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Accompagnare una persona nel suo percorso di vita

Giovane con distrofia di Duchenne, insieme a un ricercatore

Un giovane con distrofia muscolare di Duchenne, insieme a un ricercatore

Cosa vuol dire accompagnare una persona con distrofia muscolare di Duchenne nel suo percorso di vita? Ce lo spiega Simona Lopapa, nel libro Vissuti di qualità. Accompagnare nel percorso di vita persone con distrofia muscolare di Duchenne. La ricerca di modi, mezzi e mediatori (Bologna, Pendragon, 2012).
Lopapa si è laureata in Pedagogia (Facoltà di Magistero) all’Università degli Studi di Bologna, e l’opera Vissuti di qualità è in realtà la sua tesi di laurea. L’autrice del testo – che verrà utilizzato come strumento pedagogico all’Università di Bologna – collabora con la Sezione bolognese della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) sin dal 1990.

Nella premessa al volume, Lopapa racconta del proprio rapporto con Bruno Alvisi, un giovane ragazzo con distrofia di Duchenne. Quando si erano conosciuti, Bruno aveva 10 anni, aveva appena perso la madre e la malattia iniziava a manifestare la sua importanza. Simona, di anni ne aveva 19, aveva appena finito le scuole superiori, e non sapeva nulla della distrofia muscolare di Duchenne.
Educatrice, assistente, amica e complice: il rapporto tra Simona e Bruno è cambiato nel tempo, con la crescita di entrambi, col bagaglio di momenti condivisi, con l’evolvere della patologia di Bruno e la sua progressiva perdita di autonomia. Vent’anni assieme, sino a quando Bruno si è spento, lasciando in eredità l’idea che “comunque ne vale la pena”, e che anche per chi convive con la malattia e la disabilità, esiste un inalienabile diritto ad avere vissuti di qualità.

Questa prima presentazione può far pensare che Vissuti di qualità sia la semplice testimonianza di una persona che ha vissuto a lungo accanto a un giovane con distrofia di Duchenne. Non è così. Lo sforzo maggiore, infatti, vede l’autrice impegnata nel comunicare e trasmettere le possibili strategie (i modi e i mezzi) che possono essere adottate nell’affrontare i diversi momenti della vita e le diverse tappe di progressione della distrofia di Duchenne.
Questo testo non parla solo di Bruno, ma parla anche di tutti coloro che ne condividono la condizione, parla delle loro famiglie, dei loro insegnanti, degli educatori, degli infermieri, degli assistenti, degli amici… delle persone che a vario titolo, e con diversi ruoli, possono incidere sulla qualità della vita delle persone con distrofia.
Le variabili in campo sono tante, e Lopapa è molto onesta nel chiarire che, pur essendo ogni percorso per forza di cose differenziato, ciò nonostante è possibile riflettere su ciascun passaggio significativo della vita di queste persone e analizzare le possibili risposte e le modalità di adattamento. In questa prospettiva, si parla della comunicazione e della gestione della diagnosi, degli aspetti psicologici ad esse correlati, di presa in carico e di assistenza nelle diverse età e in relazione alla perdita di autonomia, di inserimento scolastico, di ausili e tecnologie per l’autonomia, del passaggio all’età adulta, di vita indipendente, delle problematiche respiratorie, alimentari e cardiologiche, delle fasi più avanzate della patologia.

Chi già opera all’interno di associazioni come la UILDM non può non apprezzare in questo lavoro il tentativo di raccontare in modo organico e onesto la complessità organizzativa e i risvolti emotivi e relazionali di chi sceglie di affiancare le persone interessate da distrofia di Duchenne nei loro percorsi di vita. Chi invece deve cimentarsi con la diagnosi di questa malattia, troverà in esso numerose informazioni e altrettanti aspetti su cui riflettere. Per gli operatori, le istruzioni più utili riguardano il modo con cui relazionarsi alle persone con disabilità e alle loro famiglie.
L’unica perplessità riguarda alcune scelte terminologiche. Espressioni infatti come «[…] il nostro Duchenne […]» (pagina 30), «Un Duchenne in fase avanzata […]» (pagina 31), «Relazionandoci con un DMD […]» (pagina 41) – giusto per fare qualche esempio – appaiono in contrasto con l’intento complessivo dell’opera. Se infatti tutto il volume è teso a riconoscere e a valorizzare la persona con distrofia, le espressioni citate hanno in comune la “cancellazione” della persona stessa e la sua identificazione con la patologia. Si tratta di una svista che sarebbe opportuno correggere.

Da ricordare, infine, che il libro è introdotto da Vittorio Capecchi dell’Università di Bologna e si avvale di una postfazione di Giovanna Cantoni, già ispettrice scolastica e assessore alla Pubblica Istruzione a San Lazzaro di Savena (Bologna).

Il presente testo è già apparso in «DM» n. 179, periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolari) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Gli eventuali interessati a ricevere il libro possono prendere conttato con la UILDM di Bologna (uildmbo@libero.it).

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