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A volte vorrei avere le ali

Una bella immagine di Maria PezzenteChi conosce Maria Pezzente rimane colpito dalla sua intelligenza. Una caratteristica che le consente di essere franca senza smettere di essere gentile. Maria è una giovane donna laureata in Economia, Amministrazione e Diritto delle Imprese. La tetraparesi spastica da cui è interessata le comporta importanti limiti all’autonomia. Recentemente ha intrapreso un progetto di assistenza personale autogestita (Vita Indipendente) e in questa nostra intervista le abbiamo chiesto di parlarcene. Lei ha accettato di rispondere volentieri e ha voluto che l’intervista stessa fosse dedicata al professor Stefano Bertelli, suo docente di diritto a Ragioneria, che è mancato proprio nei giorni scorsi e che ha svolto un ruolo fondamentale in un periodo della sua vita. (Simona Lancioni)

Cara Maria, ci racconti qualcosa di te?
«Ho trentaquattro anni. Sono originaria del Molise, ma da quando avevo sei anni abito nel Comune di Peccioli, in Provincia di Pisa. Sono affetta da tetraparesi spastica e quindi ho una disabilità fisica rilevante che non mi permette di essere autosufficiente praticamente in nulla. Scrivo al computer con un “caschetto” dotato di un puntale con cui premo le lettere sulla tastiera. Nonostante tutto sono una persona socievole e positiva. Amo gli animali e in particolar modo i gatti. Mi piace leggere; il mio libro preferito è Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas».

Qual è stato il tuo percorso formativo?
«Mi sono diplomata in Ragioneria nel 1999 e poi ho voluto fortemente iscrivermi all’Università, contro il parere di molte persone che mi sconsigliavano perché avrei trovato un ambiente “ostile”. Invece ho frequentato la Facoltà di Economia a Pisa, trovandomi benissimo sia con i docenti che con i colleghi. Nel 2003 mi sono laureata in Economia, Amministrazione e Diritto delle Imprese (laurea triennale).
È stato un periodo “magico” perché avevo la convinzione – sbagliata – che tutto sarebbe stato realizzabile. Ero così concentrata sugli studi e su di me che i problemi intorno a me non mi toccavano. Avevo una forza interiore e un entusiasmo incredibile. Pensavo che tutto sarebbe stato diverso dopo la laurea. Avevo volato molto in alto e la caduta è stata disastrosa. Infatti, non accadde nulla di quello che avrei voluto. Con il senno di poi mi sono resa conto di avere avuto delle aspettative non alla mia portata. Quando ho smesso di sognare ad occhi aperti e ho visto la realtà, è stata molto dura.
Dopo un anno che sono stata a casa senza fare nulla, ho deciso di continuare con gli studi, iscrivendomi alla laurea specialistica in Informatica per l’Economia e per l’Impresa. A quel punto, però, qualcosa si era spezzato; non sono più riuscita a ritrovare la serenità iniziale e in seguito sono accaduti degli avvenimenti che mi hanno costretta a interrompere più volte l’Università. Ad ogni modo, è nelle mie intenzioni terminare gli studi anche se, ad oggi, le priorità sono cambiate».

Quale lavoro hai svolto, svolgi, o ti piacerebbe svolgere?
«Da bambina avrei voluto fare la veterinaria. Durante gli anni di studio alla Facoltà di Economia mi vedevo poi a capo di grandi aziende o all’estero in qualche multinazionale. A ripensarci mi viene da sorridere: ero molto ambiziosa!
Un’altra idea che avevo sempre in mente – e in parte è rimasta – è la voglia di entrare in politica. Io credo in una politica con la P maiuscola che metta al primo posto l’interesse della collettività. Penso anche che sia pericoloso cedere alla sfiducia generalizzata nei confronti della nostra classe dirigente.
Ritornando con i piedi in terra, mi piacerebbe trovare un lavoro che mi consentisse di mettere in pratica le competenze acquisite con i miei studi e che mi desse una piccola tranquillità economica».

Come sei venuta a conoscenza della filosofia/movimento per la Vita Indipendente delle persone con disabilità? E cosa significa per te vivere in modo indipendente?
«Beh, la prima risposta è sin troppo facile. Sono venuta infatti a conoscenza del movimento per la Vita Indipendente proprio grazie a chi mi sta intervistando [Simona Lancioni, N.d.R.], che mi invitò qualche anno fa a un seminario su questo tema.
Devo dire che per me è stata una piacevole sorpresa scoprire che c’era questa possibilità. Ho fatto subito la domanda, ma nella mia Zona non era ancora stato attivato questo tipo di servizio. L’anno seguente ho ripresentato il Progetto di Vita Indipendente ed è stato approvato. Ho avuto però difficoltà a trovare la persona “giusta” da assumere come mia assistente personale. Non ho voluto aver fretta perché mi sono resa conto che avrei buttato al vento l’occasione di fare determinate attività, se avessi avuto vicino una persona con cui non mi trovavo a livello di carattere. Purtroppo, con l’età si diventa più esigenti; se fosse stato possibile disporre di questo servizio quindici anni fa, sicuramente avrei preso la prima persona che mi capitava. Allora era tanta la voglia di vivere la vita al massimo. A volte vorrei avere ancora un pizzico dell’incoscienza che avevo da adolescente! Ma non voglio buttarmi giù, in fondo sono ancora giovane!
Lo scorso ottobre, quindi, ho potuto finalmente incominciare il mio Progetto di Vita Indipendente. E pian piano sta cambiando qualcosa. Ho venticinque ore settimanali. Ho ripreso gli studi, questo inverno sono stata pochissimo in casa; con la mia assistente siamo uscite a fare delle passeggiate in paese. Per me è già tantissimo! Non ho ancora un mezzo proprio per spostarmi; sicuramente con un’auto le cose cambieranno ulteriormente perché potrò decidere di andare dove e quando voglio.
Per me, vivere in modo indipendente significa avere la possibilità di poter scegliere anche solo come vestirmi, cosa e quando mangiare, ascoltare la musica che mi piace e, perché no?, scegliere di rimanere sola per un momento. È la possibilità di scegliere dove vivere e con chi, di partecipare agli eventi dei miei parenti e amici. È semplicemente vivere la vita!».

Hai riscontrato delle criticità/difficoltà nell’intraprendere e/o nel gestire questo progetto?
«Come ho accennato in precedenza, ho incominciato da pochi mesi il mio Progetto di Vita Indipendente e la prima difficoltà è stata quella di far capire – durante i colloqui con le persone che si sono presentate per il lavoro – che io non cercavo né una badante né un educatore. Molte si rivolgevano a mia madre e non a me, e questo mi dava fastidio, anche perché comprendevo che lo facevano senza nemmeno rendersene conto. Altre, invece, venivano con l’idea di organizzare loro le mie giornate. Sicuramente ci sono stati degli errori dovuti all’inesperienza anche da parte mia, ma credo che sia ancora radicata nella nostra cultura l’equazione “persona disabile uguale colui che non sa comprendere”.
Poi c’è la problematica di sostituire l’assistente personale quando si assenta. Per ora non ho questa necessità perché vivo con la mia famiglia e quindi alle esigenze più impellenti ci pensa mia madre, come ha sempre fatto. Però penso alle persone che non sono autosufficienti e non hanno una famiglia alle spalle, che devono per forza di cose poter contare su più assistenti personali e questo potrebbe rappresentare una grossa difficoltà».

Come pensi dunque che si potrebbe migliorare in questo servizio?
«Sicuramente se ci fosse una maggiore conoscenza di questo servizio sia da parte dei fruitori che dei prestatori di lavoro, ciò faciliterebbe le dinamiche. Inoltre, esso andrebbe riconosciuto ufficialmente a livello nazionale, e magari la figura dell’assistente personale dovrebbe essere oggetto di una disciplina contrattuale specifica».

Se dovessi spiegare a una persona disabile che non la conosce perché la Vita Indipendente potrebbe essere una risorsa per lei, cosa le diresti?
«A questa domanda è difficile dare una risposta. Ognuno di noi ha i suoi problemi e le proprie aspettative, sbagliate o giuste che siano, e molte volte è la vita che decide. Paulo Coelho paragona la vita a un fiume, dove tu puoi solo cercare di mantenere la rotta il più possibile diritta; in tal senso i progetti di Vita Indipendente potrebbero essere un aiuto per le persone con disabilità».

E se pensi alla libertà, quale immagine ti viene in mente?
«Pensando alla libertà mi vengono in mente subito due immagini: il volo degli uccellini e il mare. Molto probabilmente perché evocano il senso del viaggio, della scoperta e dell’immensità. Gli uccelli con un battito d’ali vanno oltre qualsiasi barriera. Sì, a volte vorrei avere le ali per superare gli ostacoli».

*Intervista curata da Simona Lancioni e già apparsa nel sito del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il medesimo titolo qui adottato. Viene qui ripresa, con alcuni lievi riadattamenti al contesto, per gentile concessione.

Il Gruppo Donne UILDM
13 eventi e altrettante pubblicazioni della collana Donna e disabilità, un centinaio tra articoli, interviste, recensioni, adesioni a campagne ecc., organizzati per temi, circa 80 segnalazioni di film attinenti alle donne disabili, più di 450 segnalazioni bibliografiche e circa 600 risorse internet schedate: parlano da sole le cifre del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.
Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto attualmente da Francesca ArcaduAnnalisa Benedetti, Valentina Boscolo, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Fulvia Reggiani e Gaia Valmarin) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la creazione di un repertorio (VRD – Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità (il nostro sito se n’è occupato con l’articolo disponibile cliccando qui).
Recentemente il Gruppo Donne UILDM ha anche ricevuto da Decima Musa Caravaggio (Associazione Culturale Europea-Compagnia Teatrale) il Premio Decima Musa «per il valore di un’attività finalizzata al raggiungimento delle pari opportunità, che sottolinea e affronta il problema specifico e la situazione delle donne disabili» (se ne legga nel nostro sito cliccando qui).

L’indirizzo del Gruppo Donne UILDM è www.uildm.org/gruppodonne. Al repertorio di cui si è detto, si accede cliccando qui. Il Gruppo Donne UILDM è anche su Facebook (cliccare qui).

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