Poco da curare, ma tanto da fare

Potrebbe essere questo il motto della rivista «il Detto Matto», che verrà presentata al pubblico il 12 luglio a Roma. La testata è lo strumenti attraverso cui l’omonima Associazione di utenti della psichiatria, di operatori e di cittadini promuove il superamento dei pregiudizi nei confronti del disagio psichico e di chi lo vive

"Giallo, rosso, blu" di Vasiliji Kandinskij

Vasiliji Kandinskij, “Giallo, rosso, blu”, 1925

Verrà presentata al pubblico giovedì 12 luglio a Ostia (Roma), presso la Biblioteca Elsa Morante (ore 16.30), la rivista «il Detto Matto», edita dall’omonima associazione di cittadini e utenti, in collaborazione con il Centro di Salute Mentale del XIII Municipio di Roma.

Se la nascita di una nuova rivista costituisce sempre un evento che va festeggiato nella fiducia che una voce nuova si aggiunga a quelle che la precedono, in questo caso il valore di ulteriore novità è dato dal fatto che «il Detto Matto» è uno degli strumenti attraverso cui un’Associazione di utenti della psichiatria, operatori e cittadini promuove il superamento dei pregiudizi nei confronti del disagio psichico e di chi lo vive.
E questo avviene nel pieno di una crisi della sanità pubblica e della psichiatria dei Servizi Territoriali che soffre – oltre alle carenze di risorse finanziarie e di personale – anche dell’esito di una generalizzata dimenticanza rispetto a quelli che erano stati gli obiettivi socialmente avanzati e scientificamente fondati della Legge 180/78, quella ormai nota a tutti come “Legge Basaglia”.
Ora, come allora, si tratta di dare voce a chi vive l’esclusione come una perdita, come isolamento, disattenzione ai bisogni e ai diritti, mancanza di ascolto. Certo, le cose sono cambiate profondamente dagli anni della vergogna nazionale dei manicomi – anche se solo ora si è affrontato quel residuo di manicomialità costituito dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari – e tanto è stato fatto per restituire dignità e opportunità di vita e di cura ai malati e sostegno alle loro famiglie.
Eppure, come scrive Cesare Cicconetti nell’editoriale della rivista, «un problema di integrazione esiste…  perché l’essere umano ha paura del diverso, di tutto ciò che va al di fuori della normalità. In molti casi penso che la malattia mentale sia solo diversità e che… ci sia poco da curare… e che ci si debba sforzare di guardare il malato con occhi diversi, tesi ad accettare l’unicità della persona umana… le qualità che anche i malati mentali hanno possono essere messe al servizio della società».

Poco da curare dunque ma tanto da fare. E a questo fare si dedicano lo stesso Cesare, con Armando, Piero, Andrea, Giovanni, Stefania, Michele e tanti altri e, insieme a loro, il dottor Walther Galluzzo, Manuela Ialongo e Laura Laici, creativi e generosi operatori del Dipartimento di Salute Mentale del XIII Municipio, diretto dal dottor Antonello d’Elia. (Paola Scarsi)

Per ulteriori informazioni: paolascarsi@libero.it.

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