Il corpo di Maya colpisce e fa pensare

È terza nelle classifiche mondiali dei 100 metri paralimpici di atletica, ma per pagarsi la partecipazione ai Giochi di Londra, ha dovuto realizzare un calendario, mettendo in mostra il proprio corpo, un corpo imperfetto che non fa più paura, «o forse ancora sì – scrive Claudio Arrigoni – testimoniando comunque che qualche passo avanti è stato fatto»

Maya Nakanishi

Una delle immagini del calendario realizzato da Maya Nakanishi

Il corpo di Maya colpisce. Anche se manca qualcosa. Maya Nakanishi aveva 21 anni quando una trave d’acciaio le schiacciò la gamba destra sul lavoro, maciullandogliela. Gliela amputarono sotto il ginocchio. Ora è terza nel ranking mondiale sui 100 metri piani.
Alla Paralimpiade di Pechino 2008 è giunta sesta nei 100 e quarta nei 200 metri. Una brava. Ma scoprì di non potere andare a Giochi Paralimpici di Londra 2012. Niente soldi. Il Giappone non è il Burundi, ma non c’erano risorse per la squadra paralimpica. L’idea: un calendario. Nuda. O quasi. Per andare a Londra. Aveva già saltato i Mondiali 2010, in Nuova Zelanda. Niente soldi. Maya si mette in mostra. Con garbo. E grazia, anche.
Fa pensare: a un corpo che rompe i canoni, all’importanza della Paralimpiade, allo stupore di chi si stupisce. E ancora: in una delle nazioni più evolute del mondo non si trovano i soldi per far sì che una grande atleta possa partecipare alla seconda manifestazione sportiva mondiale dando lustro al proprio Paese? Possibile si debba arrivare a questo per far capire quanto è importante la Paralimpiade?
Maya lo ha fatto. Anche, ma non solo per soldi (su questo si legga anche un ampio servizio in «La Gazzetta dello Sport.it, curato da Mario Salvini). «Non mi pento di quelle foto – racconta -, sono felice di poter mostrare il mio corpo così come è».
Ha 27 anni. La migliore speranza paralimpica giapponese dell’atletica. Non voleva mancare all’appuntamento londinese. Ha messo le foto sul suo sito, dove il calendario è in vendita. Niente esibizionismo pruriginoso o volgarità, le immagini sono di un ottimo fotografo giapponese, Takao Ochi, che forse si sarà anche ispirato a Goya. Con il ricavato vuole acquistare una nuova protesi da corsa e pagarsi il viaggio a Londra. Si allena negli Stati Uniti con Al Joyner, marito di Florence Griffith-Joyner, velocista che vinse tre medaglie d’oro alle Olimpiadi del 1988 a Seul. «Voglio far conoscere lo sport per persone con disabilità in Giappone».

Il corpo, imperfetto, in mostra. Lo fece anche una decina di anni fa Anna Gioria, milanese, nata con paralisi cerebrale: un calendario (e poi un libro) di fine secolo con il corpo in mostra. Anche in questo caso senza volgarità.
E poi Aimee Mullins, grandissima sprinter paralimpica e modella e attrice e testimonial di L’Oréal e di mille altre cose, lo aveva fatto forse per prima, seguita poi da altre atlete con disabilità, come Esther Vergeer e Sarah Reinersten. Mullins è stata una “donna-ghepardo” nuda nel Progetto Cremaster e Vittorio Corona scelse una sua foto, realizzata dal grande Howard Schatz, per una copertina storica del 2003 in una rivista con diffusione mondiale per la Fondazione Laureus: lei, senza gambe, in bikini, a correre sulla spiaggia con le protesi sublimate poi da Oscar Pistorius. E proprio Pistorius è stato scelto nel 2011 come “uomo più sexy del Sudafrica”, oltre a essere testimonial di A*Men, profumo per Thierry Mugler, con foto e video sexy.

Il corpo, imperfetto, che non fa più paura. O forse ancora. Una vittoria dello sport paralimpico. Ma anche una sconfitta, se un’atleta da medaglia abbia bisogno di questo per poter partecipare all’appuntamento sportivo più importante. Quanti passi occorre fare ancora. Ma il corpo di Maya o Aimee od Oscar è lì per mostrare, invece, che qualche passo avanti è stato fatto.

Testo già apparso (con il titolo “La Maya desnuda. Il corpo, imperfetto, in mostra per Londra 2012”) in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it». Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al contesto, per gentile concessione.

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