Pane e companatico

In senso figurato, pane e companatico rappresentano da una parte quanto è strettamente necessario, dall’altra il moderatamente superfluo. Riguardo poi alle persone con disabilità e alle loro famiglie, i due termini possono efficacemente indicare ciò che serve per la sopravvivenza fisica e ciò che la rende umana, ovvero tutte cose assolutamente indispensabili

Coltello, pane, formaggio e salame su un tagliereDue parole assai semplici, pane e companatico, che non necessitano di molte spiegazioni. In senso letterale il pane è – o è stato – la base dell’alimentazione per la maggior parte dei popoli e il companatico è tutto ciò che si mangia con il pane. In senso figurato, invece “pane e companatico” rappresentano spesso ciò che è strettamente necessario e quanto invece è moderatamente superfluo.

In quella vasta parte del mondo che ci interessa maggiormente – quella delle persone con disabilità – i due termini possono indicare efficacemente ciò che è assolutamente indispensabile alla sopravvivenza fisica e quelle cose che la rendono umana. Nel Bel Paese, però, è necessario ripensare questi termini, alla luce (veramente si dovrebbe dire “al buio”, perché qui rischiano davvero di oscurare il nostro domani!) dei provvedimenti in corso di definizione, sia riguardo all’ISEE – l’ormai “famigerato” Indicatore della Situazione Economica equivalente – sia a tutte le norme in fieri su previdenza, assistenza e sanità pubblica.
Il disegno globale di questi provvedimenti, visto dalla “persona con disabilità della strada”*, appare chiaro: saremo “noi” a pagarne il prezzo umanamente e finanziariamente più alto, dopo essere stati additati come i “corruttori della buona finanza pubblica”. Quella “buona finanza”, però, che forse non è mai esistita** e che ha permesso agli “gnomi”*** di casa nostra (ma che nemmeno in altre nazioni hanno poi fatto granché di meglio) di scorrazzare indisturbati negli altrui portafogli, devastandoli con la loro perversa creatività. La cosiddetta “finanza creativa”, del resto, crediamo sia detta così perché crea miseria in 999 persone per arricchirne una e in altri tempi la si sarebbe chiamata “truffa”, “frode” o “circonvenzione di persone finanziariamente non informate… Non è forse vero che l’ultimo banchiere che molti anni fa ha pagato qualcosa è stato Calvi, pagando nel suo caso sin troppi interessi?…

Ma torniamo al “pane”, ovvero a pensioni , indennità e servizi e al “companatico”, vale a dire a tutela dei diritti, rappresentatività e partecipazione: nel nostro caso sono di pari importanza, cioè assolutamente indispensabili. Se essi mancano, infatti, pochissimi di noi (persone con disabilità e loro familiari) sopravviveranno dignitosamente e in ogni caso non saranno più “persone con disabilità” ma “disabili”, cioè “non abili” o “non abilitati” a vivere in questa nuova società che nessuno sembra volere, ma che molti concorrono a creare.

*Versione “con disabilità” dell’uomo della strada, simbolo un po’ qualunquista dell’italiano medio, chiamato forse così perché ben “livellato” dai media.
**Ma Luigi Einaudi, primo presidente di questa ormai sgangherata Repubblica, il buon esempio lo dava: se nella “frutta presidenziale” una pera era troppo grossa, ne offriva metà a un suo ospite.
***“Gnomi  di Zurigo” erano chiamati, tempo addietro, i banchieri svizzeri che determinavano il corso della finanza mondiale.

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