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Caro Presidente, non lasci che la speranza si spenga nei corridoi del Parlamento

Particolare di volto di uomo calvo, con espressione accigliataCaro Presidente Napolitano, come da lei auspicato, Maria Carla Morosini [sorella di Piermario, il giovane calciatore deceduto il 14 aprile scorso a Pescara, durante la partita Pescara-Livorno, N.d.R.] ha trovato una nuova e grande famiglia. Il mondo del calcio, i grandi campioni, come Balotelli e Di Natale, e i calciatori meno noti del Campionato di serie B la stanno stringendo in un caldo abbraccio. In tanti hanno promesso sulla tomba del fratello Piermario, un ragazzo che la vita ha fatto crescere in fretta e che troppo presto il destino ha richiamato a sé, di prendersi cura di lei che soffre di una grave disabilità mentale. Gesti e promesse che mi hanno sorpreso, ma che mi hanno fatto riflettere e lasciato con in bocca una domanda: e gli altri?
Gli altri disabili gravi e gravissimi, non autosufficienti, che ne sarà di loro, una volta che i parenti più stretti non ci saranno più? Il clamore del caso ha commosso l’opinione pubblica. Ora è necessario che l’attenzione non venga meno. Lo dobbiamo a Piermario, a Maria Carla e ai tanti genitori che vogliono un futuro per i loro figli più fragili.

Un giorno, parlando con il padre di una persona non autosufficiente, mi capitò di sentirgli pronunciare le parole: «Non può nemmeno suicidarsi, è costretto a vivere e sopravviverci». Rimasi di ghiaccio. Poi guardai gli occhi innamorati di quel padre e capii il tormento che lo perseguitava. Il suo pensiero e quella domanda che giorno dopo giorno faceva capolino nella sua mente e nel suo cuore. Non una domanda qualsiasi, ma La Domanda per chi – convivendo con una disabilità grave – si pone il problema del futuro del proprio figlio. Cosa ne sarà di mio figlio quando noi genitori non ci saremo più?
È sufficiente essere genitori per essere colti da un tuffo al cuore al solo pensiero. Un pensiero che qualche volta attraversa la mente di chi non vive la disabilità, ma che diventa un aculeo che punge le menti dei “padri e delle madri coraggio”. Quella vocina non si cancella. Come una nenia che non si vuole recitare, risuona nelle menti dei genitori ed è qualcosa che attanaglia il cuore, toglie il respiro. Che sarà di lui? Quattro parole che soffocano in gola, mentre si cerca di distogliere la testa e ricacciarle nell’angolo più recondito e buio del proprio animo.

Avere a che fare con la disabilità non c’entra, qui entra in gioco l’essenza stessa della genitorialità. Un giorno parlando con Anna, un’amica che vive con un figlio con un forte disagio mentale, l’ho sentita pronunciare poche parole dal suono terribile: «Speriamo che muoia prima di me». Si riferiva al figlio. Quale tormento può spingere una mamma a pronunciare una frase così forte? Difficile crederlo, ma è un amore. Un amore che trascende tutto. Perché purtroppo in Italia non esiste un futuro per questi ragazzi che non sia l’assistenza di un parente (o qualche sporadico tentativo di qualche Comune). E se questo non c’è…
È nei suoi figli che Massimiliano Verga, autore del libro Zigulì [il contributo più recente dedicato dal nostro sito a questo libro è disponibile cliccando qui, N.d.R.], ripone la speranza per Jacopo, bimbo con un grave deficit cognitivo ed è nelle mani della figlia che Nur Fardowza, madre e medico gastroenterologo di origine somala, pone il futuro del figlio, Yonis, che soffre di autismo.
«Il mio pensiero non riesce a correre al futuro – mi ha raccontato durante una recente chiacchierata telefonica -, mi spaventa troppo il pensiero dell’esistenza di Yonis senza noi genitori. Stiamo lavorando in modo intenso per renderlo autonomo, è la nostra attuale missione. Non so se riusciremo a realizzare questo sogno. Intanto la sorella già ora, senza che la forzassimo, comincia a prendersi cura del fratello, ma il futuro cosa ci riserverà? Se la sentirà di caricarsi sulle spalle questo fardello?».

I disabili non autosufficienti sono doppiamente orfani: dei genitori, una volta che questi passano a miglior vita, e di una legge. Anzi di due Disegni di Legge che giacciono in Parlamento negletti. Il primo – che porta la firma di Livia Turco alla Camera dei Deputati (Proposta di Legge C-2024, Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare), per l’istituzione di un fondo pubblico di sostegno per le persone non autosufficienti. Fermo per mancanza di soldi.
Il secondo (Disegno di Legge S-1281, Istituzione dei fondi sostegno a favore di persone con disabilità gravi), che affronta il problema dal punto di vista maggiormente normativo, è bloccato da quattro anni in Senato. «C’è un accordo sul testo trasversale e bipartisan», racconta Maurizio Pittori, uno degli estensori del testo stesso, che porta la firma dei senatori Zanda e Vizzini. «Non avrebbe nemmeno bisogno di una copertura finanziaria, visto che fissa le norme per l’introduzione in Italia di una sorta di tutoraggio sull’esempio del trust inglese. I fondi privati in parte finanzierebbero pure la solidarietà generale». Ma nulla si muove.

Caro Presidente, non lasci che i fiori che ha donato a Piermario sfioriscano… e che la speranza di questi genitori si spenga nei corridoi del Parlamento.

*Il presente testo, qui riproposto con alcuni riadattamenti al contesto, è stato pubblicato da InVisibili, blog del «Corriere della Sera», con il titolo Maria Carla ha trovato una famiglia… gli altri nemmeno una legge. Viene qui ripreso per gentile concessione dell’Autore e del blog.

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