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Un lottatore al servizio dei più deboli

Monsignor Giovanni Nervo

Monsignor Giovanni Nervo fu il primo Presidente della Caritas Italiana

Ci ha lasciato ieri, all’età di 94 anni, Monsignor Giovanni Nervo, animatore del volontariato che voleva fosse ispirato ai valori della Costituzione Italiana e all’assenza di lucro per le sue attività.
Lo conobbi nei primi Anni Settanta, quando promosse con Luciano Tavazza e altri un convegno sui “mali di Roma” e con lui contribuì alla fondazione del MoVI (Movimento Volontariato Italiano). Fu quindi il primo presidente della Caritas Italiana alla quale impresse uno spirito di servizio ai poveri e di evangelizzazione basata sui valori dell’uguaglianza, della giustizia e della solidarietà.
Nel 1964 fondò a Padova la Fondazione Emanuela Zancan che ha visto incontrarsi uomini e donne di tutta Italia e di differenti orientamenti culturali, per discutere sui più importanti e urgenti problemi sociali del nostro Paese, dalla riforma sanitaria a quella dei servizi sociali e degli Enti Locali, fino a quella della scuola.
Nel Centro Studi di Padova e in quello di Malosco, in Trentino, organizzò numerosissimi seminari di ricerca e di formazione, molti dei quali dedicati all’inclusione sociale e scolastica delle persone con disabilità. Ebbi occasione – in quegli incontri e in quelli ecclesiali – di apprezzare il suo pieno recepimento dei valori fondamentali del Concilio Ecumenico Vaticano II, con il rispetto e la promozione dei laici, l’attenzione privilegiata ai poveri e agli ultimi, la vita liturgica intesa come  preghiera al Padre, attraverso il servizio dei fratelli.

Don Nervo amava il Vangelo e la Costituzione Italiana. Ci raccontava che per lui essi erano stati, come dice un Salmo, «luce ai suoi passi». Ci raccontava infatti che da ragazzo si recava  a scuola dal suo paese attraversando di mattina presto, al buio, terreni impervi e portando una lampada che era per lui la metafora di quello che sarebbero stati – per il suo impegno ecclesiale e sociale – il Vangelo e la Costituzione, con i loro valori di uguaglianza fraterna, di giustizia nei diritti e di solidarietà nei reciproci doveri.
Testimonianza di questo impegno culturale e religioso, è la copiosa produzione di monografie e di riviste della Fondazione Zancan e la sua tesi, letta in occasione della laurea ad honorem conferitagli dall’Università di Padova, proprio sulla cultura povera e dei poveri.
L’Italia gli deve molto, sia riguardo alla configurazione dell’autonomia di Enti Locali come i Comuni, sia a quella delle Unità Sanitarie Locali, così come in àmbito di inclusione degli alunni con disabilità nelle scuole comuni.

Ricordo, per averlo vissuto personalmente, che inizialmente, in tutti gli articoli della Legge Quadro sulla disabilità 104/92 – dove oggi troviamo il riferimento agli “accordi di programma” -, si parlava solo di convenzioni o di intese, che sono atti giuridicamente meno vincolanti. Resosi conto, quindi, della differenza tra i due strumenti giuridici, ai fini della tutela della dignità delle persone con disabilità e dell’esigibilità dei loro diritti, mi fece parlare con il relatore della legge, l’onorevole Lino Armellin, il quale sostituì i termini meno garantisti con quelli, appunto, di “accordi di programma”.
E sono certo che tanti altri operatori della vita sociale e politica potranno ricordare quanti aspetti di laica apertura egli sia riuscito a far penetrare in tante altre leggi, dalla riforma dell’assistenza e dei diritti dei carcerati, alla chiusura degli istituti di ricovero per minori, anziani, disabili e malati di mente.
Se ci rattrista il vuoto lasciato dalla sua scomparsa, ci sostiene tuttavia il suo esempio di lottatore e operatore al servizio dei diritti dei più deboli, che ci è necessario in questi tempi di liberismo imperante e di conseguente sofferenze per questi gruppi di Cittadini.

Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

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