Studiare le Malattie Rare è importante per tutti!

È certamente questo il messaggio che arriva da scoperte come quella proveniente dall’Università di Torino, dove, studiando una rara forma di cecità genetica, si è individuato un meccanismo di protezione dai danni causati dal metabolismo dell’ossigeno. In altre parole, studiare le malattie genetiche rare può portare a chiarire meccanismi biologici fondamentali, aprendo pagine importanti della conoscenza

Ricercatore al lavoroDalla ricerca finanziata da Telethon, riguardante una rara forma di cecità genetica, arriva una scoperta importante su come le nostre cellule rispondano ai danni indotti dal metabolismo dell’ossigeno. Lo studio, pubblicato dalla rivista «Cell», è stato condotto da Massimo Santoro, presso il Centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino.
«Siamo partiti dall’osservazione – spiega lo stesso Santoro – che il medesimo gene UBIAD 1 era difettoso sia in pazienti affetti da una rara malattia genetica dell’occhio, la distrofia del cristallino di Schnyder, sia in una variante mutata dello zebrafish, un pesce molto noto fra gli scienziati, che presentava difetti nello sviluppo cardiovascolare. Ci siamo quindi chiesti se questo “doppio riscontro” potesse aiutarci a capire la funzione del gene alterato in questi pazienti, fino a quel momento del tutto sconosciuta. Dai colleghi clinici sapevamo soltanto che persone affette da distrofia di Schneyder – circa un centinaio i casi noti finora – vanno incontro all’accumulo progressivo di colesterolo e lipidi a livello del cristallino, la lente presente nell’occhio, che a poco a poco diventa opaca alla luce impedendo in ultima analisi la visione».

Grazie dunque a una serie di studi di biologia cellulare e molecolare, i ricercatori piemontesi sono riusciti a dimostrare come fisiologicamente il gene UBIAD 1 contenga le informazioni per un enzima deputato alla sintesi del coenzima Q10, una sostanza dal potere antiossidante presente in tutte le nostre cellule e ben nota al pubblico, perché utilizzata anche nella composizione di creme anti-età, proprio per questa sua proprietà. «L’unico enzima noto fino ad oggi come responsabile della produzione del coenzima Q10 – prosegue Santoro – si trova sui mitocondri, le centrali energetiche delle nostre cellule, ed è essenzialmente chiamato in causa nel corso delle attività metaboliche della cellula. Il nuovo enzima che abbiamo scoperto si trova invece in un altro comparto, l’apparato del Golgi, e sembra avere un ruolo nella protezione dei tessuti dallo stress ossidativo, ovvero dai radicali liberi prodotti dal metabolismo dell’ossigeno. Pur non essendo ancora chiaro come il difetto genetico si traduca nei sintomi osservati nei pazienti, questo risultato suggerisce che il cristallino – uno dei tessuti umani più sensibili a questo tipo di stress – potrebbe effettivamente risentire di una protezione insufficiente da parte di UBIAD 1, andando così incontro all’accumulo di colesterolo e lipidi».
Il gruppo di ricerca di Massimo Santoro ha dimostrato inoltre come UBIAD1 e COQ10 proteggano il sistema cardiovascolare, e quindi anche l’occhio, dai danni insorti dall’uso di statine, come appunto lo stress ossidativo.

Chiarire la funzione di un gene-malattia è un passo essenziale nel percorso verso la cura: soltanto conoscendone il ruolo all’interno della vita della cellula, infatti, è possibile disegnare delle strategie terapeutiche mirate. «Ci sono ancora molte domande aperte – precisa Santoro -, tra cui, ad esempio, come mai l’accumulo di grassi e lipidi si osservi soltanto nell’occhio e non in altri tessuti. Inoltre, siamo interessati a chiarire come questo gene sia coinvolto nello sviluppo del sistema cardiovascolare, visto che la sua assenza non è compatibile con la vita e visto anche quanto è conservato a livello evolutivo. Ad ogni modo questo lavoro dimostra ancora una volta come studiare le malattie genetiche rare sia importante anche per chiarire meccanismi biologici fondamentali e sia in grado di aprire pagine insospettate della nostra conoscenza». (Ufficio Stampa Telethon)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@telethon.it.

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