso ha istituito nel Paese scandinavo un sistema nazionale di “rappresentanti personali”, soggetti altamente qualificati che instaurano un rapporto di fiducia con individui in necessità di sostegno perché affetti da alcuni tipi di disabilità intellettive o psichiche. In Svezia questo sostegno ormai è offerto a più di 6.000 persone. Si è studiato che questo sostegno diminuisce la tendenza al suicidio e all’isolamento, calcolando poi che in cinque anni esso comporta un risparmio di circa 80.000 euro di costi assistenziali.
Tali disposizioni sono state considerate valide e quindi replicate a Oslo (Norevgia), Helsinki (Finlandia), San Francisco (Stati Uniti), Vancouver (Canada), Sydney (Australia), Budapest (Ungheria), Riga (Lettonia) e Praga (Repubblica Ceca).

Infine l’israeliano Investigation and Testimony Procedures Act, che promuove procedure investigative e giudiziarie accessibili a persone con disabilità intellettive, psichiche o di relazione.
Quando un soggetto con tali caratteristiche viene coinvolto in un procedimento giudiziario, quest’atto impone degli adattamenti procedurali nelle fasi investigative, negli interrogatori e nella raccolta di testimonianze (l’interrogatorio incrociato, ad esempio, viene escluso). L’adattamento passa attraverso la figura preparata di un professionista, chiamato appunto “Investigatore Speciale”. Tutto ciò aiuta a prevenire situazioni di abuso.
Dal 2007 al 2010 ci sono state più di 2.400 richieste di intervento da parte di un “Investigatore Speciale” e quasi 1.780 persone con disabilità intellettive e psichiche sono state interrogate. Circa nel 78% dei casi si trattava di vittime di crimini.

Prima di lasciare andare Ingrid Heindorf, le chiediamo quali saranno i prossimi passi all’interno del Progetto Zero.
«Sia il World Future Council che l’Essl Foundation – spiega – intendono renderlo un progetto a lungo termine. Nel 2012-2013, tenendo conto dell’alto numero di persone con disabilità disoccupate e tenendo conto della crisi finanziaria globale, valorizzeremo politiche che abbiano raggiunto risultati concreti nell’inserimento lavorativo. Intanto continuiamo a portare in giro per il mondo i risultati finora raccolti. Prossime tappe: Bruxelles, Ginevra e New York».

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