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Cura dell’epatite C: un ritardo ingiustificabile

Farmaci estratti da una boccettaIn Italia non è ancora possibile fruire della nuova classe di farmaci cosiddetti “inibitori della proteasi” per la cura dei pazienti che soffrono di epatite C – HCV. A denunciarlo sono il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva e l’EpaC, organizzazione che da oltre dodici anni svolge attività di tutela per le persone affette da epatite, nel corso di un convegno sul tema tenutosi al Senato e organizzato dall’ACE (Alleanza contro l’Epatite).
Questi farmaci, infatti, disponibili già in numerosi Stati (fra cui Austria, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra, Olanda, Spagna, Stati Uniti e Svezia), hanno dimostrato di consentire ai pazienti di guarire, con tassi di risposta prossimi all’80%.
«Non comprendiamo – dichiara in tal senso Tonino Aceti, responsabile del CnAMC di Cittadinanzattiva – perché l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), nonostante i dati disponibili sul costo-efficacia di tali farmaci, riconosciuti anche dall’organismo europeo NICE (National Institute for Health and Clinical Excellence), tardi ad autorizzarne l’immissione in commercio e la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale».

L’Italia, secondo dati recenti, è il Paese con il più alto numero di Cittadini con epatite C dell’Europa occidentale: si contano infatti ben 20.000 decessi all’anno dovuti a cirrosi e tumore epatico, e mille trapianti di fegato, di cui almeno il 50% causati dal virus HCV: il tutto con elevatissimi costi per il Sistema Sanitario Nazionale. Per migliaia di cittadini, dunque, la posta in gioco è ormai altissima: pazienti con cirrosi o malattia avanzata, co-infetti con HIV, trapiantati di fegato con recidiva da HCV non possono aspettare; con il trascorrere del tempo, infatti, si allontana la loro unica possibilità di bloccare l’evoluzione della patologia.
Sul tema Cittadinanzattiva ed EpaC hanno sollecitato più volte l’AIFA, ma ancora nulla di concreto è stato fatto. «Comprendiamo le difficoltà legate al tema più generale dei costi e della sostenibilità economica – spiega Ivan Gardini, presidente dell’EpaC -, ma se garantire sostenibilità vuol dire negare l’accesso a terapie efficaci, dovremmo interrogarci bene su dove stiamo andando, sull’eticità delle scelte statali in nome della sostenibilità. Chiediamo quindi che i nuovi farmaci per la cura dell’epatite C siamo disponibili ai pazienti prima dell’estate, e che l’AIFA e le Regioni pongano in essere tutti gli sforzi possibili per accorciare al massimo gli iter burocratici per la concessione della rimborsabilità e il successivo inserimento nei prontuari regionali». (Maria Teresa Bressi)

Per ulteriori informazioni: stampa@cittadinanzattiva.it.

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