La stanchezza di dover chiedere

«Quanti passi indietro – sottolinea Gianfranco Bastianello – sono stati fatti nella tutela dei disabili, dal tempo di alcune importanti leggi approvate negli Anni Novanta!». E aggiunge: «Quanta stanchezza ci avvolge! La stanchezza di dover sempre chiedere». Amara la conclusione: «Forse è proprio questo che si attende da noi, la nostra stanchezza, il nostro silenzio, il nostro rientro in casa»

Gambero

È il gambero – animale proverbiale per la sua marcia all’indietro – il simbolo dell’attuale situazione nell’àmbito della tutela delle persone con disabilità?

Quanto lontani sono il 1992 e il 1996? Mica tanto, però quanti passi indietro sono stati fatti! Già, quando citiamo date di periodi passati, la frase che spesso ci sentiamo dire è «quanti passi avanti sono stati fatti!». Invece – e lo dico con un nodo alla gola, non certo di commozione, ma di rabbia – quanti passi indietro sono stati fatti, nella tutela dei disabili! Gli anni 1992 e 1996 hanno visto infatti partorire due leggi importanti per la nostra categoria, come la 104/92 e il DPR 503/96 [“Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”, N.d.R.], spaziando dalle barriere architettoniche alla tutela lavorativa. Ma ora?
Ora è una lista di piccole violenze, soprusi, scuse “politiche”, che quotidianamente stanno demolendo quanto acquisito in precedenza e riportandoci indietro di… secoli. Non si pensi siano cose chissà quanto gravi, sono invece “piccolezze” che denotano un arretramento silenzioso, ma progressivo.
Tra l’ironico e il cattivo, vediamo alcune cosette che quotidianamente ci troviamo ad affrontare, in barba alle leggi sopracitate. E premetto che non sto parlando di fatti “storici”, ma di ciò che succede oggi e che perciò dovrebbe rientrare nelle succitate norme.

Innanzitutto vorrei per un attimo invertire i ruoli, come fece tempo fa l’amico e maestro Franco Bomprezzi nel suo libro La contea dei ruotanti. Proviamo cioè a far circolare le vetture sui marciapiedi e i disabili sulle strade. Io penso che finalmente potremmo correre molto più agevolmente. Provino i nostri Amministratori a farsi metaforicamente un giretto in auto sui marciapiedi, con la calorosa accoglienza urbanistica dell’acciottolato steso in malta, o del porfido, o delle mattonelle rosse con le “fughe” a massaggiare il proprio “lato b”!
E che dire poi dei segnali stradali messi in mezzo ai marciapiedi, come pure i lampioni o i pali del tram, che solo perché lo dice la legge hanno lasciato lo spazio minimo di un metro, ma se hai una carrozzina particolare, dovrai per forza scendere in strada perché non ci passi?
O ancora, che pensare di quei bellissimi dislivelli allestiti per lasciare spazio ai passi carrai, dove la pendenza è così assurda che il cappottamento è dietro l’angolo? Chissà se i nostri nuovi rappresentanti “disability manager” riusciranno a far rinsavire qualche architetto in vena di novità non certo alla nostra portata…

Se vogliamo poi rilassarci con uno squisito spritz [aperitivo popolare soprattutto nel Triveneto, N.d.R.], non ci resta che andare nel nuovo bar appena aperto, che ci riserverà però un’amara sorpresa. E non sarà certo il  sapore dello spritz! Il bancone, infatti, è tornato ai tempi del “colonialismo”, ben oltre l’altezza di un metro e venti prevista dalla legge, mentre i tavolini e le sedie hanno raggiunto altezze assurde, in osservanza alle nuove mode per l’arredamento d’interni.
Ironizzando, si può parlare di una cosa positiva e di una negativa: quella positiva è la possibilità che oltre allo spritz si possa anche gustare la veduta di un bel paio di gambe sedute su uno di quegli sgabelli per pappagalli sul trespolo; quella negativa è che lo spritz ce lo dovremo far servire sul sedile di detto sgabello, vista l’irraggiungibilità del tavolo e berlo da dove qualcuno poco prima ha appoggiato il suo…. “lato b”!

E per concludere questa carrellata di passi indietro, mi soffermo un momento sul mondo della politica. È questo un periodo in cui tutti si riempiono la bocca con frasi del tipo «la politica deve far presto». Ma sembrano tutti così impegnati a dirlo, che alla metà dell’anno ben poche Regioni o Comuni hanno approvato i loro bilanci, con la conseguenza che chi usufruisce di contributi per la propria esistenza, si trova di punto in bianco a dover elemosinare! Perché chi ha un’attività commerciale la può chiudere, ma se uno ha una vita… o va in Svizzera a “farsela chiudere” o annaspa, sperando che prima o poi la politica si ridesti.

Se ne parlava poco tempo fa in uno dei nostri Consigli Direttivi [della UILDM di Venezia, Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, N.d.R.]: quanta stanchezza ci avvolge! Oltre alla stanchezza quotidiana di dover aspettare l’assistente, l’autista, l’ascensore e aspettare che qualcuno… ci badi, c’è infatti un’altra stanchezza ben più pesante della distrofia muscolare o di qualche altra patologia: la stanchezza di dover chiedere.
Se ci eravamo illusi – noi che ormai qualche anno lo abbiamo sulle ruote – di aver portato a casa dei risultati, ora, vedendo che le certezze non sono più tali e che anzi qualche volta sono state cancellate, ci manca la forza e la voglia di riprendere le lotte. E forse è questo che la politica sta aspettando: la nostra stanchezza, il nostro rientro in casa, rinchiusi e assistiti dai nostri familiari, in rigoroso silenzio.
Chissà se un giorno, spero vicino, arriverà un Papa Francesco a dare uno scossone ai politicanti di ogni foggia, facendo loro capire che i nostri sono diritti esigibili e non aleatori. Contiamo su Francesco per non perdere la speranza.

Vicepresidente della UILDM di Venezia (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

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