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Un appello per salvare quella struttura in Puglia

Proteste dei sindacati davanti alla Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie

Le proteste delle organizzazioni sindacali davanti alla sede di Bisceglie (Barletta-Andria-Trani) della Casa della Divina Provvidenza

È una situazione a dir poco complicata, se non drammatica, quella riguardante una struttura pugliese dall’attività ormai ottantennale, trattandosi di un Ente Ecclesiastico (ONLUS), fondato nell’ormai lontano 1922 da don Pasquale Uva a Bisceglie (oggi in Provincia di Barletta-Andria-Trani) e con sedi secondarie a Foggia e Potenza.
Questa la “missione” specifica della Casa della Divina della Provvidenza, sancita all’atto della nascita, così come la si legge nel sito istituzionale: «Ci dedicheremo alla cura, all’assistenza, alla riabilitazione, alla risocializzazione, alla difesa ed alla sorveglianza delle persone nelle quali è presente una compromissione delle facoltà intellettive superiori, in special modo verso i neuropatici, i minorati psichici e anche i lungo degenti». Dopo la seconda guerra mondiale, esattamente nel 1946, l’Ente ha ottenuto poi il riconoscimento della Personalità Giuridica della Congregazione delle Suore “Ancelle della Divina Provvidenza”, sempre con sede in Bisceglie (allora in provincia di Bari. Una struttura, arrivando ai tempi nostri, che si è caratterizzata per una consolidata esperienza nell’ambito dell’assistenza e della riabilitazione alle persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale.
Ebbene, come dicevamo inizialmente, l’attuale situazione della Casa della Divina Provvidenza è quanto meno difficile, essendo stata promossa nei suoi confronti, da parte della Procura della Repubblica, un’istanza di fallimento. «L’udienza di comparazione delle parti – come leggiamo in tal senso nella testata telematica “BisceglieLive.it” -, fissata dalla sezione fallimentare del Tribunale di Trani, è stata rinviata all’8 novembre. All’orizzonte vi è la possibile istanza per un concordato preventivo, ovvero per il ricorso al nuovo istituto della “ristrutturazione del debito” (accordo con i creditori, mirato a modificare, alleggerendole, le condizioni di obbligazioni dell’Ente Ecclesiastico)». È facilmente immaginabile, quindi, la situazione di “drammatico stallo” in cui versano gli operatori, le tante persone con disabilità seguite presso la struttura e le loro famiglie.
Nel tentativo di riportare la discussione sul futuro della Casa della Divina Provvidenza sui binari di un leale confronto di opinioni e soprattutto a tutela degli interessi dei pazienti coinvolti, arriva ora una lettera aperta scritta da Francesco Stanislao Bove, dirigente aziendale della struttura e componente della FIALS (Federazione Italiana Autonomi Lavoratori Sanità), ma anche persona impegnata nel volontariato, ricoprendo la carica di consigliere nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
Una voce, quindi, che, dopo aver riassunto una serie di fondamentali princìpi costituzionali del nostro Paese, corroborati in tempi più recenti anche dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (diventata la Legge dello Stato 18/09), a pieno titolo chiede ascolto e solidarietà e alla quale ben volentieri diamo spazio. (S.B.)

«La Repubblica Italiana assicura alle persone con disabilità ed alle loro famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali; promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza; previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio, individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia. I processi ed i servizi di cura e di riabilitazione devono rispondere a questi fondamentali principi ed assicurare la continuità terapeutica!».
Purtroppo, alla luce dei fatti che in maniera preoccupante vedono coinvolto il grande Polo Ospedaliero Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie, Foggia e Potenza (Ente Ecclesiastico, pazienti, lavoratori, famiglie e territorio), l’inasprita esperienza quotidiana vissuta in questi ultimi giorni – in primis da tutti gli operatori sanitari (e non) – vede a tutt’oggi una scarsa attenzione ai problemi legati alla tutela della salute dei cittadini, alla tutela dei lavoratori, alla tutela delle loro famiglie.
Condizione, questa, sempre più aggravata dal disinteresse di chi dovrebbe assicurare una vita dignitosa, promuovere e tutelare la salute della persona, garantire la sua partecipazione e integrazione alla vita sociale nelle pari opportunità. Ci lascia in tal senso piuttosto indignati la percezione che tutti i Dirigenti (Assessore alle Politiche della Salute, Direttori Generali, Direttori Amministrativi, Direttori Sanitari, Dirigenti Medici di Struttura ecc.), i professionisti responsabili nelle rispettive competenze e nel proprio ruolo in ambito del management sanitario aziendale, regionale e territoriale, trovino ancora oggi molte difficoltà nell’affrontare e risolvere i problemi che affliggono il nostro Ente privato-convenzionato, nell’affannosa risposta alla richiesta di cura del malato, utilizzando (nella maniera più corretta possibile) tutte le risorse economiche e strutturali che essi hanno a disposizione.
Queste persone, per ordine e grado, sono i responsabili”, poiché appunto occupano posizioni di responsabilità pubblica e privata, contabile e amministrativa delle professioni sanitarie e devono garantire il diritto alla salute delle persone! Questi signori, ancor prima di essere tecnici-contabili, sono responsabili soprattutto della salute pubblica! La sicurezza e la qualità dei servizi del Don Uva non devono mancare!

Con questa lunga, ma necessaria premessa, ritengo che si debba levare il grido di allerta e di lotta nella partecipazione per la difesa dell’Opera Don Uva, della salute dei nostri pazienti “utenti” e di tutti gli operatori sanitari che ad essi rivolgono le preziose cure, affinché non vi siano sul nostro territorio pesanti ricadute lavorative, economiche, sociali.
Chiedo pertanto a tutte le Associazioni di categoria presenti sul territorio provinciale e nazionale, di impegnarsi ai vari livelli e di unirsi all’azione di lotta condotta da tutti i Sindacati, nei confronti degli uffici competenti del Governo, della Regione, della Provincia e dei Comuni, per la difesa dei diritti dei cittadini, delle persone attualmente in cura presso i nostri Istituti, presso le nostre Strutture Ospedaliere e Centri di Riabilitazione, per la tutela dei disabili (temporanei e permanenti) e dei lavoratori che qui, nel Don Uva, trovano rispettivamente una speranza di cura e la capacità di esprimere il proprio servizio professionale.
Espressamente noi lavoratori della Casa della Divina Provvidenza chiediamo di conoscere le cause che hanno determinato ancora una volta lo stato di crisi aziendale e allo stesso tempo di conoscere le responsabilità – diverse nella qualità, nelle competenze e funzioni – degli Enti (Regione, Ospedale ecc.), quali erogatori dei servizi socio-sanitari in questione.
Le responsabilità questa volta non devono e non possono in alcun modo essere riconducibili alle nostre competenze, tanto più non devono coinvolgere i livelli occupazionali della Casa della Divina Provvidenza: non siamo “rami secchi” da tagliare, non siamo noi le “spese superflue” o gli sprechi eccessivamente inutili! Noi siamo utili al sistema Paese nella coerenza della legge di riforma sul Federalismo Sanitario, nell’efficienza di erogatori di quei “servizi mancati” nell’ambito del Piano della Salute regionale e territoriale.

Francesco Stanislao Bove

Per ulteriori approfondimenti: stanislaobove@uildm.it.

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