Morire durante un arresto

È capitato negli Stati Uniti a un giovane con sindrome di Down, un fatto che insieme alla sospensione in extremis dell’esecuzione di una persona con disabilità intellettiva – sempre negli Stati Uniti – deve «far riflettere tutti – secondo Speziale, presidente dell’ANFFAS – sul rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità in tutto il mondo, anche quando sono in carcere o sottoposte a misure di sicurezza»

Uomo con le mani sul volto ed espressione di disperazione«Pur non conoscendo e non volendo esprimersi circa le precise dinamiche e responsabilità di questa tragedia», l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) non può che manifestare, in una nota riferita alla notizia appresa dagli organi di informazione, della morte di Robert Ethan Saylor, giovane americano con sindrome di Down, avvenuta nel corso di un arresto, «il più totale sgomento e la vicinanza e solidarietà alla famiglia», dichiarando poi di volere «spendere qualche parola di riflessione sul tema».
«Se ancora oggi – commenta infatti Roberto Speziale, presidente nazionale dell’Associazione – può capitare che un ragazzo con la sindrome di Down esca per andare al cinema e lì venga arrestato e muoia, anche se ciò avviene lontano da noi, anche se avviene in America, non possiamo che dirci sconfitti, sotto molti punti di vista. Nessuno dovrebbe vedere messa in pericolo o addirittura perdere la vita nel corso o a causa di un intervento da parte delle forze dell’ordine, ma che ancora oggi la disabilità – specie se intellettiva e/o relazionale – possa rappresentare un fattore di rischio aggiuntivo o determinante in tal senso è del tutto inaccettabile».

«Le persone con disabilità e le loro famiglie – continua il Presidente dell’ANFFAS – hanno fatto e stanno facendo sforzi immani per conquistare e rivendicare il raggiungimento della maggiore autonomia possibile e dell’inclusione sociale, ma questi sforzi possono essere resi vani da un ambiente, da una comunità, da una società con pregiudizi, dalla scarsa conoscenza e dalle barriere culturali. In questo caso, ad esempio, gli agenti di polizia erano adeguatamente formati e preparati su come comportarsi nei confronti di una persona con disabilità intellettiva? La tragica conclusione della vicenda ci fa propendere purtroppo per il no». «E con l’occasione – aggiunge Speziale – vogliamo anche ricordare che proprio in questi giorni è stata sospesa in extremis – a differenza che in altri casi, dove invece la condanna capitale era stata eseguita – l’esecuzione di un’altra persona con disabilità intellettiva in Georgia».

«Sono questioni – conclude il Presidente dell’ANFFAS – che devono farci riflettere tutti sul rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità in tutto il mondo, anche quando sono in carcere o sottoposte a misure di sicurezza o restrizione della libertà. In Italia abbiamo tanti problemi e tanti difetti, ma simili episodi fortunatamente non accadono e nessuno penserebbe mai di condannare a morte una persona con disabilità intellettiva. Speriamo che il presidente Obama, che sotto tanti punti di vista rappresenta un punto di riferimento mondiale, si interessi direttamente di tali questioni, non soltanto per garantire giustizia al povero Robert e alla sua famiglia, ma anche e soprattutto per dare un segnale importante al mondo intero sul fatto che le persone con disabilità devono essere sempre difese e rispettate da tutti, a partire dai loro diritti civili e umani e nella loro dignità di persone». (R.S.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: comunicazione@anffas.net.

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